Una nuova vita || The Walking...

By akyre019

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Kendra, una semplice ragazza, vittima anch'essa del nuovo mondo infetto. In queste pagine virtuali leggerete... More

Capitolo 1 : Il ritorno
Capitolo 2 : Casa
Capitolo 3 : Il piano
Capitolo 4 : Le tre domande
Capitolo 5 : Prigioniera
Capitolo 6 : Ricordi
Capitolo 7 : Ying e Yang
Capitolo 8 : La bella e la bestia
Capitolo 9 : Giano
Capitolo 10 : Reset
Capitolo 11 : War
Capitolo 12 : Punto e a capo
Capitolo 13 : Montagne russe
Capitolo 14 : Non può esserci solo orrore
Capitolo 15 : Frantumi
Capitolo 16 : Sporche verità
Capitolo 17 : Impura
Capitolo 18 : Inchiostro
Capitolo 19 : Kâuma
Capitolo 20 : Collisioni
• Messaggio •
Capitolo 21 : Quelli che arrivano sopravvivono
Capitolo 22 : Never trust
>SEASON FINALE<
Capitolo 23 : Non si torna indietro
Capitolo 24 : Niente è come sembra perchè niente è reale
Capitolo 25 : Acacia
Capitolo 26 : Negazione
• Messaggio •
Capitolo 27 : Nessuna Tregua
Capitolo 28 : Scacco Matto
Capitolo 29 : Cielo
Capitolo 30 : Neve
Capitolo 31 : Al posto mio
Capitolo 32 : Persone
Capitolo 33 : Aspettative
Capitolo 34 : Tormenta
Capitolo 35 : A nudo
• Informazione •
Capitolo 36 : Champagne
• Vi Amo •
Capitolo 37 : Frida Kahlo
Capitolo 38 : Ametista
Capitolo 39 : Pillole di vita
Capitolo 40 : Anestesia
• Party •
Capitolo 41 : Do you need some time
Capitolo 42 : Sete
Capitolo 43 : Metamorfosi
Capitolo 44 : The bad guy
Capitolo 45 : Punizione
Capitolo 46 : Cicatrici
Capitolo 47 : Tutti i nodi vengono al pettine
Capitolo 48 : Mozziconi
Capitolo 49 : O te o lui
Capitolo 50 : Mayday
Capitolo 51 : Bodyguard
Capitolo 52 : Qualcosa in più
Capitolo 53 : Wolves
Capitolo 54 : Limbo
• 13 Cose che non sai di me •
Capitolo 55 : Resurrezione
Capitolo 56 : I buoni
Capitolo 57 : Questione di priorità
Capitolo 58 : Fiamme
Capitolo 59 : Germogli
Capitolo 60 : Ciò che è ancora
Capitolo 61 : Anche i demoni hanno un cuore
Capitolo 62 : Odi et Amo
Capitolo 63 : Fuga
Capitolo 64 : Tramonto
Capitolo 65 : Caramelle
Capitolo 66 : Viviamo
Capitolo 67 : Luna di miele
Capitolo 68 : Let's drink and talk
Capitolo 69 : Cetrioli
Capitolo 70 : Ride with Dixon
Capitolo 71 : Darci un taglio
• 20k •
Capitolo 72 : Collapse
Capitolo 73 : Un dito in meno, ma un giorno in più
Capitolo 74 : Condannati
Capitolo 75 : Ora o mai più
Capitolo 76 : Due patate o un maiale
Capitolo 77 : Un trio inusuale
Capitolo 78 : A mali estremi, bevi e rimedi
Capitolo 79 : Solo affetto
Capitolo 80 : Aspettami
Capitolo 81 : Restare

Capitolo 82 : La mia costante

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By akyre019


L'acqua gelida scivolava sul mio volto, accompagnata dal suono pieno che derivava dalla porta. Un tonfo dietro l'altro, la distanza d'attesa diminuiva vorticosamente fra questi col passare dei minuti. Serrai le labbra, fissando l'ombra proiettata sul pavimento. Non volevo rispondere. Chiunque fosse, non mi importava. Speravo che capisse, che quella figura nera sparisse dalla mia vista. Invece, la mano si scagliò nuovamente sul legno, seppur con forza limitata.

-Kendra, so che sei lì dentro.

