7. Cinque vittime

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"And they'll tell you black is really white
The moon is just the sun at night
And when you walk in golden halls
You get to keep the gold that falls
It's Heaven and Hell, oh no!"
Heaven and Hell - Black Sabbath


Ayar ha il respiro pesante, l'agitazione che le scuote ogni cellula del corpo.

Kilian non ha detto ai due cosa avrebbero dovuto fare fino a quella mattina, e ha fatto bene, perché se Ayar l'avesse saputo prima non sarebbe riuscita a chiudere occhio.

Sente la pistola premerle contro la pelle, nascosta sotto alla maglietta, impigliata grazie ai pantaloni. È fredda, eppure ha la sensazione che la stia ustionando. Le hanno spiegato come si usa, ma di certo non può considerarsi esperta. 

Male che vada tirerà fuori i canini, è certa che possano fare anche più male. Ma non può fallire, per quanto l'idea di ciò che stanno per fare la terrorizzi e la blocchi per i sensi di colpa che, lo sa bene, avvertirà dopo.

Edvin è entrato all'interno della clinica e si è fermato davanti al bancone a chiacchierare con l'infermiera. È una donna esile e dalla carnagione olivastra, ha un sorriso conciliante sulle labbra e parla con Edvin senza avere alcun sospetto di ciò che stanno per fare.

Ayar capisce che è il suo momento. Si rovista nelle tasche e tira fuori il passamontagna, infilandolo sulla testa. Sente l'arma fredda fra le dita e prende un respiro, entra nella clinica e avverte il mormorio delle voci inclinarsi all'improvviso fino a diventare un silenzio disturbante. 

Ha troppi occhi puntati su di sé e le mani tremano senza sosta, è terrorizzata. Non vorrebbe mostrarsi tanto spaventata, perciò avanza fino al bancone e punta la pistola contro l'infermiera alla sua sinistra. 

Sta per farsela sotto dalla paura. Ha troppe pupille su di sé ed è giorno, ha paura che qualcuno li scopra.

Lo spostamento della canna immobilizza il caos generale, intorno a lei gli esseri umani esplodono in orrende urla di panico, graffianti strilli che rischiano di far gridare lei per prima.

«Silenzio, cazzo! Ci servono cinque donne», dice Edvin, che ha tirato fuori anche la sua pistola e l'ha puntata alla tempia della disponibile donna dietro al bancone. Ora ha cambiato modo di vederlo e ha un grottesco ribrezzo dipinto negli occhi scuri. «Se eseguirete gli ordini e sarete veloci nessuno si farà del male.»

Bugie, futili menzogne. Chi non fa parte di quei cinque si ritroverà una pallottola nel cranio.

Ayar guarda la seconda infermiera e le indica le due ragazze pietrificate sul divanetto della sala d'attesa. «Lega i polsi a entrambe dietro la schiena, devi fare in modo che i nodi siano stretti e che non possano liberarsi, se cerchi di fottermi ti ammazzo», le passa alcuni pezzi di corda ruvida che ha nello zaino sulle spalle. 

L'infermiera ha le dita che tremano, ma esegue gli ordini. Le ragazze cominciano a piangere, spaventate e incerte su quale possa essere il loro futuro. Ogni sogno distrutto, ogni speranza per i giorni a venire viene cancellata.

Ammesso che abbiano ancora il coraggio di sperare in un mondo tanto grigio.

Il cuore di Ayar batte troppo forte mentre la donna esegue i comandi. Può vedere le guance di tutte le persone lì dentro inondate di lacrime e le viene da singhiozzare a sua volta, ma deve trattenersi.

Avere un'arma in mano riesce a immobilizzare tutti i presenti, nessuno osa muoversi né scappare, terrorizzati dall'idea che un colpo possa trapassargli il cervello da parte a parte, far esplodere crani come fuochi d'artificio colorati. 

Effetto LuciferoWhere stories live. Discover now