Son of grey

Sil64Eaton tarafından

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Quando il tuo nome è Delilah Bay niente è normale. A venticinque anni vivi ancora con i tuoi genitori e tuo f... Daha Fazla

Personaggi
2. "Sei inquietante"
3. "Investito un procione"
4. "Caso umano di alto livello"
5. "L'amore per Camp Rock non passa mai"
6. "Credo che saremo bloccati qui per un po'"
7. "Pensare il suo nome"
8. "Che carino, parli di me"
9. "Hai per caso bevuto?"
10. "Non mi fido di quegli scimmioni ubriachi"
11. "Smettila di pensare che sono sexy!"
12. "Sophie"
13. "Assomigli all'uomo di Neanderthal"
14. "I gemelli"
15. "Io i pannolini non li cambio"
16. "Non sono Harry Potter"
17. "Se solo Ethan non mi stesse uccidendo con gli occhi"
18. "Esperti di sedano e crisi ormonali"
19. "Sei proprio uno stronzo"
20. "Arya ti deve ancora approvare"
21. "Ho fatto un sogno orribile"
22. "Questo é il Natale giusto per implodere"
23. "La casa delle disgrazie"
24. "Lei ti spezzerà il cuore"
25. "Sei identica a lui, Delilah"
26. "Non è mai troppo tardi per chiedere scusa"
27. "Errore per errore, ci perdoniamo entrambi?"
28. "So già i nomi dei nostri figli"
29. "Vieni a New York con me?"
30. Epilogo
Ringraziamenti
31. Capitolo speciale

1. "Peccato che un buco nero non ti abbia ucciso"

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Sil64Eaton tarafından

Non abbiate paura di essere strani. "Strano" é sinonimo di particolare, di unico, di prezioso.

«Clarissa Evans si é licenziata.» Mio padre si lascia cadere con un sospiro sulla sedia in legno del suo ufficio.

Strabuzzo gli occhi. É la quinta persona che si licenzia in meno di due mesi. «Che cosa?!»

Papà si stropiccia gli occhi. Ha il viso stanco come mai prima d'ora. «A quanto pare c'è un problema con il resto del personale.»

Mi giro a guardare mio fratello gemello, Ethan, torva. So benissimo che cosa è successo. «Tutto questo non sarebbe successo se tu imparassi a tenertelo nei pantaloni.»

Ethan fa spallucce ed ho la voglia irrefrenabile di dargli uno schiaffo. «Era attraente.»

«Era fidanzata.» Ribatto a tono. «Da sei anni.»

La sottospecie di coniglio in calore sbuffa. «Non mi interessa granché.»

Mi porto una mano sulla faccia, sbirciando per vedere la reazione di mio padre. Ha gli occhi chiusi in due fessure e lo sguardo fisso nel vuoto.

Vedo quasi le rotelle girargli per formulare un pensiero.
Non è giusto che io debba essere l'unica sana di mente in questa famiglia. E, per farvi capire, il mio ex ragazzo mi voleva portare da uno psicologo.

«Non incominciate.» Mio padre si alza, guardando prima me e poi il mio gemello. Mi chiedo ancora mia madre come abbia fatto a crearci insieme: già mi rifiuto di essere imparentata con quel coso, figuriamoci essere la sua gemella. «Piuttosto create dei nuovi volantini dove avvisate che cerchiamo personale.»

«Nel volantino devo anche mettere "le persone di sesso femminili e attraenti girassero alla larga"?» Rispondo, ironica, alludendo al fatto che Ethan le scaccia tutte.

Chi va a letto con lui e poi viene scaricata, chi viene stalkerata, chi non vuole avere niente a che fare con lui e se lo ritrova casualmente nei turni. E non fa così solo con le indipendenti, ma anche con le mie amiche.
Per questo non ne ho più, e l'unica amica che considero è Arya, un'adorabile canguro femmina di quattro anni.

