Capitolo 13.

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-Io lo sapevo! Lo sapevo! Anche perché, dai Harry, chi volevi prendere in giro con quel "provo una simpatia" non si è mai sentito né in cielo, né in terra! Non significa assolutamente nulla! Che bello sentirti ammettere la verità, oh. Spero possiate mettervi insieme!

Il nostro guardone stava parlando con Niall, che letteralmente per più di mezz'ora continuò a ripetere frasi come quelle.
Appena il biondo finì di pronunciare quelle parole, lo abbracciò ed assolutamente il nostro cameriere non se lo aspettava, di fatto nei primi secondi non ricambiò la stretta. Poco dopo chiuse gli occhi ed avvolse le braccia intorno al suo busto, era piacevole ricevere un abbraccio.

Harry non aveva mai provato la sensazione di un abbraccio dato ad una persona che gli mostrava sincero affetto, ad un amico.
Il nostro guardone forse non ne aveva mai avuto uno, ecco perché probabilmente non ebbe mai provato quella sensazione...
Ogni giorno, anche quando viveva con la propria famiglia era sempre e solo lui.
A scuola, o ovunque andasse aveva sempre delle conversazioni con chiunque, si trovava sempre a conoscere molte persone, ma nessuna di esse era sua amico. Ogni giorno provava quella sensazione di vuoto, incompletezza e insoddisfazione, non riuscendo mai a capire da cosa provenisse. Ogni giorno si guardava intorno e capiva di non appartenere ad un gruppo, di non avere dei ricordi con le persone e di non far parte dei loro. Magari qualche minimo ricordo c'era, ma mai aveva sentito qualcuno parlare di un qualcosa di forte provata con lui, questo gli faceva male, per essere più precisi, gli faceva male capire di non aver dato nulla alle persone a cui, teoricamente, voleva bene.
Erano sentimenti che lo logoravano dentro e questo fu il motivo per cui decise di trasferirsi: era già solo, avrebbe solo sofferto nel vedere qualcuno che gli stava intorno ma non lo conosceva, che non lo capiva.
Ovviamente potreste pensare che fosse lui a non voler avere comunque contatti, a restare distante ma è qui che vi sbagliate: ogni giorno ci provava. Quando parlava con altri, in un modo o nell'altro dimostrava di ricordare quelle piccole, ma importanti cose che gli venivano dette o dimostrate, di essere sempre il primo, anche con uno stupido pretesto, a parlare con i suoi compagni perché sapeva perfettamente che in amicizia non conta chi fa cosa e per primo, ma capiva perfettamente se questi non volessero confidenza con lui, oppure semplicemente evitavano di rispondergli, tutti avevano già degli amici.
Questa era la vita di Harry, quello sempre fuori posto, fuori luogo, lontano da tutti.

Era forse quello il motivo per cui aveva quella strana abitudine? Molto probabilmente sì, la solitudine ci porta a fare l'impensabile.

I due ragazzi sciolsero l'abbraccio nel sentire la porta d'ingresso chiudersi, segno che fosse entrato qualcuno.
Infatti si trattava dei primi clienti di quella giornata, quindi stava a significare che fosse arrivato il momento di lavorare seriamente.
Mentre sistemava vari stuzzichini su un vassoio, si soffermò a pensare che tutto quello che stava provando, quella piccola emozione dell'abbraccio, ma anche tutto quello avvenuto con Louis, era effettivamente sincero? Faceva tutto parte di un piano dopotutto, quindi come poteva essere certo?
Come al solito, nessuna risposta, solo un richiamo da Michael, che gli fece cenno col capo di muoversi nel servire quell'ordine appena preparato. Quindi si diresse al tavolino e poggiò su di esso le due tazzine di caffè, quella di tea, le patatine ed altri stuzzichini salati per il singolo e quelli dolci per l'ordine doppio.

Ritornò al bancone, iniziando a pulire il proprio spazio, così da poter lavorare decisamente meglio. In quel momento si rese conto di qualcosa di strano: fece ingresso un uomo vestito completamente di nero, aveva precisamente un pantalone a palazzo, il quale terminava con una piccola fascia, la quale avvolgeva la caviglia, chiusa da un bottoncino marrone. Indossava inoltre una camicia nera, nonostante il caldo la teneva chiusa fino al colletto, inoltre aveva anche un cappello a coprirgli il capo, una coppola nera con delle piccole striscioline bianche, le quali andavano a formare dei quadroni.
Questa figura, senza dire assolutamente una parola, si mise seduta al tavolo.

-Riccio, puoi servirmi tu?

Nel sentire quella voce, il nostro cameriere si voltò verso gli altri ragazzi, capendo ce l'avesse con lui. Rimaste leggermente preoccupato dalla reazione di Liam e Niall, specialmente nel momento in cui quest'ultimo corse nell'ufficio di Zayn.
Nonostante questo, prese un blocchetto note, la penna ed un menù, dirigendosi al tavolo.

-Un caffè italiano. Oltre questo volevo chiederti delle cose, accomodati.

Il guardone lo fece e vide il viso dell'uomo che gli stava di fronte: mostrava una quarantina d'anni, i suoi capelli neri di fatto iniziavano ad avere qualche piccola ciocca bianca, stessa cosa per la folta barba. I suoi occhi scuri erano contornati da delle sopracciglia molto doppie, il naso alla francese non riusciva ad addolcire quell'espressione cupa che portava sul viso, definita specialmente dal ghigno che portava su quelle sue sottili labbra.

-Mi dica.

-Sei il figlio di Robin, vero?

-È il mio padrino, però sì, gli voglio bene come se fosse mio padre, è nella mia famiglia da tanto.

-Lo so, lo so, puoi solo gentilmente dirgli che oggi sono venuto a prendere un caffè? Mi chiamo Marcus.

-Certo, lo farò.

-È un caro amico tuo padre e non gli parlo da un bel po'.

-Glielo dirò.

-Ti ringrazio, scusami per averti intrattenuto!

Dopo la breve conversazione, il cameriere completamente stranito si alzò dalla sedia ed iniziò a preparare l'espresso, oltre esso, prese anche un mini babà, dei biscottini sia al cioccolato che alla marmellata e mise il tutto sul proprio vassoio, il quale portò a quel presunto Marcus che, dopo aver molto silenziosamente consumato la bevanda, pagò lasciando una mancia ad Harry e sparì completamente. Varcata la porta nessuna sua traccia.

-Harry, che ti ha chiesto?

-Mi ha detto di conoscere il mio padrino e di salutarglielo.

-Oh...

Liam dopo la risposta del riccioluto alla domanda, si voltò verso il nuovo titolare, che per la prima volta vide sinceramente preoccupato. Non capiva cosa gli stesse accadendo intorno, nonostante questo prese il proprio cellulare e, dopo aver mandato un veloce saluto al ragazzo dagli occhi azzurri, scrisse quanto successo al suo padrino, che al solo leggere il nome decise di telefonarlo.
Non disse nulla in particolare, semplicemente di stargli lontano, di non rispondergli più e per quanto sembrasse tranquillo alle sue parole, sapeva perfettamente fosse preoccupato. Lo conosceva dopotutto.

-Che cazzo dite? Veramente è venuto qui?!

Mini angolo autrice.
Boom

Watcher||Larry StylinsonNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