Disaster

By wrongperfectly

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COMPLETA. #1 in Teen Fiction il 7.02.19 #1 in Fan Fiction il 21.04.20 All'apparenza Cassie Anderson e Justin... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Epilogo
Ringraziamenti

Capitolo 58

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By wrongperfectly

<<Perché, Darren?>> gli chiedo, il tono duro per nascondere il mio reale stato d'animo, frustrato e disperato. <<Perché mi hai spiata?>>

L'uomo con cui stava parlando nel parcheggio settimane fa, il suo bizzarro comportamento nei miei confronti; le occhiate, tutta quella agitazione ogni volta che mi rivolgeva la parola ed il mio perenne sentirmi osservata; avrei dovuto capirlo prima, ma mai avrei immaginato che un ragazzo con la passione per gli scacchi fosse la talpa-non-tanto-cieca di Bruce e forse è proprio questo che faceva di lui la persona perfetta. Chi poteva dubitare del timido, introverso e anche un po' imbranato Darren Reyes?

Il ragazzo sgrana gli occhi al mio quesito, il suo volto -già abbastanza chiaro vista la sua carnagione- impallidisce di colpo. <<Io-io non so di cosa tu stia parlando...>> balbetta con labbro tremante.
Reclino il capo di lato, sollevando un sopracciglio. <<Ah, davvero?>> il sarcasmo nella mia voce è evidente mentre avanzo ancora verso di lui, con passo deciso, che in risposta non fa altro che indietreggiare sempre più, fino a quando la sua schiena non entra in contatto con la parete dietro di lui.

Improvvisamente, sento il rumore della porta aprirsi alle mie spalle ed un ragazzo fa capolinea all'interno del bagno; lo sguardo sorpreso e spaesato, probabilmente si starà chiedendo cosa ci faccia una ragazza nel bagno dei ragazzi. E col senno di poi non ha tutti i torti. <<Ma che...>>
<<Scusa, i bagni sono fuori servizio>> lo interrompo bruscamente, cercando, però, di assumere l'espressione più innocente possibile, prima che possa aggiungere altro. <<Ti dispiace?>>
Gli occhi del tipo balzano da me a Darren come una pallina da ping-pong sul tavolino. Un sorrisetto si forma ai lati della sua bocca. <<Fate pure>> annuncia, alzando in aria le mani in segno di resa, volatilizzandosi poco dopo.
Non ho nemmeno il tempo per fermarmi a pensare a chissà quali assurdi pensieri si sia fatto -siamo in uno squallido cesso ed io ho un ragazzo!- che subito rivolgo di nuovo l'attenzione al ragazzo dai capelli rossi di fronte a me.
<<Allora, Darren?>> incalzo, leggermente spazientita.

Nonostante sia furiosa, preoccupata e desiderosa di risposte, non sono una persona prepotente a cui piace incutere timore negli altri -un paradosso, se si pensa che a Justin, questo, invece, piace eccome- eppure leggo del vero terrore nei suoi occhi castano-verdi.
Sospiro frustrata, cercando, poi, di assumere un tono più dolce. <<Ti chiedo solo una spiegazione>> la mia più che una richiesta suona come una supplica. E, forse, un po' lo è.

Allora Darren si lascia scivolare lungo la parete fino a che il suo fondoschiena non entra in contatto con le piastrelle, nello stesso modo in cui mi sono accasciata io in camera mia, tre giorni fa, quando ho realizzato quello che stava succedendo, ovvero con fare disperato. E, dunque, capisco: non sono io ad incutergli quella paura scolpita sul suo volto, ma lui.

<<Mi dispiace. Mi dispiace>> inizia a ripetere tenendosi il viso tra le mani e farfugliando: <<Io non volevo>>.
<<Cosa? Non volevi cosa?>> chiedo abbassandomi verso di lui, senza, però, sedermi; è già tanto che sia entrata senza svenire, il mio culo si rifiuta di toccare il pavimento di questo bagno; sono più che sicura che quella a terra non sia acqua del rubinetto.

Darren alza la testa, incrociando il mio sguardo ed io gli sorrido caldamente per tranquillizzarlo ed infondergli un po' di coraggio. Bizzarro, visto che dovrei essere io quella da confortare.