«Ah-ah.» Ethan mi dà una piccola spinta. «Molto divertente, Delilah.»

«Non era una battuta.» Ribatto, dandogli una spinta a mia volta. «Dovresti crescere e non fare più il ragazzino. Cavolo, hai venticinque anni Ethan.»

«Disse quella che ieri si è messa piangere guardando Il re leone. Non hai venticinque anni anche tu, cara sorellina?» Ethan prende i vecchi volantini, che erano dentro un cassetto, e li poggia con un sospiro sulla scrivania.

Ogni tot di mesi è la stessa storia: i dipendenti si licenziano, io e mio fratello litighiamo, e alla fine faccio solo io i volantini e li finisco alle tre del mattino perché voglio che siano perfetti. Peccato che, di perfetto, non abbiamo proprio nulla.

«Il re leone è un capolavoro.» Gli dico con voce sprizzante. «Se tu non lo capisci hai problemi mentali seri.»

«Almeno non parlo da solo con i canguri.» Questa volta è mio fratello a guardarmi torno, con un sopracciglio inarcato. Mio padre, capendo che la giornata finirà con una bella litigata, si alza e se ne va senza spicciare una parola.

«Dovrò pur socializzare con qualcuno.» Prendo uno dei volanti e glielo lancio contro, cercando di placare la mia rabbia. Solo che il volantino cade a terra prima, ondeggiando a destra e poi a sinistra. Sembra la metafora della mia vita.

«Sì beh... in genere le persone normali vanno a qualche bar o cose così. Non parlano con i canguri o i koala.» Ethan calca bene la parola "normali" solo per ricordarmi che lui pensa che io non lo sono.

Almeno i miei ormoni sanno placarsi, però. «Ci ho provato per anni, ma tu hai la capacità di scacciare via ogni singola ragazza che è interessata alla mia amicizia. Sei... sei così...»

«Fantastico, bello, spiritoso e dolce? Grazie Delilah, tu non sei niente di queste cose.» Ethan si avvicina per darmi un buffetto sulla guancia, poi mi supera dopo avermi dato una spallata. «Non dimenticarti di fare i volantini entro domani. E prima di andartene passa a vedere come sta il koala in dolce attesa.»

«Ha un nome!» Gli urlo dietro, dato che sta uscendo dall'ufficio. Non mi capacito di come mio padre pensa di lasciare metà del nostro zoo a Ethan e metà a me. Sono io che mi occupo praticamente di tutto.

Con uno sbuffo e l'irritazione alle stelle, mi avvicino alla scrivania e osservo i vecchi volantini. Nonostante ci abbia messo tutta me stessa, sono parecchio bruttini. Spogli, sopratutto.

C'è una scritta colorata al centro del foglio con scritto "cercasi personale" e poi sotto, in più piccolo, tutte le informazioni sul nostro zoo e su cosa ci serve. Lo sfondo è bianco.

Faccio una smorfia e accartoccio il foglio, per poi buttarlo con foga nel cestino.

Mi siedo sulla sedia della scrivania di mio padre. Teoricamente questo studio è di tutti e tre: mio padre, mio fratello e mio.

Porto una mano tra i capelli. Cosa attira una persona a lavorare in un determinato posto? Di certo devono avere un primo buon impatto e avere tutte le informazioni che servono.

Lancio un'occhiata all'orologio a pendolo che abbiamo. Sono le sei e mezza del pomeriggio. Questo significa che se mi faccio venire un'idea decente entro le dieci dovrei aver finito.

Vado su internet per vedere idee per volantini e me ne viene una carina. Mettere come sfondo una foto di Arya, il mio canguro preferito, poi farli di grandezza A4, in modo che si vedano e poi fare le scritte bianche con il contorno nero.

Faccio numerose bozze sul computer, ma solo al decimo tentativo sono soddisfatta. Voglio dire, non sono mai stata brava ad editare, figuriamoci ad abbinare colori, immagini e scritte per dei volantini.

