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By Rockketqueen

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Georgia Beck desidera diventare una psicologa. Trasferitasi a Sofia per lavoro, trascorre la maggior parte de... More

Prologo
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By Rockketqueen

Durante la notte, il sonno arretrato mi ruba ogni possibilità di sognare. Tuttavia, sento due mani stringermi forte il collo, premendo sulla trachea. In un primo momento penso che sia tutto frutto della mia immaginazione, ma poi apro gli occhi trovando un omone brizzolato proteso sul mio corpo stanco e febbricitante. "Lasciami" brontolo con voce soffocata, chiudendo gli occhi in due fessure. Mi sento scivolare via, mi manca il respiro. Ad un tratto le enormi mani si staccano da me lasciandomi dolorante. Damian è steso su di lui, facendogli la stessa cosa che stava facendo a me poco fa. Gli tiene le mani strette sul collo, ginocchia sul pavimento. "Lasciaci in pace, una volta per tutte". La stanza è buia e ad un tratto la porta si apre, facendo entrare la luce abbagliante del corridoio. Due infermieri accorrono in suo aiuto, prendendo Damian per le braccia. "Dovete internare quest'uomo. È instabile". Ivan sogghigna come un maniaco, infermo mentalmente. Lo hanno operato per la ferita all'addome, ma lui è uno di quelli che meriterebbe la morte. Lo spostano nel reparto psichiatrico e il giorno dopo la polizia lo arresta ufficialmente, trasferendolo in maniera temporanea in una prigione di massima sicurezza a Plovdiv.
Per adesso, dovranno bastarci quei centocinquanta chilometri di distanza da lui e dalla sua ossessione. Quando veniamo dimessi, Tim ci fa da autista personale accompagnandoci. "E a te dove ti lascio?" chiede a Damian, evidentemente a disagio. "In realtà.." inizia a dire guardandomi con certi occhi. "Ho una camera libera se vuoi. Di solito la occupa mia sorella ma adesso è all'estero per studiare" risponde Tim cogliendolo di sorpresa. "Allora?" Damian ci sta seriamente pensando. Non può più stare da me. Potrebbe, ma qualsiasi cosa ci sia adesso tra di noi, ha bisogno di svilupparsi da sola, senza nessun intoppo, senza affrettare nulla. Lasceremo tutto al caso. "Devo prendere solo le mie cose".
"Il mio indirizzo ce l'hai" esclama Tim lasciandoci sotto casa mia. "Non sa ancora che ho vissuto da te per tutto questo tempo" dice Damian mentre apro la porta. "Bene. Forse è meglio che non lo sappia. Sarebbe un tantino imbarazzante per Tim sapere che eri nel seminterrato mentre stavamo insieme". La fronte di Damian si corruga, mostrando una vena tra le due sopracciglia folte. Lo aiuto a raggruppare i pochi vestiti che possiede, spazzolino, scarponi, berretto e occhiali da sole. Sulla porta, mi rivolge uno sguardo triste. "È strano lasciarti".
"Ci rivedremo. Pensa a sistemarti e compra un cellulare se puoi".
"Quella sarà la prima cosa che farò. Aspettati un mio messaggio".
" Oh, attenderò con ansia". Damian sorride in un modo così dolce e caloroso, che mi viene spontaneo sporgermi su di lui per baciarlo lievemente all'angolo della bocca. Prima che possa dire o fare qualcosa, lo saluto con la mano chiudendo la porta. Questo forse poteva essere il momento giusto per parlargli o semplicemente per baciarlo come si deve, come desidero fare da più di un mese ormai. Però l'atmosfera non è delle migliori e, la situazione, è appena passata da complicata a leggermente confusa. Non appena sarà favorevole al cento per cento, lo saprò.


Mi sentivo inspiegabilmente troppo felice, persino in quella casa dove mi sarei ritrovato a convivere con un perfetto sconosciuto. L'ex ragazzo della donna che credo di amare. Tim mi mostra la mia nuova stanza. "Non ti ci abituare.." scherza, aprendo l'armadio "..ti aiuterò a trovare un appartamento se vuoi". 

"Grazie, sì. Ma prima dovrei comprarmi un cellulare".

"Di sotto c'è un negozio di elettronica" annuisco, metto giù il mio piccolo borsone e scendo al piano di sotto comprando il modello più economico. Non ho grosse aspettative e non sono mai stato un tipo social. A dirla tutta, non ho neanche facebook. Sarei un perfetto latitante e, a quanto pare, lo sono stato. Quella parte della mia vita è ufficialmente finita. Adesso posso riprendere in mano le redini e cercherò di rendere i restanti anni che mi rimangono da vivere, il più banali possibili. Merito una vita banale. La mia parte di avventura l'ho già vissuta e credo che non mi piaccia. C'è solo una cosa che mi preme di fare adesso. Una volta comprato il nuovo cellulare e attivato la scheda, mando un messaggio a Georgia. Prima di farlo, rammento quel suo bacio fugace sulla porta. Non mi ha dato nemmeno il tempo di ricambiare perché mi ha letteralmente chiuso la porta in faccia. Ho riso, nonostante tutto. Quel suo modo di essere, a tratti arrogante e sfuggevole, mi affascina. E' la prima donna che si comporta così con me. Prima di lei e prima di quel tragico incidente sulla barca, le ragazze mi si avvicinavano come se fossi l'unico uomo sulla terra. Mi ha sempre fatto piacere, però sentivo di voler trovare qualcosa di diverso. Georgia è diversa. Mi risponde al messaggio in pochi secondi.

Hai fatto in fretta.

Le rispondo: Avevo fretta. Lei mi risponde ridendo, ma non aggiunge altro. Aspetta che sia io a fare il primo passo. Con una come lei è inevitabile sentirsi tra le nuvole e spaesati. 

Stasera. Ti porto a cena fuori. Non accetto scuse. Ci meritiamo una serata normale. 

Georgia accetta senza troppi preamboli. Ero sotto casa sua alle nove. Il viso imbarazzato e felice, un abito bianco sotto ad un cappotto nero. Una sciarpa grigia le avvolge il collo come un'opera d'arte. "Dove mi porti?". Mi limito a sorridere, facendola accomodare sul sedile del passeggero dell'auto di Tim. Quel ragazzo è fantastico, ma non glielo direi mai. "Mi sembra un auto familiare".

"Già". Infilo la chiave nel quadro per poi accendere l'aria calda. Mi ero quasi dimenticato di come si guidasse. E' strano essere di nuovo nel mondo, una persona normale come tutti gli altri. "Sei stranamente silenzioso.." commenta Georgia stringendosi nelle spalle. "E' che c'è una cosa che vorrei dire ma...". 

"Dilla. Penso di conoscerti abbastanza bene. Puoi dirmi qualsiasi cosa".

"Sei uno schianto stasera" le sue guance rosee diventano rosso carminio. "Non me l'aspettavo, ma grazie. Anche tu non sei male" sorrido ma dentro sto andando a fuoco. Abbasso l'aria calda e dopo pochi minuti siamo davanti ad una pizzeria. Georgia scoppia in una risata. "Dalle tue parole, mi aspettavo un posto più elegante".

"Sì, ci ho pensato. Ma credo che in molti ti ci abbiano già portata. Io volevo fare qualcosa di diverso. Volevo fare la differenza".

"L'hai già fatta!" si limita a dire, aggiustandosi il vestito. "Non credo di avere l'abito adatto però".

"Vorrà dire che attireremo un po' l'attenzione" la invito a mettersi sotto braccio ed insieme entriamo nel piccolo locale affollato e illuminato da lampade e candele. Come da me presagito, attiriamo l'attenzione su di noi, soprattutto Georgia che con la sua bellezza nordica e il viso terso e innocente cattura lo sguardo di molti uomini. La cameriera ci fa accomodare e trascorriamo la serata più bella e normale del mondo, come se fosse la cosa più naturale per noi. A mezzanotte la riaccompagno a casa e mi limito a salutarla con la mano. Credevo ci volesse andar piano, ma prima di andare via, lei mi afferra il polso. "Ho ancora quel whisky da finire. Credo di aver imparato a berlo tutto d'un sorso. Vuoi farmi compagnia?" annuisco senza troppi giri di parole. Tuttavia, non appena entriamo in casa, posso scordarmi del Chivas Regal poiché Georgia si sfila il cappotto, mettendomi una mano dietro la nuca. "Quindi niente whisky?" le domando. "Magari più tardi" risponde, baciandomi per prima. La prendo per i fianchi portandola in cucina. Si siede sulla penisola sfilandomi la camicia un bottone alla volta. Lei mi bacia voracemente, come se desiderasse farlo da tempo. Lo stesso provo io e infatti è nuda in pochi minuti. Siamo in camera da letto e la getto di peso sul materasso, mentre lei porta le braccia sopra la testa. Lascia che sia io ad avere il controllo della situazione. Prima di continuare, mi viene spontaneo chiederle: "Stai bene?".

"Mai stata meglio" le sue labbra si posano sull'incavo del mio collo, mordendo forte la carne. "Ci hai messo un po'..." commenta durante i lunghi baci e i dolci amplessi. "Mi dispiace. Avrei dovuto farlo la sera di Capodanno quando ti ho rivista".

"Shht" mi zittisce, continuando ciò che abbiamo iniziato. 

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