Fa un profondo respiro e poi <<Un po' di tempo fa un uomo mi contattò>> esordisce.
<<Bruce>> dico io, calcando ogni lettera con disprezzo.
Lui annuisce appena. <<Non saprei dirti come fosse entrato in possesso del mio numero... Fatto sta che la prima cosa che mi chiese era se ti conoscessi o frequentassimo qualche lezione insieme>> sospira ancora. <<Mi disse di essere un tuo zio -quasi scoppio in una risata secca; ha davvero detto di essere mio zio? -e voleva che ti tenessi d'occhio. Nulla di che, pensai>> dice con un'alzata di spalle.

Che ingenuo, penso io.

<<Cominciò a pagarmi per dargli tutte le informazioni che gli servivano, così ci vedevamo una o due volte alla settimana ed io gli riferivo quello che sapevo. Non mi rendevo conto di quello che stavo facendo, insomma, credevo fosse un tuo parente e quindi non pensavo di fare qualcosa di sbagliato nel raccontargli di te, capisci?>>

Doppiamente ingenuo.

<<Ma poi le cose iniziarono a quadrarmi sempre meno; le sue domande si facevano sempre più specifiche, strane. Al che mi chiamai fuori, o almeno, ci provai...>> d'un tratto si blocca e vedo il suo pomo d'Adamo ingrossarsi quando deglutisce pesantemente, come se stesse ingoiando un enorme rospo. <<Ma a lui la cosa non andava a genio e quindi iniziò a minacciare di fare del male a me e amia sorella dicendo che non potevo tirarmi indietro proprio ora...>> lascia la frase in sospeso.

<<... Ora?>>

Mi guarda e diverse rughe d'espressione compaiono sul suo volto preoccupato. <<Ora che ha ha quasi tutto ciò che gli serve>>.

Rabbrividisco a quelle parole e il respiro mi si spezza al punto che ho bisogno di alzarmi e fare qualche passo indietro per ritrovare un po' d'aria nel mio spazio vitale.
Vorrei gridare, piangere e spaccare tutto ciò che mi circonda, ma cerco di controllarmi, stringendo i pugni tanto da graffiarmi i palmi e cominciando a camminare avanti ed indietro nel piccolo spazio intorno a me.

Mi sento piccola, indifesa ed una parte di me vorrebbe prendere Darren a schiaffi per quello che ha fatto; non solo ha invaso la mia privacy, ma lo ha fatto per Bruce! Per Bruce! Ma la mia parte più razionale e ragionevole mi suggerisce di non prendermela con lui perché, in fin dei conti, è solo una vittima, come lo è stato Tyler e lo sono stata io e come, evidentemente, continuo ad esserlo mio malgrado.

Conosco il tipo di minacce che Bruce possa infliggere; immagino che Darren abbia voluto solo proteggere se stesso e sua sorella e nessuno meglio di me può capirlo per questo.

Non siamo, poi, tanto diversi.

Lo sento tirare su col naso. <<Cassie>> mi richiama all'attenzione, distogliendomi dalla fitta rete dei mie pensieri. <<Bruce non è tuo zio, vero?>>

<<No. Non lo è.>>

Si alza in piedi, incespicando un po' prima di trovare l'equilibrio. <<Ti ha... Ti ha fatto del male?>>

Mi mordo il labbro tanto da sentire il sapore metallico del sangue nella mia bocca, i ricordi si fanno spazio nella mia mente. <<Ci ha provato>> rispondo, infine.

Le labbra pressate in una linea sottile. <<E credi che voglia provarci di nuovo?>> domanda. È preoccupato per me?

<<Non lo so, Darren>> asserisco facendomi piccola nelle spalle. Ma vorrei scoprirlo, penso.

D'un tratto, il rumore di uno squillo si propaga per tutta la stanza, facendo sobbalzare entrambi per la sorpresa.
Darren recupera il telefono dalla tasca dei jeans, <<È Bruce>> annuncia storcendo il naso. <<Non rispondo>>.

<<Devi farlo>> lo esorto io.

Il ragazzo mi guarda sgranando gli occhi come se fossi pazza -e forse un po' lo sono davvero-. <<Cosa? No! Vorrà sicuramente incontrarmi ed io non voglio più farmi vedere da lui>>.

<<Bene>> commento, puntando i miei occhi seri nei suoi. <<Perché non sarà te che vedrà>>.

Lui strabuzza gli occhi ancora di più, se è possibile. <<Cos'hai in mente?>> chiede perplesso.