Ethan non ci ha neanche pensato, perché è una testa bacata, ma dovremmo mettere un annuncio anche su Internet. Stranamente alle otto ho già finito.

Salvo la bozza su una chiavetta e ne stampo una copia, poi metto tutto nella borsa ed esco dal mio ufficio. Chiudo a chiave, controllando tre volte che non si apra la porta con una piccola spinta, da brava ragazza paranoica quale sono, e mi dirigo verso la clinica veterinaria del nostro zoo, dove c'è un koala in dolce attesa, come ha detto Ethan.

Entro con disinvoltura e sono sorpresa di trovare Garrett, il veterinario. È bravo nel suo lavoro, ma non l'ho mai sopportato. Forse perché è da quando ho diciassette anni che ci prova con me e ogni giorno si inventa delle battute sempre più penose per fare colpo su di me.

L'ultima perla é stata ieri. Mi ha guardato e ha chiesto: «ti sei fatta male cadendo?». Io ho risposto di no, anche perché ero inciampata da poco e mi pareva strano che mi avesse visto, però non ci ho fatto caso più di tanto. Ma lui ha continuato dicendo: «beh, mi pare ovvio. Un angelo come te non si fa male cadendo neanche dalle scale del paradiso».

E inutile descrivere la mia espressione basita. Non dovrei stupirmi, eppure ogni giorno mi dimentico che mi aspetta Garrett con le sue fantastiche tattiche di rimorchio. Lui è l'unico caso in cui mi chiedo perché Ethan non l'ha ancora scacciato via con la sua spaventosa faccia.

«Ciao, Garrett.» Mormoro, appendendo la borsa sull'appendiabiti che c'è all'ingresso dell'edificio. È a letteralmente due passi dal mio ufficio, apposta per le emergenze.

«Ciao, Delilah.» Mi sorride lui, a trentadue denti. Un sorriso del genere non è per niente professionale. Sembra che abbia appena visto Lady Gaga in un completo intimo di Victoria's Secret. «Ti trovo splendida oggi.»

Alzo leggermente gli occhi al cielo. «Sí, sí. Come sta Batuffola?»

Garrett corruga la fronte e mi guarda confuso. Alzo gli nuovo gli occhi al cielo. «La koala incinta, Garrett.» Nessuno, e dico nessuno, si ricorda mai i loro nomi. Arya è semplicemente "il canguro di Delilah", Batuffola è "la koala incinta" e così via per tutti gli animali. Nessuno si ricorda sul serio i loro nomi, il che trovo sbagliatissimo. Sono come le persone, loro. Garrett, mio fratello e tutti gli altri si dovrebbero impegnare di più.

«Oh! Il soggetto numero venticinque.» Ecco, appunto. Si ricorda quanti animali ha fatto partorire, ma non i loro nomi. Assurdo. O dovrei dire semplicemente Garrett? «Vieni, l'ho messo nella stanza più grande. Dovrebbe partorire tra circa un mese e mezzo.»

Non rispondo e lo seguo in silenzio nella stanza. Batuffola sta dormendo pacificamente su un albero di eucalipto, la pancia sporgente e un faccino da riempire di bacini.
Sorrido.

«Wow, Delilah.» Sussurra piano Garrett. Sento aria di nuova perla, anche perché oggi non me ne ha ancora detta nessuna. Non sia mai salti! -tanto per capirci, la mia euforia è ironica-.

«Che c'é, Garrett?» Cerco di trattenere il fastidio nella voce. Garrett è una brava persona, lo so, però è appiccicoso. Gli ho detto chiaramente, anni fa, che non ero interessata.

Vedendo che non mollava mi sono anche finta lesbica, pagando una mia amica per baciarmi davanti a lui. Ma eccolo ancora qui. Bisogna solo riconoscergli il fatto che ha una buona capacità a non mollare mai.

