Disaster

By wrongperfectly

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COMPLETA. #1 in Teen Fiction il 7.02.19 #1 in Fan Fiction il 21.04.20 All'apparenza Cassie Anderson e Justin... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Epilogo
Ringraziamenti

Capitolo 43

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By wrongperfectly

Quando la sveglia inizia a suonare, intimandomi con quel suo suono fastidioso ad alzarmi, il mio primo istinto è quello di scaraventare l'oggetto fuori dalla finestra.

Girandomi da un fianco all'altro sul materasso, non ho chiuso occhio per tutta la notte; i miei pensieri hanno vorticato sopra la mia testa senza mai fermarsi un istante: la cena di ieri si è rivelata una catastrofe e non so se sono più arrabbiata con mia madre, per il suo finto buonismo e le domande invadenti e con mio padre per i suoi modi rudi, volti solo a mettere in soggezione Justin, oppure con me stessa. La discussione avuta col biondo nella sua auto, seppur breve, è stata particolarmente accesa e la colpa è solo mia: se avessi azionato il cervello e mi fossi fermata per un attimo a pensare le cose sarebbero andate diversamente. Non rimangio il giudizio che ho espresso sulla donna che mi ha messo al mondo, né, tantomeno, posso cambiare a comando i sentimenti rancorosi, dovuti a diciotto anni di mancanze e fatti che preferisco non ricordare, che nutro verso di lei, ma comprendo lo stato d'animo di Justin, solo che avrei voluto comprenderlo prima di lamentarmi di fronte a lui di una cosa così.

Insomma, in questo momento vorrei solo sprofondare.

Sbuffo sonoramente, prese dalla frustrazione, tuttavia, per quanto desideri restare nel mio letto per... Beh, per sempre, so di non poterlo fare. Devo affrontare la situazione ed il primo passo per farlo è strisciare fuori dalle coperte.

Senza un particolare entusiasmo, trascino il mio corpo fin dentro al bagno, sobbalzando dallo spavento quando mi ritrovo faccia a faccia col mio riflesso allo specchio. I capelli, solitamente lisci, sembrano aver assunto vita propria e le occhiaie che solcano i miei occhi sono scure e profonde, al punto tale che non credo basterebbe tutto il correttore del mondo per poterle coprire. In queste condizioni otterrei sicuramente la parte in qualche film horror.

Inizio a spazzolare energicamente la massa informe di capelli, dopo aver constatato che per le occhiaie non c'è niente da fare e solo quando il mio aspetto risulta più o meno decente mi decido ad uscire dal piccolo ambiente per indossare i primi vestiti che trovo a portata di mano nell'armadio -un jeans chiaro ed una semplice felpa con la zip-, dopo tutto devo andare a scuola, non alla cerimonia degli Oscar.

Con tutta fretta, scendo le scale, sperando di non incontrare nessuno dei miei genitori.
Speranza che, però, viene subita infranta.

«Buongiorno, principessa», esclama mio padre, raggiante e intento a rovinare l'ennesima colazione con le sue abilità culinarie. Io non mi prendo nemmeno la briga di rispondergli o chiedergli dove sia la mamma; sono arrabbiata con lui ed il fatto che faccia finta di niente dopo il comportamento che ha tenuto ieri sera mi fa arrabbiare ancora di più.
Ignorandolo, afferro una mela dal cesto di frutta e mi volto verso Tyler, intento a consumare una scatola di cereali. «Andiamo?» lo esorto, con il desiderio di lasciare quella cucina il prima possibile. Mio fratello bofonchia qualcosa di incomprensibile a bocca piena e poco dopo si alza per recuperare lo zaino che ha comodamente gettato nel bel mezzo del corridoio.
«Quindi non hai intenzione di rivolgermi la parola?» indaga papà a seguito della mia reazione, il tono duro.

Ha invitato Aaron a cena, nonostante sapesse che ci sarebbe stato Justin e non ha fatto altro che sminuire ogni cosa che quest'ultimo dicesse, cercando di mettere in evidenza quanto, secondo la sua mentalità ottusa, lui non vada bene per me... Davvero mi sta facendo questa domanda?

«Beh, tu che dici?» gli scocco un'occhiata furiosa. «Quello che hai tentato di fare ieri è stato davvero meschino».
«Cassie...» mormora e stavolta il tono è più indulgente.
«No, papà», lo interrompo bruscamente, prima che possa aggiungere qualsiasi altra cosa; non voglio sentire le sue stupide spiegazioni. I suoi occhi azzurri mi scrutano a fondo ed io mi convinco a non guardarli per non finire col cambiare idea. «Devo andare a scuola», è tutto ciò che dico prima di aggiustarmi la borsa sulla spalla e dirigermi verso la porta d'ingresso, senza più voltarmi.

***

«Sono preoccupata...» mormoro a Xavier, seduta in un bar, due giorni dopo.
«Non devi esserlo», mi assicura lui.

Justin non risponde alle mie chiamate o ai messaggi e tantomeno si è presentato a scuola. Le lezioni sembrano non terminare mai in sua assenza e tutti mi guardano come se fossi una sottospecie di marziana ogni volta che attraverso i corridoi. Ieri, nel bagno delle ragazze ho pure beccato due studentesse del penultimo anno fare del gossip su di me e su un possibile bambino in arrivo che, secondo loro, è l'unico motivo che spieghi perché uno come Justin mi frequenti e, non solo, hanno pure affermato che la pancia inizia a vedersi dandomi, in parole povere, della grassona. Inutile dire che sono solo un mucchio di stronzate e che quando ho aperto la porta del water per andare a lavarmi le mani, sono rimaste di sasso nel realizzare che avessi sentito tutto. Ma la loro espressione, per quanto appagante, non mi è bastata e così, come è mio solito fare quando qualcosa non mi sta bene, non ho potuto fare a meno di rispondergli per le rime e mettere a tacere quelle due pettegole. Non sopporto chi fa congetture senza nemmeno conoscere le persone; non hanno il diritto di mettere in giro certe voci e non lo hanno nemmeno per dirmi che sono obesa. Gli unici che non mi trattano come una decerebrata sono Sam e Luke, col quale ho legato particolarmente nelle ultime settimane. Forse, il fatto che sia l'unica a conoscenza della sua passione sfrenata per l'elettronica ha fatto in modo che ci avvicinassimo.

Avendo avuto l'occasione di conoscerli, posso davvero affermare che l'unica cosa che hanno in comune oltre al cognome è la loro data di nascita: lui, dietro quella facciata da latin lover un po' smemorato, nasconde un ragazzo buono ed altruista che sì, è anche un po' nerd, mentre Sam è un vulcano di energie che non va certo a braccetto con l'informatica o con qualsiasi altra cosa che abbia a che fare con lo studio. Abbiamo avuto le nostre discussioni in passato, io e lei, ma sono felice di aver potuto chiarire.

Ma ora i miei pensieri hanno tutt'altra matrice.

Dopo aver fissato abbondantemente un punto indefinito del tavolino quadrato, mi convinco ad alzare gli occhi verso quelli di Xavier, così scuri da sembrare due buchi neri e attraverso i quali sembra riuscire a leggere le mie perplessità. «Justin è fatto così, Cassie», asserisce bevendo un sorso della sua bibita, prima di riprendere: «A volte ha bisogno di starsene da solo».

Il rumore di una sedia strusciata sul pavimento a qualche tavolo di distanza da noi mi provoca un fastidio allucinante, facendomi spostare momentaneamente l'attenzione dal volto di quello che, ad oggi, posso definire uno dei migliori amici che abbia mai avuto. Non mi sorprende che Justin sia così legato a lui; Xavier è davvero una perla rara in questa città. Mi viene da ridere se ripenso alla prima volta che l'ho incontrato e a come lo pedinai per mezza San Francisco, sperando che mi portasse dritta da Justin. Incredibile come le cose si siano evolute da quel giorno.

Sospiro, poi, ravviandomi i capelli e tornandomi a concentrare sul suo viso dai lineamenti marcati. Non si può certo dire che sia un brutto ragazzo.
Mi mordo una guancia e «Temo di aver fatto un casino...» ammetto, con disperazione.
«Non pensarlo nemmeno per un momento», mi dice lui, porgendosi in avanti e posando la mano sulla mia spalla, in segno di conforto. Quel gesto mi induce a guardarlo nuovamente negli occhi, «Conosco Justin da molto tempo e non l'ho mai visto tanto felice come quando sta con te», afferma, un sorriso tenero si forma ai lati della sua bocca, facendo spuntare due profonde fossette, «Lui ti ama e non c'è niente che tu abbia da rimproverarti».
Vorrei potergli dire che si sbaglia, che è solo colpa mia e della mia bocca larga perché è evidente che non sia a conoscenza della discussione avuta tra me e Justin l'altra sera, ma tutto quello che faccio è torturarmi il labbro.

«Che posso fare?» gli chiedo, dopo un lungo silenzio.
Il ragazzo scrolla le spalle, «Solo dargli del tempo».
«Tempo», sussurro a me stessa scivolando sullo schienale della sedia.

***

Xavier ha ragione.

Forse l'unica cosa che serve a Justin è un po' di tempo per se stesso. Insomma, tutti necessitano di avere i propri spazzi e chiarirsi le idee ogni tanto, non per questo significa che siamo in crisi... No?

E allora perché sto imboccando la strada che porta a casa sua?

Perché sei un'idiota Cassie, ecco perché.

Probabilmente il mio subconscio ha ragione, ma è più forte di me: non posso restarmene buona buona con le mani in mano fino a quando non deciderà lui di farsi vivo, non è così che sono fatta.

Devo andare da lui, parlargli e sistemare le cose.

E soprattutto, devo fargli capire che non è solo, che ha me, Xavier... Che non deve per forza lottare le sue battaglie in solitaria.

Determinata a raggiungere queste scopo, parcheggio in uno spiazzo non molto distante dall'enorme villa dei Bieber.

L'aria di fine inverno mi solletica le guance mentre percorro a passo spedito i metri che mi separano dalla casa. Una volta giunta nel cortile non vedo nei paraggi né la Range Rover di Justin né, per fortuna, nessuna delle auto sportive di Jason.

Intuendo che non ci sia nessuno, non mi faccio, però, demoralizzare: armata di pazienza, mi siedo sul marciapiede di fronte alla strada e decido di aspettare fino a quando qualcuno non tornerà -sperando vivamente che quel qualcuno sia Justin e non quell'odioso di suo zio-.

E così aspetto.

E aspetto.

E aspetto.

Dopo tre ore seduta in quel punto, il mio fondoschiena si è addormentato e lo stomaco inizia a brontolare per la fame, ma lo supplico di resistere. D'altronde, dovranno pure tornare prima o poi?

Il sole è già calato da un pezzo quando scorgo in lontananza i fari di un'auto familiare farsi sempre più vicini e accecanti. Con uno scatto ed il sedere ancora addormentato mi alzo in piedi, non appena il veicolo mi passa accanto; Justin ha l'aria assente, persa nel vuoto, tant'è che non si accorge della mia presenza fino a quando non si ritrova ad un metro da me.

«Cassie?» chiede stupito, dal finestrino abbassato,
Mi dondolo sui talloni come una bambina, «Dobbiamo parlare», dico semplicemente, col cuore che scalpita nella gabbia toracica. Accidenti, non mi ero accorta di essere tanto nervosa fino al preciso istante in cui i miei occhi non hanno incontrato i suoi.
Lui si passa una mano tra i capelli, la sue labbra formano una linea perfettamente retta.
Poi, senza aggiungere una parola, armeggia col telecomando elettronico del cancello che, immediatamente, inizia ad aprirsi, mentre io resto immobile osservando come parcheggia la Rover nell'enorme spiazzo della villa.

Scende e si volta nella mia direzione. «Entri o no?»

Deglutisco a fatica mandando giù il groppo che mi si è formato dentro la gola e, con l'ansia che mi pulsa nelle vene, lo seguo fin dentro la casa.

Spazio autrice

Okay, mi scuso per il capitolo penoso ed estremamente corto, ma ho preferito dividerlo adesso (anche perché dopo non mi sarebbe stato possibile) e riprendere da dove abbiamo lasciato Justin e Cassie all'inizio del prossimo, così da creare un po' di suspense. 😛

Secondo voi cosa si diranno? E dove sarà stato Justin per tutto il tempo?

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