<<Tu fatti dire solo dove e quando>> gli dico, aggiungendo poi qualcosa che pensavo -e speravo- non avrei mai dovuto dire: <<Mi vedrò io con Bruce>>.

***

Justin

Assesto un pugno al sacco di boxe davanti a me.

E poi un altro. E un altro ancora.

Ormai ho perso il conto di quanti ne abbia sferrati, così come ho perso il conto del tempo che è trascorso da quando ho messo piede in palestra, questo pomeriggio. Gli incontri saranno pure fuori discussione -almeno finché non troverò il modo di poter rientrare nel giro senza essere assalito da Gwen-, ma ciò non è una scusa per smettere di allenarmi, cosa che, tra l'altro, mi evita di pensare troppo a cose a cui non vorrei pensare. In più, mi piace immaginare che al posto del sacco ci sia la faccia di Aaron o di Jason; rende la mia sessione di allenamento sicuramente più produttiva.

Potrei continuare fino a quando le braccia non mi faranno male al punto tale da non riuscire più a sollevarle, ma il rumore della porta con maniglione che si apre attira la mia attenzione: tutti i frequentatori della palestra sanno che questa stanza è off-limits, Randy, il proprietario, nonché vecchio amico di mio padre lo ha ripetuto ai suoi clienti per mesi, quando iniziai a frequentarla, anni fa. Non mi sono mai sentito realmente a mio agio nella villa di Jason e Randy sapeva che avevo bisogno di un posto che fosse solo mio e di nessun altro, un posto in cui poter sfogarmi ogni volta che lo ritenevo necessario e così decise di affidarmi uno spazio riservato nella sua palestra; se poi lo ha fatto in nome dell'amicizia che lo legava a mio padre -e che, nonostante tutto, continua a legarlo- o perché gli facevo pena poco mi importa, mi sento più a casa qui piuttosto che nel letto in cui dormo.

Comunque, ci sono solo due persone che possono entrare qua dentro senza essere sbattute fuori a calci dal sottoscritto e sono più che sicuro che non siano di Cassie quei passi che si fanno sempre più vicini a me.

Mi volto, volendo verificare la mia ipotesi che viene subito confermata. Spalle larghe -ma non quanto le mie-, occhi neri e profondi, ciuffo ribelle e barba di almeno tre giorni; Xavier avanza verso di me con passo deciso, tuttavia lo conosco come le mie tasche e, difatti, sembra che qualcosa lo turbi, come se stesse trascinando con sé un enorme peso, un peso che, però, non gli appartiene.

<<Ce l'hai?>> gli domando speranzoso, dopo aver bevuto un sorso d'acqua ed essermi pulito la bocca con il dorso della mano.
<<Ce l'ho>> annuncia lui mostrandomi la chiavetta. Faccio per afferrarla, ma proprio quando io mi sporgo in avanti, lui indietreggia di un passo. <<Sei sicuro di volerlo fare?>>

No. <<Sì>> ed afferro l'oggetto.

<<Justin, non credo sia una buona idea. Insomma, cosa speri di trovare?>> mi chiede lui. Non lo biasimo, apprezzo il fatto che voglia, in qualche modo, tutelarmi dal contenuto della chiavetta, ma tentare di dissuadermi non mi farà cambiare idea e lui lo sa. Ho già preso la mia decisione.

<<Delle risposte, Xav>> mi limito a dirgli, cercando di mascherare la disperazione nella mia voce, poi, con un breve sospiro aggiungo: <<Mi basta solo questo>>.

Xavier mi guarda, annuendomi pensieroso e qualsiasi cosa volesse, in precedenza, dirmi finisce per non essere detta.

<<Hai sentito Cassie?>> indaga, poi. Sinceramente non so se essergli più grato per aver cambiato argomento o picchiarlo per aver nominato il suo nome.
<<No>> ammetto, passandomi le mano sul viso. Ho provato a chiamarla e le ho mandato decine di messaggi dall'altra sera, dopo il nostro salto al pronto soccorso, senza mai ricevere una risposta. L'unico motivo per cui non sono andato ancora a trovarla è la paura di ricevere una porta in faccia senza saperne il motivo.

Non credo di aver fatto niente di sbagliato, eppure continua ad evitarmi.