«Hai un universo nello sguardo.»
Sono così agghiacciata dalle sue parole che non riesco neanche a muovermi quando mi sfiora con le nocche la guancia. Scherzo, tutti i meriti me li rimangio.

Riesco a riprendermi dopo qualche secondo e scostandomi e alzando gli occhi al cielo borbotto: «beh, peccato che un buco nero non ti abbia ucciso».

Garrett sbatte un paio di volte le palpebre, assimilando le mie parole. «Forse volevi dire che il mio amore non ti abbia ucciso.»

Inarco un sopracciglio e mi allontano dalla stanza della koala, guardando per qualche secondo Garrett. «No. Sono sicura di aver detto benissimo.»

So che forse non dovrei essere così dura con lui, ma lo faccio per non illuderlo. Meglio che sia consapevole, rispetto ad illudersi. È meglio sapere la verità, essere coscienti di ciò che succede, rispetto all'oscurità e tutti quei dubbi. Io non voglio che abbia se o ma per colpa mia. Per questo cerco di essere il più diretta possibile.

E poi, non capisco proprio cosa ci veda un me. Sono un caso perso, io. Ironica da far schifo, caso umano con problemi mentali e goffa da morire. Combino pasticci ogni due per tre e sono abbonata alle figure di merda. Perché mai dovrei interessargli?

Accenno un sorriso, solo per farmi perdonare. «Buona serata, Garrett. Va' a casa, è tardi.»

Prendo la mia borsa e vado verso la mia macchina. Stasera mi aspetta un bel libro da leggere e un bel bicchiere di vino davanti al camino. E so cosa vi state immaginando: una me nel suo bell'appartamento nuovo di zecca, una coinquilina amorevole e della mia età con cui esco quasi sempre e che mi presenta bei ragazzi. Ed invece no. Perché vivo ancora con i miei genitori. Perché non ho amiche. E perché in un'isola sperduta come Kangaroo Island, in Australia, non ci sono né appartamenti in grandi grattacieli né bei ragazzi. Garrett, ma per ovvi motivi lo escludiamo e mio fratello Ethan sono eccezioni. E non sono ancora così disperata per un'incesto.

Così io ed il mio gemello viviamo ancora sotto lo stesso tetto di mamma e papà, loro continuano a viziarci come se avessimo dieci anni e mia madre continua a distrarci il giorno di Natale perché crede che crediamo ancora in Babbo Natale.

«Per tutte le papere della fattoria di zio Sam.» Borbotto, quando vedo le infinite macchine parcheggiate fuori casa mia. Come se tutti gli abitanti di Kangaroo Island avessero parcheggiato fuori casa mia.

In contemporanea il mio telefono squilla e lo prendo per leggere un messaggio di mio fratello. Dice semplicemente "mamma e papà sono andati a cena fuori e ho organizzato un festino. Distraili, tvb". Alzo gli occhi al cielo.

Mi chiedo anche come abbiano fatto gli abitanti di quest'isola, che sono per la maggior parte anziani, ad accettare di venire a questa stupida festa.

Mi mordo il labbro e sblocco il cellulare, che avevo spento dalla frustrazione, per chiamare i miei e chiederli se posso raggiungerli. Poi mi imbatto in Instagram quando non rispondono, per vedere se uno dei due ha messo qualche storia che mi dica dove sono.

Non trovo niente, però in compenso trovo una storia di Ethan, dove invita tutti i ragazzi della nostra età delle città vicine a prendere il traghetto per venire alla sua festa. E c'è anche scritto "a mie spese", che in realtà significa a nostre spese.

Sbatto la testa sul volante dalla frustrazione ed impreco quando parte il clacson.

Arya, dammi tu la forza di non strozzare l'essere che mi ritrovo come fratello.

Angolo autrice
Spero che la nuova storia vi piaccia ❤️
Aggiornerò una volta a settimana e domani pubblicherò i personaggi :)

Okumaya devam et

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