Disaster

Od wrongperfectly

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COMPLETA. #1 in Teen Fiction il 7.02.19 #1 in Fan Fiction il 21.04.20 All'apparenza Cassie Anderson e Justin... Více

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Epilogo
Ringraziamenti

Capitolo 49

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Od wrongperfectly

Guardo la lista della spesa che stamattina, aprendo il frigorifero e trovandolo praticamente vuoto, mi sono presa la briga di fare. Certe volte -quasi sempre- credo che se non pensassi io a queste cose gli Anderson andrebbero avanti a pane ed acqua; essere l'unica donna in mezzo a due bambinoni può sembrare divertente, ma implica delle responsabilità, come assicurarsi che ci sia abbastanza cibo per poter consumare la cena a fine giornata.

Vedo che tutti gli alimenti segnati sono spuntati, quindi li ho già messi nel carrello, tutti eccetto uno, le uova.

Infilo il foglietto nella tasca posteriore dei miei jeans e spingendo il carrello che straborda di cose, mi dirigo verso il reparto che mi interessa, ringraziando il cielo di aver parcheggiato l'auto di fronte al supermercato e di non dover, perciò, percorrere molta strada con le buste in mano, una volta pagato il tutto.

Svolto l'angolo della corsia e per poco non finisco con l'avere uno scontro frontale con un altro carrello.

<<Mi scusi>> dico sobbalzando, non tanto per il piccolo incidente scampato per poco, quanto per la persona che mi trovo davanti.

Jason.

<<Cassie, il mondo è davvero piccolo>> osserva lui con un sorriso smagliante che per qualche ragione io trovo assai inquietante, quasi quanto il fatto che faccia la spesa nel mio stesso posto, visto che la casa dei Bieber si trova in tutt'altra zona di San Francisco. <<Mi piace venire in questo supermercato, hanno prodotti che non si trovano da altre parti>> dice come se mi avesse appena letto nella mente e stesse rispondendo al mio quesito silenzioso. I capelli, tendenti al castano chiaro, sono perfettamente gelatinati ed indossa una polo blu e dei semplici jeans che gli conferiscono un'aria più casual, seppur non riescono a nascondere quel suo modo di essere altezzoso che tanto lo caratterizza. Perfino il modo in cui afferra una scatola di cereali e la pone nel suo carrello sembra studiato in ogni minimo dettaglio.

<<È notevole il fatto che faccia la spesa per la tua famiglia, Justin non lo farebbe mai>>.

Ignoro la sua ultima affermazione e, stringendomi nelle spalle, mi limito a dire: <<Beh, qualcuno dovrà pur farla>>.

<<Giusto>> mi rivolge un altro dei suoi sorrisi da repertorio, <<Allora, verrai al ricevimento questo venerdì?>>

Mi mordo il labbro a quel suo quesito, spostando il peso da un piede all'altro. Poi <<In verità, non penso, no. Ho delle cose da fare, quindi...>> faccio la vaga, inventandomi un impegno di sana pianta per non dire la verità e cioè che mi sentirei fuori posto in un contesto del genere, a bere cocktail facendo chiacchiere di circostanze con sconosciuti, il tutto agghindata dalla testa ai piedi. Diamine, mi sento a disagio anche ora solo a conversare con lui in un supermercato, figuriamoci ad una festa coi suoi amici che, per essere considerati tali da Jason, scommetto se li sia scelti a sua immagine e somiglianza.

Lo vedo annuire e sul suo volto si dipinge un'espressione quasi dispiaciuta. <<È un vero peccato, so per certo che Justin sarebbe entusiasta nel vederti e anche a me farebbe piacere, praticamente sei di famiglia adesso>>.

Ha appena detto quello che penso abbia detto? Le mie orecchie devono assolutamente aver capito male, o più semplicemente si sta prendendo gioco di me. In ogni caso non so se ritenermi lusingata dalla sua affermazione o se farmi venire la pelle d'oca. Forse, però, l'errore è mio: sono partita troppo prevenuta nei suoi confronti, anche visto ciò che mi ha riferito Justin sul suo conto e magari, a differenza di quel che penso, sta solo cercando di essere gentile. Il beneficio del dubbio lo si dà a tutti ed in fin dei conti fino a qualche mese fa credevo di non sopportare neppure suo nipote, quindi potrebbe rivelarsi anche lui una sorpresa.