<<È per la "questione college"?>>
Riduco gli occhi a due fessure, quando mi pone quel quesito e <<Tu lo sapevi?>>

Le parole che Cassie mi ha detto in auto rimbombano nella mia testa; davvero pensava che se mi avesse detto di non essere stata accettata la percezione che ho di lei sarebbe cambiata? Che una stupida decisione presa da delle stupide persone avrebbe fatto la differenza per me?
In realtà, -mi vergogno ad ammetterlo-, ma mi sono sentito un po' sollevato nel sapere che non fosse stata ammessa al college perché, egoisticamente, ho pensato che avremmo più possibilità di restare insieme, se lei, demotivata, abbandonasse la sua idea di frequentare l'università. Un pensiero da vero stronzo, lo so, e me ne pento; in fin dei conti non posso tarparle le ali solo perché io mi sono già schiantato al suolo.

Xavier annuisce. <<Ero con lei quando ha aperto la busta>> afferma, grattandosi la nuca.
<<Cosa?>> la mia voce più alta di un'ottava e il verme della gelosia che piano piano si insidia dentro di me. Geloso. Sono geloso del mio migliore amico. Che pensiero assurdo. Ma proprio non mi va a genio il fatto che non solo la mia ragazza abbia informato prima lui di me, ma che fosse accanto a lei in quel preciso momento. Dovevo esserci io, cazzo!

Lui solleva le mani in aria in segno di resa, come se si aspettasse quella mia reazione. Poi <<Ehi, tu l'avevi lasciata e a lei serviva un amico>> mi rimbecca ed al che io non posso obbiettare. Le avevo detto, da perfetto idiota quale sono, che tra noi era finita ed il minimo che possa fare è sopportare il fatto che avesse bisogno di una spalla su cui piangere che non fosse la mia; certo, la spalla in questione è quella del mio migliore amico, ma ho visto quanto abbiano legato tra di loro, negli ultimi mesi, l'amicizia che è nata, e devo ammettere che se non fosse stato per lui probabilmente avrei già rovinato le cose con Cassie da parecchio tempo, vista la mia tendenza a distruggere ogni cosa che mi circondi.

Xavier è un po' la colla che tiene insieme il nostro rapporto e che ne aggiusta i pezzi rotti. Ha capito la natura dei miei sentimenti per lei ancora prima che la capissi io; mi fa ragionare, mi fa capire i miei errori e mi fa irritare tremendamente per come, ogni volta, mi costringe ad ammettere di avere torto marcio.

Mi passo una mano tra i capelli, tirando le punte bagnate dal sudore. <<Comunque no. Non è per quello, o almeno, non credo>>.
<<E allora qual è il problema?>>
Presso le labbra in una linea dritta e sottile. <<Non lo so>> ammetto, sconsolato. <<Ma credo che ci sia qualcosa, qualcosa che non voglia dirmi>> e di questo ne sono convinto.
Vederla svenire davanti ai miei occhi mi ha procurato una strizza per niente indifferente. Ma conosco bene gli effetti del calo di pressione -mia madre ne soffriva, aveva spesso la pressione più bassa del normale- ed il modo in cui si è comportata, il modo in cui le sue iridi color nocciola mi hanno guardato, prima al pronto soccorso quando si ostinava a dire di stare bene e poi, di nuovo, in auto quando le ho detto di sapere che c'era qualcosa che non andava, quello non aveva niente a che fare con un semplice calo di pressione. Il suo sguardo, di solito luminoso, si è fatto cupo e velato da uno strato di lacrime che, probabilmente, avrà pensato non abbia notato.

So cosa vuol dire chiudersi in se stessi e lei, in questo momento, si è chiusa come un riccio, impedendo a chiunque di potersi avvicinare senza essere punto dai suoi aculei.

<<E te ne stai qui a rimuginare?>> chiede Xavier, accigliato, ridestandomi dai miei pensieri.

<<Dovrei forse piazzarmi davanti casa sua fino a quando non si decida a parlarmi?>> domando retoricamente.

<<Il Justin che conoscevo lo farebbe>> afferma lui con serietà, dandomi, però, successivamente, una scherzosa pacca sulla spalla. <<Non ti starai mica rammollendo, vero?>>
<<Ma smettila, coglione>> bofonchio io, dandogli una gomitata.
La sua risata mi giunge alle orecchie, ma così come è scoppiata velocemente, altrettanto velocemente cessa. <<Devi andare da lei>> dice, il tono fermo e quasi autoritario. <<Sul serio, Justin>>.

Mi mordo la guancia, vorrei davvero andare da lei ma... <<E se mi respingesse?>> do voce ai miei pensieri.

