17. Lance e il cucciolo infernale

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"L'angoscia e il dolore. Il piacere e la morte non sono nient'altro che un processo per esistere."
Frida Kahlo



Kilian sa che Edvin e Ayar sono già di ritorno. Può sentire la loro energia più vicina, un distacco più flebile di quello che avvertiva prima. È un sollievo immediato, miele sulle ferite dell'abbandono a cui l'hanno sottoposto, obbligandolo a sentire l'assenza di entrambi, le uniche persone che era abituato ad avere attorno. 

Edvin soprattutto, non averlo lì lo ferisce.

«Era davvero necessario riempire ogni parete di quadri?», Lance ha le braccia incrociate e l'aria rilassata, per niente titubante, è appoggiato alla parete e l'indifferenza vive riflessa sul suo volto. Conosce il suo ruolo, e al contrario di Edvin e Ayar non ha protestato affatto.

Sono trascorsi solo tre giorni da quando Ayar e Edvin sono andati via.

Per Kilian non sono stati pochi. Non è semplice da spiegare, ma dopo l'eternità trascorsa da solo non riesce ad affrontare ancora tutto quel silenzio. 

«L'arredamento non è un problema di cui devi preoccuparti.»

Lance alza gli occhi al cielo, l'aria annoiata. «Non hai neppure una briciola di senso dell'umorismo. Non ti annoi mai?»

Per Lance stare fermo a fissare un'opera d'arte è impensabile. Lance non sta mai immobile, è sempre occupato a fare qualcosa o gli sembra di buttare il tempo, di distruggere la sua stessa vita. È consapevole di non poter morire, eppure ormai è troppo abituato al sistema che pretende e ordina. È incapace di rimanere con le mani in mano a guardarsi intorno, e odia aspettare.

Kilian ha detto che sarebbero presto arrivate le altre due guardie, ma non sono ancora lì, e dopo un'ora d'attesa inizia a essere infastidito, soprattutto perché l'altro evita ogni forma di conversazione non necessaria. 

Non gli piace rimanere in silenzio a non fare niente. Non gli piace dover attendere gli altri.

«No, non mi annoio. Ripassiamo il copione, voglio essere certo che tu abbia compreso qual è il tuo ruolo.»

Lance alza di nuovo gli occhi al soffitto, infastidito. Non è certo un idiota. «Ho l'obbligo di eseguire i tuoi ordini senza protestare, di non mostrare emozioni in presenza delle prigioniere e di trattarle nel peggior modo possibile.»

Kilian annuisce. «E?»

«E devo evitare che loro due facciano stronzate tipo ucciderle. Lo so, lo so.»

Kilian sorride. «Non accetterò più nessun errore.»

«Non è colpa mia se scegli le persone sbagliate», scrolla le spalle Lance. «Rimango dell'idea che potrei benissimo farlo da solo. Probabilmente saranno solo d'intralcio. È così fondamentale che ci siano anche loro? Non ho molta voglia di collaborarci. Il loro ritardo e ciò che hanno fatto mi porta a credere che siano solo due ragazzini irresponsabili.»

«Fanno parte del piano. Attieniti alle regole e non farmi pentire di averti scelto.»

Lance solleva un sopracciglio. «Vuoi smetterla di essere così freddo? Parli come se non ti avessi aiutato a nascondere più di un cadavere e non ti fidassi di me.»

Kilian gli rivolge uno sguardo ipotermico. «Non voglio più nessun errore.»

Vengono interrotti solo allora dal rumore della porta d'ingresso che viene aperta. Kilian sorride, era certo che stessero arrivando, lo sentiva. Ora che ne ha la conferma e che sa che sono salvi e quindi il sistema non li ha trovati, non ha provato a portarglieli via, può esalare un sospiro di vero sollievo.

Effetto LuciferoWo Geschichten leben. Entdecke jetzt