Di male in peggio.
Daryl Dixon non se ne sarebbe mai andato. Uno qualunque avrebbe presto perso la pazienza, lasciandomi stare e ignorandomi fino al giorno dopo. Ma Daryl, nossignore, lui non avrebbe affatto mollato finché non avrebbe ottenuto ciò che aveva in mente. E, per quanto potesse essere nel giusto o meno, io non volevo udire una singola parola uscire dalla sua bocca. Amen se era venuto per scusarsi. Amen se avrebbe dato la colpa al liquore. Del vero nelle sue frasi c'era stato senz'altro, inutile negarlo. Oltretutto, adesso non mi trovavo nello stato ideale per affrontarlo, per guardarlo negli occhi senza sentirmi una merda totale. La tequila aveva fatto il suo effetto, visto che il cervello continuava a darmi dell'insensibile troia.

-Vattene.

Fu un sibilo deciso il mio, ma ovviamente non lo scalfì di un millimetro.

-Non mi muovo da qua.

Sospirai, abbassando la testa.
Non che avessi sperato di convincerlo, ma probabilmente avevo erroneamente creduto nel suo buon senso. Perché diavolo Rick non gli aveva impedito di raggiungermi? Come aveva potuto lasciarlo andare, credere che volessi parlarci dopo quello che era appena successo.

-Conto fino a tre. - informò, abbassando la maniglia - E poi entro.

Era già tanto che non fosse entrato alla prima, senza neanche chiedere il permesso. Un briciolo di educazione ogni tanto sembrava far capolino nella sua testa.
Al tre, la porta si spalancò lentamente, come se Daryl avesse temuto di trovarmi in qualche situazione scomoda. Non mi voltai a guardarlo, non ne avevo il coraggio. Percepivo comunque il suo sguardo insinuarsi in me, come fosse sale gettato su una ferita. Egli rimase immobile per qualche secondo sulla soglia, osservando la scena pietosa che aveva di fronte. Una donna in lacrime, con una bottiglia quasi vuota di tequila fra le mani, sotto il getto ghiacciato della doccia. Insomma, una meraviglia.

-Cristo, che diavolo sta succedendo adesso? - borbottò, arrancando verso la vasca.

A giudicare dai suoi movimenti, sembrava essere tornato abbastanza lucido mentalmente, ma l'alcool era ancora presente nel corpo in grandi quantità. Quindi, ad essere sincera, temevo in una seconda sfuriata da parte sua.
Non appena però le sue mani si posarono sulla manopola, intente a bloccare l'afflusso d'acqua, vi posai le mie, cercando di scacciarlo.

-Così ti prendi un malanno, non fare la cretina.

Avrei voluto controbattere, avere la forza di affrontarlo a pieno petto. Magari sarebbe bastato confessargli ciò che era avvenuto nella stanza affianco in cucina per vederlo sparire, ma ero una vigliacca.

-Mi serve. - farfugliai.

E mi serviva per davvero. Non solo per pulirmi metaforicamente di quel gesto, quanto per punirmi.

-Vuoi dirmi che hai?

Non risposi, perché qualcosa aveva già capito. Non credeva che la mia situazione attuale fosse dovuta unicamente alla sua scenata folle. Aveva intuito che qualcos'altro mi stava divorando. O forse, notando l'alcolico, stava ipotizzando qualche effetto negativo. Speravo più in quest'ultima opzione.

-Kendra, sto perdendo la pazienza.

Le sue dita erano ancora bloccate sotto ai miei palmi. E non perché la mia stretta fosse particolarmente ferrea, quanto perché non aveva tentato di fuggire a quel contatto, come se l'idea non gli fosse affatto sfiorata. Il suo sguardo, però, pesava su di me ed io non avevo la forza per sostenerlo.

-Non dovresti essere qui. - precisai, separando le nostre mani.

Daryl fece qualche passo indietro, ma non se ne andò. Chiuse la porta, squadrandomi con espressione confusa e dispiaciuta, e camminò fino a raggiungere il gabinetto. Abbassò la tavoletta e vi si sedette, adagiando la schiena alla parete piastrellata d'azzurro, in modo da essere posizionato di fronte a me.

-Invece penso di essere proprio nel posto giusto, per una volta.

In un altro momento, in un contesto differente qualsiasi, credo che sarei stata felice di udire un'affermazione del genere.

-Tu non capisci. - biascicai.

Così come io non riuscivo a capire me stessa.
Esasperato, Daryl si passò le mani sulla faccia, picchettando la nuca sulla mattonelle.

-Allora fammi capire, perché al momento sei imbarazzante.

Mi strinsi le ginocchia al petto. Era tutto uno schifo, io ero lo schifo. Non avrebbe dovuto essere qua, a perdere tempo per una come me. Daryl meritava di meglio e, forse, inconsciamente lo aveva sempre saputo. Dopotutto, aveva sempre tentato di tenermi a distanza. Ero io ad aver sbagliato, a non avergli dato retta. Avevo fatto di tutto per raggiungerlo e poi, una volta arrivata al traguardo, non l'ho superato, anzi, mi sono voltata, rendendo vani tutti gli sforzi compiuti.
Il suo volto portava ancora i segni dei miei pugni. La ferita al sopracciglio era coperta da due sottili strisce bianche, mentre il labbro inferiore era leggermente gonfio, come lo zigomo sinistro violaceo. Non mi pentivo di averlo picchiato, il dolore fisico sarebbe stato nullo una volta scoperta la verità.

-Al diavolo! - sbuffò spazientito, togliendosi le scarpe alla rinfusa.

No, ti prego.
Fermati.
Le mie pupille vigili seguivano le sue mosse come avrebbe fatto un gattino spaventato di fronte ad un cane lupo.
Fermati.
Lo pensavo, ma la mia gola impediva alle corde vocali di emettere un qualunque tipo di vibrazione. E intanto, Daryl si avvicinava.
Fermati.
Non volevo averlo vicino, non volevo corroderlo.

-Fanculo. - borbottò, entrando in vasca.

Mi irrigidii, non appena lo vidi sedersi dietro di me. In un attimo, fui circondata dalle sue gambe, mentre le mani mi cinsero al suo petto. Ero in trappola. Quanto potevo essere orribile ad aver desiderato un abbraccio del genere per giorni, se poi lo avevo tradito senza troppi problemi? Percepivo il suo respiro sul collo, il pizzetto crespo pizzicarmi l'orecchio. E mentirei, se vi dicessi che una minuscola parte di me non fosse felice.

-Non lo merito, non valgo tanto sbattimento. - mi sfuggì l'abbozzo di un singhiozzo.

Odiavo sentirmi vulnerabile, non ero io quella da consolare.

-Vuoi darti una calmata? - mi spinse maggiormente verso di sè, in modo da poter adagiare la guancia alla mia tempia. - Shh.

Soffocavo i singhiozzi, ma la schiena vibrava al ritmo del pianto silenzioso. Le lacrime venivano trasportare via dall'acqua, mischiandosi in quel vortice in prossimità dello scarico. Daryl se ne stava in silenzio. Il suo tocco leggero percorreva la linea delle mie braccia, mentre i suoi abiti si stavano infradiciando ad ogni ticchettio di secondo. Ma non batteva ciglio, restava con me in quello stato sospeso. Lo amavo. O almeno, credevo di amarlo. Stavo bene, in quell'abbraccio, in quella muta vicinanza, ero più leggera. Riuscivo a dimenticare il resto, i vaganti, la merda generale. Esistevamo solo noi due, nella nostra piccola e fragile bolla.
E allora, perché mi ero concessa a Rick?
Perché mi ero sentita libera nei suoi baci?

-Lo sai, non sono molto bravo in queste cose. Insomma, in queste situazioni. Non ho la più pallida idea di cosa tu voglia sentirti dire. Finisco sempre con sparare una stronzata delle mie e tutto degenera in una lite. - abbozzò una risata - Ma, voglio dire, io sono stanco di questi continui battibecchi. Con te, soprattutto con me, non esiste niente di semplice. E mi va bene. Dopotutto, non ho mai avuto niente di facile in vita mia. Non credo proprio di esserci portato.

Chiusi gli occhi, sperando che l'alcool ingerito non mi avesse bruciato troppi neuroni. Non volevo dimenticare quelle parole. Anche se non era giusto, anche se mi sentivo una schifezza nei suoi confronti, quello era il massimo che potesse avvicinarsi ad una sottospecie di dichiarazione. Era tanto, troppo per uno come lui. Eppure l'aveva appena detto.

-Io sono una merda, ma tu sei uno stronzo, Dixon. Avresti dovuto dirmelo prima. Cioè, pensaci. In questa settimana è successo di tutto. Sei scappato. Abbiamo avuto l'incidente. Sono stata morsa. Siamo quasi morti, tu sei stato quasi divorato sopra di me. Tu, tu eri disposto a farti uccidere addosso a me, cazzo. Hai una vaga idea di come la cosa sia stata elaborata nel mio cervello? È lì, che spinge. Spinge, spinge e spinge, tanto che vuole uscire. Ed io, giuro, la caccio sempre più in fondo, ma lei torna sempre. Io ti guardo e vedo quella fottuta macchina nera. Io ti parlo e sento quei lamenti. Lo so che non è successo, lo so questo. - fiatai, finendo tutto l'aria in corpo. Ma non avevo finito, c'era dell'altro - Ho perso tuo figlio, Daryl. Ho perso qualcosa di nostro. E te ne sei andato, hai avuto il coraggio di andartene. E lo avresti fatto di nuovo, in quell'orda di vaganti. Saresti stato disposto ad andartene.

Una parte di me si era spezzata quel giorno, al risveglio dal coma. E per quanto avessi tentato di fingere il contrario, in qualche modo ne ero rimasta sfregiata.
Daryl serrò la mascella, aumentando la forza della stretta. Non poteva parlarne, non riusciva a parlarne, ma lo capivo, sentivo che stava soffrendo quanto me, se non di più.

-Anche se non lo dici, lo so che soffri quanto me. - sussurrai, intrecciando le dita alle sue - Ma stavolta è diverso, Daryl. Stavolta ..

Stavolta ero io ad essermi allontanata. Così come Daryl era stato disposto ad andarsene, in quell'auto, io lo avevo tradito.
Fu inaspettato quello che avvenne.
Mi prese il mento fra le dita, costringendomi a guardarlo. I capelli bagnati, quegli occhi sofferenti. Mi sentivo immensamente piccola e indifesa sotto al suo sguardo loquace.

-Stavolta è come sempre, intesi? Lo superiamo. Mi hai promesso di non mollare, ricordi? Hai detto che avrei dovuto abituarmi all'idea di averti sempre fra i piedi. - disse, a due centimetri dalle mie labbra - Ho intenzione di farlo.

Lo dici perché sei ubriaco.
Lo dici perché non sai, Daryl Dixon.

*

Non avevo chiuso occhio. La notte era passata così, insonne fra i pensieri e il replay delle scene avvenute. Una tortura in loop. Il sole si era preso la mia stanza già da un paio d'ore, insinuandosi in ogni superficie presente. Neppure quel bagliore insistente riusciva a darmi il coraggio di scivolare via da quel materasso stranamente spigoloso e scomodo. Daryl mi aveva baciata poi, in quella vasca intrisa di tequila, con leggerezza. Un semplice tocco di labbra, come a suggellare le sue parole. Una promessa, una promessa della sua presenza presente e futura. Ed io ero rimasta lì, immobile nella sua presa, incapace di comprendere come non fosse riuscito a percepire il passaggio di qualcun altro sulla mia pelle. Non ero riuscita a dirglielo. Non ero riuscita a rovinare quel frammento di noi che era rimasto. Egoisticamente, ho voluto godermi quegli istanti per poterli custodire gelosamente nel mio cuore, in previsione di un futuro disastroso e violento.
Gli occhi sul soffitto, l'emicrania lancinante.
Volevo illudermi che tutto sarebbe andato per il meglio, che ogni cosa sarebbe riuscita a trovare il proprio posto con le proprie forze, senza dover includere obbligatoriamente una mia azione tempestiva. Potevo forse cacciarmi in situazioni peggiori di questa? Se fossi rimasta ferma, forse le cose attorno a me avrebbero continuato a girare fino a trovare il giusto percorso senza inciampare nella mia figura ostacolante. Insomma, avrei fatto un favore a me stessa.
Daryl mi aveva rinvolto in una coperta e trascinata fuori da quel bagno, borbottando quanto fossi stupida ad ogni passo fino a casa. Ricordo di essermi voltata, di aver visto l'ombra di Abraham alla finestra, l'anima della festa. Là che gesticolava, preso dal vivido racconto che stava inscenando.
Ricordo di aver pensato che avrei voluto essere catapultata a qualche ora precedente, in modo da poter evitare tutto quello che era drammaticamente avvenuto. Avrei potuto salvare il mio piccolo blocco scheggiato di questo strano e contorto disegno del domino. Invece, avevo vacillato. Ero caduta, portandomi dietro tutto.
Era questo il dettaglio che più mi restava indigesto, la consapevolezza che il mio crollo non era stato solitario.
Mi alzai di scatto, ignorando l'effetto collaterale del mio povero cervello. Forse un'aspirina sarebbe stata ben gradita. Mi ressi la testa, barcollando in corridoio fino al soggiorno. Daryl dormiva sul divano, col volto rivolto verso la pelle imbottita di questo, come a volersi riparare dalla luce mattutina.
Era rimasto, come promesso.
La sua presenza non era altro che una conferma.
Uscii di fretta, convinta della decisione appena presa. Avrei parlato con Rick, avrei chiarito la cosa e messo la parola fine a tutte le complicazioni recenti. Avrei azzerato tutto, ricominciato da capo con me stessa e gli altri.
Non badai a miei abiti indossati alla rinfusa la notte precedente, vestiti che l'arciere mi aveva lanciato scavando a casaccio nel cassetto.
Una t-shirt over-size grigia sovrastava un paio di jeans rovinati all'altezza delle ginocchia e la stoffa in eccesso di questi era tutta arricciata alla mie caviglie. Amen. Superai il pezzo asfaltato che divideva la mia casa dalla sua ed afferrai senza esitazione la maniglia, spalancando la porta. Non chiesi 'permesso', non bussai, entrai e basta con passo spedito, pronta a dire o fare qualunque cosa. In realtà non mi ero nemmeno preparata un discorso, stavo semplicemente andando ad esplodere contro lo sceriffo, come se la colpa fosse stata soltanto sua. Fu la presenza di Carl a bloccarmi, altrimenti sarei stata già per le scale. Fu proprio vedere Carl sobbalzare e lasciar cadere il cucchiaio nella tazza dei cereali a darmi uno schiaffo. Non tanto per la mancata educazione, quanto per la posizione in cui si trovava. Seduto sul ripiano della cucina, con le gambe penzolanti, mi fissava con quel suo unico occhio rimasto, rendendo il cipiglio ancora più marcato.
Era proprio lì, in quel circoscritto spazio in cui io e suo padre avevamo consumato i litri di liquore di troppo.
Era proprio lì che, incurante, si stava godendo la colazione.

-È successo qualcosa? - domandò, ripescando la posata zuppa di latte.

Aprii la bocca, ma le parole ci misero qualche secondo ad uscire con un senso.

-No, io.. devo solo.. è tutto okay.

-Sicura? Sembri sconvolta.

Lo ero, in un certo senso, visto che stavo rivivendo ogni secondo di quel momento liberatorio. Soltanto che adesso spuntava a far capolino la faccia truce di Carl. E non era proprio una bella sensazione.

-È il dopo sbornia, ho il cervello ancora addormentato.

Sembrò crederci, sorridendo mentre masticava qualche fiocco d'avena.

-Tuo padre è in .. - ma non ci fu bisogno di completare il quesito.

Una risata femminile interruppe l'interrogativo, così come alcuni passi al piano di sopra. Carl sbuffò un po' infastidito e imbarazzato, mentre io fissavo la tromba delle scale in attesa di vedere ciò che temevo.
Michonne apparve sul pianerottolo coperta a stento da un asciugamano color crema. Rideva, zampettando velocemente sul parquet con i piedi nudi. Non mi vide, tirando a dritto fino a sparire in una stanza.
Poi, ecco lo sceriffo restare immobile in cima alle scale, con lo sguardo rivolto al corridoio dove la samurai era appena passata. Gli occhi sognati, un abbozzo di sorriso. I capelli erano fradici, il che significava che erano appena usciti di doccia assieme.
Il che significa che ero la sola ad essere rimasta così tanto in paranoia.
Rick aveva già messo una pietra sopra la vicenda, aveva già accartocciato il tutto e buttato via con un lancio niente male. Mentre io, per quanto tentassi, non riuscivo a togliermi dalla mente quel misero pezzo di carta di memoria. Lanciavo, ma questo rimbalzava soltanto sul bordo del cestino del dimenticatoio.
Si occupò dei bottoni della camicia blu, affrettando il passo sui gradini con sicurezza. Ma non appena ebbe terminato di posare lo sguardo sulle proprie dita, incrociò me con espressione indecifrabile. Rimanemmo a squadrarci per qualche angosciante secondo, finché non arretrai.

-Passo più tardi. - fu tutto ciò che riuscii ad elaborare come frase, mentre mi lanciavo a capofitto nel vialetto esterno.

Tutte le mie buone intenzioni erano andate a farsi fottere. Perché per quanto mi fossi detta che avrei voluto chiudere la questione, la vista di Michonne mi aveva ferita. Non tanto perché fossi gelosa di lei - ammetto che paia inverosimile, ma ero felice per lei, lo ero davvero - quanto per la facilità con la quale Rick aveva elaborato il tutto.
Io non riuscivo a guardare negli occhi Daryl e quello se l'era spassata alla grande. Mi sentivo più rintronata del solito.
Ovviamente lo sceriffo si era catapultato nel mio inseguimento, sotto lo sguardo attonito di Carl che ci spiava dalla finestra.

-Kendra, fermati!

E mi fermai, voltandomi come una trottola impazzita.

-"Abbiamo qualcosa".

-Che? - chiese confuso, arrestandosi a pochi passi da me.

Inspirai, cercando di smorzare il tono accusatorio.

-Ieri notte, hai detto "Io e Michonne abbiamo qualcosa".

-Sì, è quello che ho detto. Ma..

-Ma cosa diavolo significa "qualcosa" ?

Aggrottò la fronte, sospirando rumorosamente.

-Credo di non riuscire a seguirti.

-Non so, lì per lì ho cercato di auto-convincermi che "qualcosa" non fosse niente di serio, che magari vi eravate appena avvicinati, che c'era stato qualche bacio, un cambiamento improvviso della vostra relazione 'collaborativa'. Ho sperato di non essere in torto, di non star tradendo almeno la mia migliore amica e, dannazione, invece c'è molto di più. Come diavolo ho fatto a non accorgermene, com'è che alla festa non me ne sono resa conto?

-Avrebbe fatto la differenza?

-Forse? Che diamine, voglio augurarmi di sì.

Possibile che fossi l'unica alla quale l'alcool avesse bruciato qualche neurone di troppo? Rick era così serio da infastidirmi, sebbene ammirassi il suo autocontrollo.

-L'abbiamo tradita entrambi, Kendra. È stato un errore, un errore egoistico. Mi sento un pezzo di merda per aver pugnalato alle spalle una donna del genere. Lei non merita questo e forse non merita nemmeno me, ma voglio credere il contrario. Voglio illudermi di poterla rendere felice, di poterle regalare una sorta di pace che ha perso da tempo.

La sua voce graffiata era costretta in un sibilo sofferto, eppure mi mancava ancora qualche pezzo del puzzle.

-Vuoi farmi credere che è stato solo colpa del liquore? Che fra me e te non c'è mai stata un briciolo d'intesa?

-Sai benissimo che non è così.

Mi afferrò per il polso, avvicinandosi fino ad invadere ciò che verrebbe chiamato spazio personale.

-Lo senti questo? - sussurrò - La tensione che c'è fra noi?

Se la sentivo? Non credo sia necessario rispondere. Per quanto mi sforzassi di non star provando niente in quell'esatto istante, i suoi occhi azzurri mi stavano scuotendo l'animo, contorcendomi le budella.

-Dove vuoi arrivare? - borbottai, tentando con tutte le mie forze di sembrare impassibile.

-È carica sessuale e niente più. - affermò, spiazzandomi - Non me ne vergogno, lo ammetto. Ti ho desiderata, parecchie volte. Ed ho sempre voluto credere che ci potesse essere dell'altro, che non potessi essermi ridotto a questi istinti carnali da astinenza. Ma io sono un uomo e tu sei una ragazzina, Kendra.  E non fraintendermi, non parlo dell'età, quanto del vissuto. Ero un marito, un padre di famiglia assente, risucchiato dal lavoro. Ho perso mia moglie e, ringrazio ogni giorno chiunque ci sia a questo mondo, ho ancora i miei figli con me. Continuo ad essere un padre, un leader per questa comunità e spero un esempio per queste persone. Tu..

-Stai dicendo, che io non potrei mai capirti. - lo interruppi - Che io non potrei mai comprendere il tuo passato, sapere come starti accanto, avere l'intuito di come aiutarti. E questo, perché sono una ragazzina. Perché non so cosa significhi essere madre, perché, a dire il vero, non potrò mai saperlo.

-Kendra, non travisare ciò che ho appena detto.

-No, è okay. Lo capisco. Michonne è stata moglie, è stata madre, ma non ha avuto la tua stessa fortuna. Lei ha perso molto e tu credi di poterle restituire qualcosa. Vi mancano dei pezzi e sperate di trovarli l'uno nell'altra. È giusto, è una bella cosa.

-Lo pensi sul serio?

-Sì, Rick. Credo tu abbia ragione. Ero confusa, volevo un chiarimento su ciò che è accaduto, volevo capire se potesse esistere un noi in futuro o se era soltanto la sbronza a riempirmi di tutte queste domande insensate. - lo abbracciai, priva di risentimento alcuno - Michonne ha bisogno di te quanto tu di lei. Io continuerò ad essere la mina vagante che va ad infilarsi nelle più disperate situazione, quella che si diverte a non darti mai retta, quella che ti farà venire un infarto prima o poi.

Sorrise, ricambiando l'abbraccio come fossimo buoni amici di vecchia data. E, in un certo senso, lo eravamo.

-Sai bene che sei molto di più di una semplice combinaguai, Kendra. E sai altrettanto bene che hai trovato in Daryl ciò che io ho trovato in Michonne. Quindi, per il bene delle persone a cui teniamo, fra noi non è mai successo nulla.

Confermai e lo lasciai tornare alla propria casa, non c'era bisogno di far soffrire due persone buone come loro. Non c'era proprio bisogno di perdersi in vicoli a fondo chiuso. Non mi era chiaro se Rick fosse sicuro al cento per cento che fra noi non avrebbe potuto funzionare, ero più dell'idea che avesse obiettivamente ragionato sulla cosa più giusta da fare, per tutti e non solo per noi due. Ma avevo evitato di sottoporlo a tale quesito, anche perché probabilmente non volevo averne la risposta.
Tornai a casa, dopo aver fatto un giro intorno alle mura, dopo aver salutato Sasha al posto di guardia, dopo aver ricevuto un pacca rintronante da Abraham, dopo aver accarezzato la pancia di Maggie, dopo aver fatto qualche chiacchiera spensierata con Glenn e scansato a botta di culo Carol, sebbene sapessi che prima o poi sarei stata costretta ad affrontarla.
Tornai a casa dall'unica persona che, nei suoi singolari e discutibili modi, c'era sempre stata.
Dai grugniti che udii, Daryl stava ancora combattendo fra il sonno e i fasci di luce. Incredibile, non riusciva ad aver pace nemmeno mentre dormiva. Abbassai le tapparelle della sala e mi accoccolai nella poltrona vicino al divano, smettendo di pensare alla miriadi di variabili, focalizzandomi solo sulla mia costante. Daryl Dixon.

-Ormai sono sveglio. - bofonchiò, giusto per annullare il mio gesto affettuoso.

-Puoi sempre appisolarti di nuovo.

-Dobbiamo andare ad Hilltop.

Fece per sollevarsi, ma intrecciai le dita a quell'ammasso di capelli spettinati che, essendo stati bagnati, avevano preso la forma del cuscino del divano, ed egli bloccò l'azione, come se stessi opponendo forza.

-Non c'è fretta, Jesus sta ancora dormendo.

In realtà non avevo idea di dove fosse o cosa gli potesse essere successo, mi piaceva però immaginarlo collassato da qualche parte.

-Mh.

Chiuse di nuovo gli occhi e io rimasi lì, ad accarezzargli la testa come a volermi scusare per il nostro tortuoso percorso, come a volermi prendere la colpa per ogni buca e strada serrata. Non doveva essere lui a prendersi cura di me, era compito mio il contrario.

Angolo autrice
Sì beh, sono sparita per varie motivazioni che non sto ad elencare, ma l'importante è che sia finalmente riuscita a terminare questo capitolo! Ed ora che ho trovato il ritmo, spero di poter scrivere tutti gli altri senza interruzioni. Diciamo che questo è l'ultimo pezzo di questo gruppo smielenso e psicofragile. All'inizio abbiamo una Kendra autodistruttiva e dopo una Kendra in tilt, ma tutto si è più o meno sistemato. Spero che questi capitoli non vi abbiano annoiato, capisco che possano essere stati molto poco dinamici 😅 Adesso ricominciamo con la trama avventurosa e il bordello 💪🏻
Fatemi sapere se siete ancora con me

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