Il mio amico mi guarda, numerose rughette di espressione sulla sua fronte. <<Quante volte hai provato a respingerla tu?>> chiede, alzando la voce. <<Ma lei non si è mai arresa con te e nemmeno tu dovresti farlo con lei>>.

Non rispondo, perché non c'è risposta che tenga alla sua osservazione. Ha ragione, come sempre.
Sorride trionfante, rendendosi conto di aver colpito nel segno anche questa volta e le mani iniziano a prudermi per la voglia di prenderlo a pugni. Dio, quanto è fastidioso quando fa così.

<<Prima, però, fatti una doccia o finirai per ammazzarla quella poverina>> commenta con una smorfia.

<<Fottiti>> è la mia risposta. <<Non puzzo: trasudo virilità, c'è una bella differenza>> preciso.
<<Faresti meglio a trasudare un po' meno virilità, allora>> sghignazza lui, ma ignoro il fatto che si stia prendendo gioco di me; ci è voluto un bel po' per consolidare la nostra amicizia e non vorrei dovermi cercare un altro amico per averlo ammazzato di botte, richiederebbe troppa pazienza ed energia. Perciò mi limito a grugnire un paio di insulti e a prendere il borsone, abbandonato in un angolo remoto della stanza, senza dimenticarmi di infilare la chiavetta in una delle tasche e mi dirigo verso gli spogliatoi, deciso a voler trasudare un po' meno virilità.

***

Giungo di fronte alla casa in tempi record e dopo un minuto di esitazione passato ad osservarmi nello specchietto retrovisore della mia Range Rover -i capelli mi stanno da favola, come sempre- scendo dall'auto e mi dirigo verso il portico.

Per un attimo, sono quasi tentato di arrampicarmi sulla finestra per non rischiare di incontrare suo padre ed infastidirlo con solo la mia presenza, ma quando non vedo la sua macchina parcheggiata davanti al garage caccio un sospiro di sollievo e decido di usare la porta di ingresso. Non che quell'uomo mi intimorisca, so che vuole solo prendersi cura di sua figlia -cosa che voglio fare anch'io- ma preferirei evitare di sentirlo alzare la voce.

Faccio per bussare al campanello, quando la porta si apre e davanti a me si para la figura di Cassie che sembra in procinto di uscire.

Lei sbatte le palpebre per la sorpresa. <<Justin?>>

<<Cassie, ascolta io...>> non faccio in tempo a terminare la frase e ad esporle le mie preoccupazioni che subito i miei occhi saettano su una seconda persona che fa la comparsa dietro di lei.

Perché quello sfigato di Darren Reyes è a casa della mia ragazza?

Cassie

<<Justin?>> sbatto le palpebre, stupita di vederlo.

<<Cassie, ascolta io...>> fa per parlare, ma si blocca non appena i suoi occhi si posano su Darren, alle mie spalle. La mascella tesa e le labbra pressate in una linea sottile. <<Che cazzo? Reyes?>> sbotta, infine.
<<Bieber>> dice l'altro, afono.
<<Vi conoscete?>> domando facendo slittare il mio sguardo dall'uno all'altro, confusa.

<<Facevamo educazione fisica insieme>> annuncia il ragazzo dai capelli rossi, dal tono intuisco che non fosse affatto entusiasta di frequentare quella lezione insieme a lui. <<Una volta si è preso i miei vestiti ed ho dovuto rincorrerlo per tutta la scuola con solo un asciugamano in vita per farmeli ridare>> mi spiega. Sebbene, istintivamente, scocchi un'occhiataccia a Justin dopo aver appreso quell'informazione non riesco a nascondere un piccolo sorriso nell'immaginare quella scena alquanto esilarante. Avrei voluto vederla dal vivo.

<<È successo due anni fa, non hai nient'altro di cui parlare?>> domanda il biondo, roteando gli occhi e poi <<Cassie mi spieghi che cazzo sta succedendo o che cazzo ci fa questo sfigato in casa tua?>> fa un passo avanti con sguardo truce, inducendo l'altro ad indietreggiare dentro casa, intimorito. Non si può certo dire che il coraggio sia una dote di Darren e questo l'ho capito.
Mi mordo il labbro, questa proprio non ci voleva. <<Lo farò, ti spiegherò tutto>> gli assicuro. <<Ma non adesso>> e con questo sistemo la borsa sulla spalla e faccio per avviarmi verso la macchina di Darren insieme a lui, ma Justin mi ferma.

<<Cosa?! E dove stai andando?!>> chiede, rabbia e confusione si alternano sul suo volto.

<<Justin, ascolta: ho bisogno che ti fidi di me, adesso>>. Lo capisco. Lo capisco davvero, il suo stato d'animo. Ma non ho alcuna intenzione di coinvolgerlo in tutto questo, non avrei voluto coinvolgere nemmeno Darren, però è stato Bruce a metterlo in mezzo, non io, in più si è offerto di darmi una mano in quanto si sente in colpa per ciò che potrebbe o non potrebbe succedere.

Provo a superarlo, tuttavia Justin me lo impedisce, di nuovo. <<Fidarmi?! Ma che...>>

<<Ti prego>> lo imploro. <<Ti prometto che ti dirò tutto più tardi, ma ora devi fidarti di me e lasciarmi andare con Darren>> afferro il suo viso tra le mani, sento i muscoli della sua mascella contratti e cerco di rilassarli sotto al mio tocco. Inizio a disegnare cerchi immaginari sulla sua pelle abbronzata, lui chiude gli occhi e si abbandona a quel mio piccolo gesto facendo dei respiri profondi, probabilmente per controllarsi e non dare di matto come so che vorrebbe fare. Quando, poi, rallento il movimento, riapre gli occhi e il suo sguardo si incatena al mio. <<Puoi farlo, Justin? Puoi fidarti della tua ragazza?>>

Lui pare esitare un istante, ma successivamente le sue labbra si posano delicatamente sulla mia fronte e capisco che questo è il suo modo per lasciarmi andare. So quanto gli stia costando, fidarsi ciecamente senza sapere cosa stia succedendo, senza fare altre domande e non riesco neppure ad esprimere quanto gli sia grata per ciò.

I miei piedi faticano a staccarsi dal suolo ed ad allontanarsi da lui in direzione dell'auto di Darren -abbiamo stabilito di andare con la sua per destare meno sospetti, dato che è lui che Bruce pensa di incontrare-.

Quando, poi, mi infilo nel sedile del passeggero ed allaccio la cintura, lo vedo scuotere la testa. <<Che c'è?>>
<<Niente, è che tu sei così buona, gentile ed altruista. Non posso credere che stai con Justin Bieber, insomma, quel ragazzo è un idiota patentato. Senza offesa>>.
Non è il primo a fare questa errata osservazione e di sicuro non sarà l'ultimo; capisco che Justin non gli vada a genio se hanno avuto dei precedenti, eppure non posso fare a meno di difenderlo. <<Justin non è come credi che sia>> affermo, guardando la strada di fronte a noi. <<Sì, lo so, non è una persona facile ma...>>
<<Ma cosa?>> indaga, curioso.
<<Ma è onesto, leale e mette sempre il bene di chi ama davanti al suo. È persino andato in prigione, una volta, per difendermi, sai? E non ci parlavamo nemmeno in quel periodo>> gli confesso con un mezzo sorriso ed immediatamente i ricordi di come pestò, quella sera, il ragazzo che tentò di aggredirmi affiorano nella mia mente, così come affiora la paura e l'angoscia che ebbi per lui quando lo vidi con le manette ai polsi. <<Gli affiderei la mia vita, se fosse necessario>> affermo sincera.

Darren non dice più nulla, per fortuna. Probabilmente non si aspettava che quello che per lui era un idiota fosse, in realtà, un ragazzo dai mille valori.

Nessuno se lo aspetta, ma Justin è così.

E solo pensando a lui e a tutto ciò che ha fatto per me riesco a placare, almeno in parte, l'ansia che mi divora viva, mentre, minuto dopo minuto, ci avviciniamo sempre più al luogo dove siamo diretti.

Ci avviciniamo sempre più a Bruce.

Spazio autrice

D'accordo, questo è in assoluto il capitolo più lungo che abbia mai scritto, ma non mi andava di dividerlo come il precedente.

Anyway, sarò breve e concisa almeno in questo spazio.

Dunque, soffermiamoci prima su Justin: che cosa credete conterrà mai la chiavetta che gli ha dato Xavier?
E per quanto riguarda Cassie? Che ne pensate della sua scelta di voler incontrare Bruce e, soprattutto, cosa credete succederà adesso?

Vi lascio con queste domande.

A presto!
Melissa

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