<<Io... Ehm, devo andare ora>> bofonchio cercando, in questo modo, di sfuggire da quella bizzarra conversazione, mentre il mio piccolo diverbio interiore si fa sempre più acceso.

Senza dargli modo di replicare o tentare di intrattenermi a parlare più di quanto non abbia già fatto, stringo la presa intorno al carrello e gli do una bella spinta per potermi allontanare.
<<Spero tu riesca a liberarti dai tuoi impegni per venerdì>> riesco a sentirgli dire prima di allontanarmi.

***

Il giovedì Sam mi invita a casa sua per quella che lei inizialmente definisce una "giornata di studio" in vista degli esami, peccato che, arrivate a fine pomeriggio non abbiamo fatto poi un granché: ogni volta che cercavo di ripeterle un argomento trovava i più assurdi modi per interrompermi finendo, così, per ritrovarci a parlare di tutt'altro, mettendo così tanto a dura prova la mia già limitata pazienza al punto tale che alla fine ho deciso di arrendermi e studiare in santa pace quando tornerò a casa. La sua soglia di attenzione è pari a quella di Justin, cioè pari a quella di un pezzo di legno e trovare persone così non è roba da tutti i giorni.

<<Allora che ti metti per la festa di Bieber Senior?>> domanda ad un tratto. Il suo quesito mi fa drizzare sul letto, sopra al quale mi ero spaparanzata, e storcere il naso allo stesso tempo.

<<Ehm... Nulla?>> rispondo retoricamente, alla fine.

Sam sgrana gli occhi e spalanca la bocca. <<Hai intenzione di presentarti nuda? Audace Anderson>>.
Le tiro un cuscino che le colpisce il braccio ed in seguito lei esclama un <<Ahi!>> davvero poco convincente. <<Ma no, è che non penso di andarci... E comunque, come sai della festa?>> indago curiosa.

<<Scherzi, vero?>> chiede guardandomi sbigottita. <<È l'evento dell'anno, ne parlano tutti!>>

Wow, allora non c'è proprio niente da fare da queste parti, mi viene da pensare. Poi, però, ricordo a me stessa che i Bieber sono piuttosto famosi in città, nel bene e nel male.
Puntando il suo sguardo nel mio aggiunge: <<Io venderei mio fratello per poter essere invitata, perciò tu devi assolutamente andarci!>> in maniera quasi autoritaria.

Mi mordo l'interno guancia fingendo di pensarci sopra, riesce a mettere davvero soggezione a volte. <<No, non credo>>.
<<Oh andiamo, Cassie!>> sbuffa alzandosi in piedi, <<Non riesci ad essere romantica per una volta?>>
A quel punto non posso fare a meno di accigliarmi e chiederle: <Cosa avrebbe a che fare il romanticismo con tutto questo?>>
<<Beh alle feste c'è la musica, con la musica si balla... E cosa c'è di più romantico di ballare un lento?>> risponde incrociando le mani all'altezza del cuore ed assumendo un'espressione trasognante. Non la facevo così tanto "principessa delle fiabe".

<<Credevo che Justin non ti piacesse>> puntualizzo ricevendo in risposta un suo dito puntato contro con fare minaccioso. <<Ehi, ci sto lavorando>> esclama, poi.

Onestamente, adesso inizio a non essere più tanto sicura della mia decisione. L'idea di poter vedere Justin in un completo elegante mi ha allettata fin da subito; certo, continuo a pensare che non sia un evento che faccia per me, ma potrebbe comunque rivelarsi una serata interessante ed anche se non lo fosse passerei, in ogni caso, del tempo con lui e questo mi basta. Inoltre, anche se l'invito da parte di Jason mi ha stupita non devo stare necessariamente sulla difensiva.

Sospiro, maledicendomi per aver permesso a Sam di smuovere quella sicurezza con la quale mi ero imposta di non partecipare alla serata. <<Anche se cambiassi idea -e non succederà- non potrei certo presentarmi in jeans e maglietta>> osservo cercando di nascondere la contentezza che, in realtà, mi attraversa: considerando che la festa è domani e che, visto l'orario, i negozi sono già chiusi non c'è alcuna possibilità che possa trovare un vestito per l'occasione e questo mi dà un gran senso di sollievo. Ma ecco che la mia amica sfoggia un sorriso di chi la sa lunga, quasi diabolico. <<A questo lascia che ci pensi io>>.

Ancor prima che possa replicare in qualche modo inizia a trafficare all'interno del suo guardaroba gettando alla rinfusa i vestiti che le capitano a tiro dietro di lei, un paio di questi mi arrivano anche in faccia.

<<Ma dov'è?>> la sento bofonchiare, poi, come se avesse appena trovato un tesoro, riemerge dai meandri più nascosti dell'armadio esultando. <<Trovato!>>

Non appena si volta noto ciò che tiene tra le mani: un vestito di un rosso scuro, tendente al bordeaux e, persino io che non sono un'amante dello shopping e dei vestiti, non posso fare a meno di restare estasiata dalla raffinatezza di quel tessuto. <<Lo avevo preso per il matrimonio di mia cugina, ma sfortunatamente lo sposo ha annullato le nozze all'ultimo minuto>> mi spiega con una smorfia di disapprovazione. come se non provasse particolare simpatia per quel tipo e non posso darle torto; se non sei sicuro di volerti sposare allora non organizzi tutto per poi mandare ogni cosa all'aria, solo una persona meschina so comporterebbe così. <<Dovresti provarlo>> suggerisce, in seguito, porgendomi il vestito. I miei occhi saettano da lei all'abito, incerti quanto me su cosa sia più giusto fare, quando, alla fine, Sam me lo tira letteralmente addosso decidendo così per me. <<Avanti! Che stai aspettando?>>

***

Sono un completo fascio di nervi, mentre i metri che mi separano dal Plaza diminuiscono sempre di più. Non posso credere di starlo per fare veramente, accidenti a Sam e al suo fare tanto persuasivo! Non ho avvertito Justin del fatto che mi sarei presentata alla festa di suo zio, perché fino a dieci minuti fa non sapevo se sarei andata o meno: ho trascorso circa un'ora davanti allo specchio interrogandomi sul da farsi, osservandomi con il vestito che mi ha dato Sam. Devo ammetterlo, indossato è ancora più bello. È molto semplice, diverso dagli abiti appariscenti che di solito la mia amica indossa; le spalline che ricadono sulle spalle, il modo in cui si stringe in vita e poi la gonna che ricade più morbida, svasata. Lo adoro ed è assurdo, perché prima d'ora non ero mai andata pazza per una cosa così futile come l'abbigliamento, ma con questo abito mi sento bella, non "carina" o "okay", ma bella. Sul serio.
Anche Sam ha pensato fosse perfetto per me ed ha insistito per regalarmelo dicendo che stava meglio a me che a lei, visto che, a causa delle dimensioni del suo seno, le andava stretto sul petto, al punto che faticava a respirarci dentro -problema che io non ho con la mia seconda scarsa.

Ma, in ogni caso, faccio sempre in tempo a dire a Brad, l'autista del taxi -sì, ho deciso di prendere un taxi perché mi rifiutavo di guidare con i tacchi vertiginosi sui quali mi mantengo a malapena in piedi, anche se, col senno di poi, sarebbe stato meglio portare un paio di scarpe basse di riserva- di tornare indietro, la sua tariffa non farebbe altro che aumentare e non credo che ne sarebbe dispiaciuto.

No, Cassie, non farai la codarda, continuo a ripetermi mentalmente.

Prendo un gran respiro e stringo i pugni sul grembo. <<Sa dirmi quanto manca?>> chiedo curiosa ed ansiosa allo stesso tempo; non conosco bene questa parte della città e per quel che ne so potremmo essere giunti anche in un altro stato, anche se non ho notato cartelli che ci informassero di aver appena lasciato la California.

Brad mi lancia un'occhiata veloce dallo specchietto retrovisore per poi tornare a concentrarsi sulla strada. <<Siamo quasi arrivati, signorina>> risponde gentilmente. Annuisco, anche se so che non mi può vedere e scivolo sul sedile osservando, dal finestrino, l'asfalto sfrecciare sotto i miei piedi ed i numerosi lampioni che costeggiano la strada.

<<Serata importante?>> domanda l'autista ad un tratto. Scrollo le spalle, spostando l'attenzione dal finestrino al conducente ed alla strada che si para di fronte. <<Questo è ancora da vedere>> affermo con un mezzo sorriso.
<<Beh, è molto bella, sono sicuro che chiunque sia il suo lui rimarrà a bocca aperta>> il commento dell'uomo mi fa arrossire leggermente; non sono abituata a ricevere apprezzamenti del genere da sconosciuti, ma comunque lo ringrazio.

Solitamente non sono timida ed in un contesto diverso probabilmente gli chiederei qualcosa di più sui suoi figli, Aiden e Jamie, i quali, a detta sua, sembrerebbero dei piccoli Michael Jordan, per far passare il tempo, ma il punto è che sono così nervosa che mi mangerei le unghie, le mani e anche le braccia se potessi. Il tutto per una stupida festa in abito da sera. Sono proprio patetica.

Il viaggio, così, prosegue in un silenzio interrotto solo dal suono appena udibile della radio, e quando poi giungiamo di fronte ad un enorme hotel dall'insegna luminosa con tanto di uomini della sicurezza capisco che siamo giunti a destinazione.

Afferro la mia pochette e do all'uomo i soldi che gli spettano augurandogli un buon proseguimento di serata, cosa che anche lui fa e, impacciatamente, scendo dalla vettura facendomi aiutare da uno degli uomini addetti alla sorveglianza, il quale successivamente mi chiede di mostrargli un documento per verificare se sono sulla lista degli invitati.

Se non altro Jason è serio per quanto riguarda le sue faccende, mi viene da pensare.

<<Prego, dia pure la giacca a me>> si offre un ragazzo -che presumo si occupi del guardaroba- non appena varco la soglia dell'ingresso. Stordita dall'atmosfera di classe e dalla sfarzosità che si respira fin dalla porta mi sfilo la giacca e la porgo al tipo, il quale ad occhio e croce non avrà molti anni più di me.

Quando rivolgo il mio sguardo alla sala ne resto esterrefatta: decine e decine di persone sono riunite al suo interno, a destra vi è un piano bar dove alcuni avventori aspettano la loro ordinazione mentre sul lato opposto della stanza vi è una band che suona dal vivo, naturalmente musica soft e di atmosfera. L'intera stanza è agghindata con fronzoli di cui non conosco il nome ma che contribuiscono a conferire quell'atmosfera da Grande Gatsby, immagino, tanto desiderata da Jason e noto proprio il padrone di casa intento a conversare con due signori distinti. Seppur, teoricamente, questa festa sia a scopo caritatevole la brama di spiccare e mettersi in mostra dell'uomo è evidente.

Dalle scale, senza indugiare oltre,  cerco Justin con gli occhi scannerizzando attentamente qualsiasi ragazzo che abbia pressappoco la sua forma fisica. Quando, finalmente, lo trovo, lui sta parlando svogliatamente con un una signora, lo si nota dalla sua espressione annoiata che vorrebbe essere da tutt'altra parte in questo momento. Magari a mangiare patatine fritte sulla spiaggia. Sorrido al pensiero ed osservo la sua figura: la sua bellezza è accentuata dal completo scuro che indossa. Sotto la giacca nera porta una camicia bianca sbottonata tanto da riuscire ad intravedere la croce tatuata sul suo petto, mentre i capelli sono tirati indietro ordinatamente. Trasuda fascino da ogni poro. Cavolo.

Poi, quasi come se avesse avvertito la mia presenza, alza lo sguardo verso la scalinata per un istante, dapprima senza prestare troppa attenzione a me, ma lo rialza appena si rende conto di avermi vista. Come prima reazione sgrana gli occhi e schiude leggermente la bocca rimanendo quasi imbambolato, guardandomi come non credo mi abbia mai guardata prima d'ora. Mi sento avvampare quando, successivamente, mi sorride con gli occhi e con la bocca.

A quel punto mi convinco a scendere le scale senza staccare lo sguardo da quello di Justin. Lo vedo spintonare alcune persone pur di venirmi incontro ed io spero solo che le mie gambe, già molli, non decidano di abbandonarmi proprio adesso. Sarebbe terribilmente imbarazzante, oltre che doloroso, scivolare per tutti questi gradini.

Non appena supero l'ultimo piccolo ostacolo che mi separa da lui, qualcos'altro, o meglio qualcun altro si mette tra noi.

<<Cassie, che bello vederti>> prima che riesca a rendermene conto mi ritrovo una mano davanti alla faccia ed un Aaron che mi sorride compiaciuto. Lo guardo stranita e confusa. <<Ti va di ballare?>>

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