19. Uccidere per non uccidersi

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"Red blood, somethin' I don't really care for
Let it all run wild like it's meant for
Fake love, somethin' I don't really care for"
Ghostemane - Sacrilege 


Dolore.

Il dolore è talmente tanto intenso che Ayar non sente nient'altro.

Ha freddo, un gelo che le pietrifica il corpo. Le palpebre abbassate, il cuore che ricomincia a battere dopo essere annegato nel buio gelido della morte.

Kilian l'ha uccisa.

Ancora.

Quelle tre parole continuano a riecheggiarle in testa, turbini di ferite che si scoprono sulla pelle di cui è di nuovo consapevole. 

Alza il busto, la testa sembra essere sul punto di esplodere, il cranio in cocci e materia grigia riversa sul pavimento. Tamburi che non smettono mai di ledere le tempie e pungerle la nuca. Spilli dietro agli occhi.

E il corpo stesso, il corpo in sé e non solo la mente ferita. Le braccia, le gambe, il collo, i muscoli pelvici, la schiena. È come se un carro armato le fosse passato addosso più e più volte, riducendola in una poltiglia d'ossa e sangue, viscere in disordine sul terreno, rosso su un contrasto bianco.

Si sfrega i polsi con la punte delle dita, dove ci sono dei lividi – macchie violacee e capillari rotti. Sale con le mani sulle clavicole, poi raggiunge il collo che le duole al più flebile contatto, ematomi di veleno le deturpano le spalle e tingono il suo pallore. Bolle disegnate sull'epidermide lattea, il viola dei segni di una violenza.  

Non ci sono tracce di morsi – non di nuovi, solo quelli che le ha lasciato Edvin con amore –, ma ha lividi ovunque. Le gambe ancora scoperte per l'assenza dei pantaloni sono costellate di cerchi di svariati colori, variano dal verde al rosso e alcuni raggiungono un intenso ametista.

Il cuore le batte troppo in fretta quando alza lo sguardo e le pupille incrociano quelle di Kilian, in piedi nella penombra della stanza. I ricordi cominciano a tornare a galla, rimembra gli ultimi momenti passati con lui, anche se non è in grado di definire quanto tempo sia passato da quando si è spenta. Per quanto il suo corpo è rimasto inanimato?

Che cosa le ha fatto?

Non fa in tempo a chiederselo che Kilian la interrompe con le folli elucubrazioni di un insano matto corroso dall'arsenico della vita. «Quando sei morta sei più carina.»

«Che cosa mi hai fatto?», anche se si rende conto che non ha davvero bisogno di sentirselo dire, che forse farebbe solo più male e terrore, fra le ciglia e le palpebre ha ancora quei marchi sulle retine e può vedersi soffrire dall'alto.

Non è stata in grado di aiutarsi da sola, di svegliarsi. E nessuno è venuta a salvarla.

«Ti ho solo accontentata», replica lui, «tu mi hai provocato, tu sei venuta qui. E mi è piaciuto più di quanto credessi possibile, se questo può farti sentire meglio. Non hai sentito nulla, non preoccuparti. Eri morta.»

Le ombre si scuriscono intorno a lei, dense nubi di fumo e tenebre sembrano trascinarla verso il basso e inghiottirla nei freddi abissi di un luogo lontano dalla memoria. La catturano in un tunnel buio, e non sa più come uscire.

Fa male. La certezza di essere stata usata, di aver cercato della bellezza in lui che è capace solo di procurare dolore agli altri, torturarli fino a ridurli in pezzi.

Ayar si sente diversa, non si è mai sentita così male. Ha paura, trema con tutto il corpo e ha la gola arida, il sale cristallizzato sulle guance. 

Effetto LuciferoOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz