Of the night

De bloom_red

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Rosalie. Ventun anni di vita e morte che non sono altro che la somma di una serie di perversioni e fissazioni... Mai multe

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Epilogo

Capitolo 12

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De bloom_red

Baciami. Baciami come sai fare tu.
Baciami, baciami come volessi consumarmi e non lasciarmi mai più.
Baciami, baciami adesso perché è qui e ora che il nostro mondo vive.
Baciami, baciami come se potessi donarmi la vita che più non ho.

Sono due giorni che sto vivendo quasi un sogno.
Quasi.

Tutto è molto reale, in realtà. Ogni singola cosa che in questi due giorni mi sta capitando è fottutamente reale, vivida, forte. Noah è sempre con me, dopo la notte in quella specie di festa ci siamo separati davvero per pochissimo tempo, poche ore necessarie a lui per mantenere una parvenza di umanità, a me di mantenere il contatto con la mia natura da Eterna. Non posso nutrirmi solo ed esclusivamente di lui, non è il caso anche se lui ci prova sempre ad indurmi in tentazione.

Eppure ho peccato, ho peccato tantissimo.
Macchiata nell'anima, fino al midollo.
Non si lavano via nemmeno col sangue quei peccati, ma lui... lui non lo sa.

Ogni volta che ci separiamo, poi io lo ritrovo. Gli ho chiesto di avere pazienza, di aspettare che sia io ad andarlo a prendere perché almeno per un poco ho bisogno di essere sola. Sola con me stessa, concentrata su ciò che devo fare. Nutrirmi è un processo che richiede una certa concentrazione se non voglio: a) sconfinare nel territorio di Kyle che non ci tengo a fare un'altra sauna baubau; b) ammazzare il tipo che mi capita fra le mani. E non voglio nemmeno uccidere Noah, quindi mi serve qualche ora per riprendermi, ma poi torno da lui.

Torno sempre da lui. Non importa dove lui vada, chi veda, cosa faccia, io lo trovo sempre.
Sono una cazzo di stalker, qualcuno glielo faccia capire che non può darmi così libertà d'azione perché poi è peggio. Io sono quel tipo di essere che quando gli dai un dito non mi prendo tutta la mano, ma pure l'avambraccio, il braccio e spalla compresi. Sono ingorda.

Lo sono stata pure stasera quando, dopo una serata di caccia, sono piombata nel bel mezzo di un'uscita di Noah con alcuni suoi amici.
Non gli ho detto niente, ho solo fatto in modo che lui mi vedesse. Che i suoi amici mi vedessero mentre mi appoggiavo contro la moto di Noah con tutte la grazia che possiedo e le peggiori intenzioni di questo mondo e ho aspettato. Ho aspettato che lui finisse le sue cose da umano, che si rendesse conto che io ero lì, per lui. Perché se da un lato lo so che tutta questa storia finirà per uccidere lui ed uccidere anche me, non mi importa. Più lui mi guarda, più sento che se proprio devo rischiare di perdere l'ultimo brandello decente di anima che mi rimane, vale la pena perderlo per lui. Con lui.

Be brave, baby.

Lui mi ripaga sempre. Ogni mio passo – piccolo ed impercettibile al mondo –  Noah mi ripaga. Mi ripaga con quello sguardo che si accende di una luce diversa non appena mi vede. È come se prendesse vita nel momento esatto in cui i suoi occhi si posano su di me. Mi ripaga con il suo sorriso un po' sghembo, quello che manderebbe in fibrillazione il mio cuore se solo fossi un po' più viva. Mi ripaga col suo cuore, con ogni battito che scandisce la sua vita. Mi ripaga anche in momenti come questi, momenti in cui siamo chiusi nella mia camera, immersi in quella luce un po' soffusa e non fortissima. Nella penombra ogni singola carezza si enfatizza, diventa più potente e scava solchi più profondi nella memoria.

Non abbiamo ancora fatto sesso.
Non che lui non ci abbia provato, anzi. Devo fermarlo sempre perché arrivo a punti in cui mi rischia di scivolare via il mio controllo e sapete, vorrei tanto evitare di fare della prima volta con lui una strage che le Nozze Rosse possono solo accompagnare.

Mi serve tempo.
Devo essere sicura, sicura di poter essere capace di fermarmi, di proteggerlo. No, non voglio trasformarlo. Sono sempre convinta che Noah debba vivere, crescere, inseguire i suoi sogni, diventare grande così come merita di essere. Noah si merita anche una donna capace di donargli tutto ciò che di bello al mondo c'è. Si merita di diventare padre, di vivere gioie che io non posso dargli. Gioie che, forse, neppure se avessi potuto gli avrei dato in tutta onestà. Noah si merita tutte le possibilità di questo mondo, al contrario di me.

A lui, per ora, della sua umanità sembra importare gran poco. Lo capisco, eccome se lo capisco. Ci sono passata anche io con Logan, si diventa dipendenti. La differenza sta nel fatto che io non ho assoggettato a me Noah, Logan lo aveva fatto con me.
Noah è libero di andarsene in qualunque momento, non ci sono catene a fermarlo, io libera non lo sono mai stata davvero.
È per questo che mi destabilizza l'intensità del desiderio che prova per me, vorrei che fosse più cauto ma Noah non sa manco lavarsi i denti cautamente, temo.

La sua mano sta scivolando lentamente lungo la linea del mio braccio destro. Risale dal polso, supera il gomito e poi arriva alla curva della spalla. È lì che incontra la spallina sottile della canotta leggera che sto indossando. È una canotta di quelle in raso di un blu notte così intenso da essere quasi un nero, ha uno scollo a V sul davanti non troppo profondo e si posa su un paio di cheeky panty di un tono molto simile alla canotta. Di solito dormo come capita, ma sono una ragazza semplice che vuole fare colpo e sfodera i suoi acquisti da Victoria's Secret per far impennare l'ormone al suo ragazzo e poi lo sgrida anche se ci prova troppo perché è pericoloso, esiste sicuramente un girone dell'inferno per quelle come me, ne sono quasi certa.

« Anche stasera risponderai alle mie domande? » la sua voce è bassa, è dietro di me perché mi sta quasi abbracciando da dietro, io sono seduta al centro delle sue gambe e ho appoggiato sulle cosce il mio iPad. Teoricamente gli stavo mostrando dov'è che studio e che cosa anche. Praticamente mi lascio molestare da lui, dalle sue domande e dalle sue carezze.

« Dipende. » rispondo angolando un mezzo sorriso, certa che lui non possa vederlo.

« Da cosa? »

« Dalla domanda. »

« Molto conveniente, Moore. »

« Allora non chiedermi nulla. »

Lo sento sbuffare contro i miei capelli mentre con la sua mancina mi scosta i capelli pettinandoli all'indietro, in modo da scoprire la curva del mio collo. È lì che ci piazza un bacio al limite della legalità e che mi porta a socchiudere le palpebre qualche istante.

« No. Io ti chiedo tutto ciò che mi pare. »

« Sei molto poco democratico Spencer. Trump potrebbe pure approvarti sai? »

« Chi se lo incula quell'altro. » affonda col naso fra i miei capelli e le mani vanno ai miei fianchi, attirandomi di più in quell'abbraccio. Adagio la mia schiena contro il suo petto e chiudo il sito dell'università, oramai annoiata: la mia attenzione è tutta verso Noah, più che a New York.

« Tornerai a New York? »

Ringrazio la mia buona stella che lui non possa vedere la mia faccia in questo momento.

« Non lo so. Tu non devi finire la tua specialistica? » 

« Sì. »

Per un attimo restiamo entrambi in silenzio, col suo cuore che fa fracasso sopra quella musica che Spotify sull'iPad ancora diffonde a volume molto basso.

« Siamo appena alla fine di giugno. » gli faccio notare. « C'è tempo. » la mia mano carezza la sua coscia come una coccola che vorrebbe rassicurarlo. Non mi risponde, non a parole. Lo sento solo espirare pesantemente. Forse sta pure contraendo la mandibola nel suo solito modo, quando vorrebbe dire tutto ma non dice niente, invece.

« Quando è il tuo compleanno? » 

Mi irrigidisco di colpo. È come se non riuscissi più a respirare, quasi. Fisso un punto davanti a me e cerco di reprimere l'impulso di rispondergli male. Deve esserne accorto perché mi deposita altri baci lungo il collo per poi stringermi in un abbraccio.

« Adesso non mi dirai che sei vampira da così tanto tempo che non te lo ricordi più. » sta scherzando, lo capisco dal suo tono, ma il mio silenzio lo raggela appena. « Quanti anni hai Rosalie? » 

« Ventuno. » lo dico senza molta emozione a dire il vero.

« Ventuno normali o ventuno da trecento anni? »  è appena più cauto in quella domanda, io sbuffo quasi una risata.

« Ho davvero ventun anni, Noah. Non sono così antica. » 

« Peccato. » 

« Come scusa?! »

« No, perché sennò si spiegava la tua versione Rosalie passione geriatria. »  tutto serio lui poi, io non riesco a trattenere una risata.

« Ma smettila. Non sono così antichi nemmeno loro. »

« Ah no? Interessante. » no, non gliene fotte un cazzo, è evidente.

« Seh. »

« Non hai risposto. » 

« Tredici marzo. Sono nata a Boca Raton il tredici marzo millenovecentonovantotto. » 

« E com'è che i tuoi sono qui? »

Sussulto appena, quasi mi volto verso di lui. « Tu che ne sai di loro? »

Allarga le braccia di poco ed indica la porta. « Vivi con uno come Steve e ti meravigli che io sappia cose? » retorico nel tono. « Ieri mattina se lo è lasciato scappare mentre tu eri in doccia. Mi ha detto che aveva appuntamento coi tuoi fratelli, ma non mi ha detto altro. » 

Steve. Radio Maria lo devo ribattezzare.

Espiro appena e lentamente mi calmo. Ho sempre il fottuto terrore che scoprano dove sono i miei e lì puntino per perseguitarli per colpa di quello che io faccio. « Vivono la loro pensione. Loro e i miei fratelli. Hanno sempre amato Coral Bay. » non dico molto altro, lui però si sporge e mi prende per il mento, facendomi voltare verso di lui.

« Non lo dirò a nessuno. »

« Non te l'ho chiesto. »

« Lo so, te lo sto dicendo io. »

Distolgo appena lo sguardo dopo aver annuito un poco, giusto per fargli intendere che l'ho capito.

Perché, perché Noah io ti ho dovuto incontrare ora?
Perché non quando potevo essere migliore, essere vita e non morte per te?
Perché ora, che di me non ci sono altro che cocci e casini?

Il silenzio torna sovrano, o meglio: Spotify ancora una volta ci mette lo zampino. Ci sono tante cose di me che lui non sa, ci sono tante cose che io di lui non so. La musica è tutta la mia vita, ascolto quasi di tutto e lo si può intuire dalla mia playlist, credo. Destino, coincidenze, chissà, ma la voce di Maluma riempie un po' il vuoto che noi col nostro silenzio stiamo creando.

" Y es que no puedo olvidarte, olvidarte
Quiero volver a darte beso' en toda' parte' "

Mi viene quasi da ridere mentre lui guarda l'iPad come se non sapesse spiegarsi questa mia improvvisa ilarità.

« Non immaginavo ti piacessero tipi come lui. »

« Oh, beh. Il tipo latino tatuato come un narcos scampato da una retata della Dea nei sobborghi di Medellin, ammetterai che ha il suo fascino. » scherzo, ma nemmeno troppo: effettivamente esteticamente lo trovo sexy quel cantante.

« È troppo giovane, non può piacerti. » mi piglia per il culo ancora una volta.

« Ha la tua età, devo presumere che nemmeno tu mi puoi piacere. » alzo appena il mento per poter incontrare il suo sguardo.

« Ma io sono più bello, non faccio testo. »

« Lo dice sempre la nonna? »

« Ma smettila. »

La sua mano scivola lungo la linea della mia mandibola, guida il mio viso verso il suo in un nuovo bacio. Ha questo modo di baciarmi Noah che è diverso. Diverso da chiunque altro io abbia mai avuto prima. Non è mai frettoloso, mi bacia come se volesse sentire ogni cosa di me, mi bacia come se volesse lui mangiarmi e non il contrario.

Mi bacia come se facesse l'amore con me ogni volta.

Mi volto verso di lui che sarò Eterna quanto voglio, ma non sono una contorsionista; lui ne approfitta per farmi sdraiare di schiena sul materasso, fra quelle coperte sfatte che sanno di noi due, scivola senza problemi fra le mie gambe ponendosi al centro delle stesse. La vicinanza, come sempre, inizia a darmi alla testa. Finché sono cose "normali" riesco anche a gestirle, ma quando lui e il calore del suo corpo diventano così intensi, rischio di perdere il controllo.

È sempre e solo questione di controllo, no? Quello che pretendo di avere su tutto, sempre e comunque. Vorrei essere capace di respingerlo come si deve e invece mi limito a carezzargli la linea delle braccia con la stessa delicatezza di una piuma che si posa sul cristallo.

« Noah... » mi stacco io per prima, alzando il mento per prendere respiro e, così facendo, scoprendo il collo che è alla sua mercé in questo momento. « ... fammi un'altra domanda, dai. » che magari se parli non mi baci.

Deposita baci sulla linea del mio collo, scende lungo il profilo della clavicola. Lo vede che indugia appena contro i segni delle mie cicatrici, le carezza con la punta del naso ed espira forte, come se dovesse con quel gesto scacciare una sorta di negatività che altrimenti lo avvelenerebbe.

« Posso spogliarti? »

« Questa è sleale. »

« Hai detto domande, non hai specificato che tipo di domande. »

Smuovo appena il capo contro il cuscino in un segno di negazione e in parte arreso. Sono sempre stata attenta a non farmi vedere, non per pudore o che altro. Non sono timida, non sono insicura, anzi. Mi reputo perfetta in ogni mia singola sfaccettatura, ogni mia cicatrice, piercing o tatuaggio. È che spogliarmi significa calare le difese, significa dirgli un sì che non sono del tutto certa che sia sicuro per lui. Mi crea panico, mi crea una serie di emozioni che non so bene interpretare o gestire.

« E se va male? »

« Non andrà male. »

« Ma potrebbe. »

« Andrebbe male se mi ridessi in faccia appena mi calo le mutande, Rosie. » il tono che ha un accenno appena abbozzato di ironia.

Roteo gli occhi al cielo e sbuffo, passandomi una mano sul viso. « Che ipotesi fantascientifica. » il mio commento non ha molta forza.

Lui, tuttavia, decide di ignorarmi. La sua mano invece no, non mi ignora per niente. Carezza il mio costato e scende fino al mio fianco fino a trovare il bordo inferiore della canotta. Lo arriccia con le dita in modo da far accumulare la stoffa nel suo palmo e tirarla verso l'alto.

« Non mi importa. Nulla di ciò che mi dirai cambierà questo. Preferisco morire con te che affogare lentamente lontano da te. »

C'è come un tonfo al centro esatto del mio petto a quelle parole. Fossi umana, si tratterebbe di tachicardia come minimo. Ma sono quello che sono – cioè morta – e quindi il mio cuore congelato per sempre ha solo un tonfo, emozionandosi a modo suo.

Non rispondo, la mia risposta non è verbale ma pratica: lascio che me la sfili quella canotta, che possa vedere da sé ciò che cerca. Non mi sono mai reputata brutta, né insignificante. Ho un fisico che l'Eternità ha congelato in una bellezza per sempre acerba, per sempre abbozzata ma presente. Le mie curve sono armoniose, non ho un seno grandissimo ma pieno, questo sì. I miei fianchi sono stretti, le ossa iliache sporgono un po' data l'eccessiva magrezza che avevo al momento della mia morte. Dell'inchiostro è disseminato sul mio corpo, così come qualche piercing in punti che da vestita diventano invisibili. Su tutto, però, ci sono quelle cicatrici. Della mia morte non è rimasto niente, il sangue di Logan ha curato tutto. Non c'è un singolo segno di quello strazio che ha messo fine alla mia vita da umana, ma ci sono i segni di Logan, quelli sì. Lungo la curva esterna dei seni, sul costato, sul collo e linea delle clavicole, sulle ossa iliache. Ovunque potesse disseminare il suo segno in modo che io fossi un manifesto ambulante della sua superiorità. Si vedono appena, ma Noah ha imparato a vederli e riconoscerli seppur alla vista umana appaiono meno evidenti di quanto siano alla vista sviluppata come la nostra.

Lo sento trattenere il respiro, sento il suo sguardo bruciarmi addosso in quella penombra e di riflesso, senza nemmeno volerlo davvero, socchiudo un po' gli occhi.

« Sei perfetta. »

Sorrido poco, ma lo faccio a quelle parole mentre mi tiro su e cerco di privarlo della sua maglietta. Maglietta che vola per terra, senza che mi impegni molto a dire il vero. Non ha un segno che sia uno, lui. Qualche tatuaggio ma niente di eccessivo. Noah è perfetto davvero.

Appoggio il palmo della mancina contro la linea dei suoi addominali e dall'alto la faccio scorrere verso il basso. Lo sento che più lo tocco, più mi concedo, più lui si esalta, si eccita. Il suo cuore non mente. Il suo odore non mente, la pelle che si increspa al passaggio della mia mano, nemmeno. Mi sporgo e poso un bacio lì sul suo petto, la sua mano affonda fra i miei capelli, il suo cuore fa un casino assurdo. Sono gesti lenti quelli che seguono, è lento nel carezzare ogni singolo centimetro della mia pelle quasi come se la stesse venerando. È tutto così diverso, tutto così forte, dirompente.

Nemmeno mi accorgo che siamo al punto esatto in cui siamo entrambi nudi e i baci stanno diventando sempre più infuocati, disordinati.

Mi si spezza il respiro nel petto quando quella carezza fra i nostri bacini diventa più intima ed intensa. Fa chilometri con le mani sul mio corpo, le mie gambe lo avvolgono in un abbraccio dal sapore unico.

Più lui affonda in me, più io affogo in lui.
Più lui si prende il sapore della mia bocca, più io spengo il mio cervello.
Più lui mi dona la sua vita, il suo cuore, più io muoio per lui.
Lui mi reclama, io mi perdo per lui.

Mi sto facendo male, un male tremendo. Tutto questo che adesso mi fa bene, un giorno mi farà male.
Come potrò mai andare avanti, un giorno, senza di lui?
Come potrò mai dimenticarlo?
Dimenticare il modo in cui mi completa, il modo in cui il suo respiro si infrange contro la mia pelle, il modo in cui il suo cuore esplode contro la cassa toracica e tutto questo per me?
Come potrò mai dimenticare il modo in cui mi fa sentire il centro del suo universo?
Ha ragione Maluma: non posso dimenticarlo. Non potrò mai riuscirci.

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