Una nuova vita || The Walking...

Від akyre019

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Kendra, una semplice ragazza, vittima anch'essa del nuovo mondo infetto. In queste pagine virtuali leggerete... Більше

Capitolo 1 : Il ritorno
Capitolo 2 : Casa
Capitolo 3 : Il piano
Capitolo 4 : Le tre domande
Capitolo 5 : Prigioniera
Capitolo 6 : Ricordi
Capitolo 7 : Ying e Yang
Capitolo 8 : La bella e la bestia
Capitolo 9 : Giano
Capitolo 10 : Reset
Capitolo 11 : War
Capitolo 12 : Punto e a capo
Capitolo 13 : Montagne russe
Capitolo 14 : Non può esserci solo orrore
Capitolo 15 : Frantumi
Capitolo 16 : Sporche verità
Capitolo 17 : Impura
Capitolo 18 : Inchiostro
Capitolo 19 : Kâuma
Capitolo 20 : Collisioni
• Messaggio •
Capitolo 21 : Quelli che arrivano sopravvivono
Capitolo 22 : Never trust
>SEASON FINALE<
Capitolo 23 : Non si torna indietro
Capitolo 24 : Niente è come sembra perchè niente è reale
Capitolo 25 : Acacia
Capitolo 26 : Negazione
• Messaggio •
Capitolo 28 : Scacco Matto
Capitolo 29 : Cielo
Capitolo 30 : Neve
Capitolo 31 : Al posto mio
Capitolo 32 : Persone
Capitolo 33 : Aspettative
Capitolo 34 : Tormenta
Capitolo 35 : A nudo
• Informazione •
Capitolo 36 : Champagne
• Vi Amo •
Capitolo 37 : Frida Kahlo
Capitolo 38 : Ametista
Capitolo 39 : Pillole di vita
Capitolo 40 : Anestesia
• Party •
Capitolo 41 : Do you need some time
Capitolo 42 : Sete
Capitolo 43 : Metamorfosi
Capitolo 44 : The bad guy
Capitolo 45 : Punizione
Capitolo 46 : Cicatrici
Capitolo 47 : Tutti i nodi vengono al pettine
Capitolo 48 : Mozziconi
Capitolo 49 : O te o lui
Capitolo 50 : Mayday
Capitolo 51 : Bodyguard
Capitolo 52 : Qualcosa in più
Capitolo 53 : Wolves
Capitolo 54 : Limbo
• 13 Cose che non sai di me •
Capitolo 55 : Resurrezione
Capitolo 56 : I buoni
Capitolo 57 : Questione di priorità
Capitolo 58 : Fiamme
Capitolo 59 : Germogli
Capitolo 60 : Ciò che è ancora
Capitolo 61 : Anche i demoni hanno un cuore
Capitolo 62 : Odi et Amo
Capitolo 63 : Fuga
Capitolo 64 : Tramonto
Capitolo 65 : Caramelle
Capitolo 66 : Viviamo
Capitolo 67 : Luna di miele
Capitolo 68 : Let's drink and talk
Capitolo 69 : Cetrioli
Capitolo 70 : Ride with Dixon
Capitolo 71 : Darci un taglio
• 20k •
Capitolo 72 : Collapse
Capitolo 73 : Un dito in meno, ma un giorno in più
Capitolo 74 : Condannati
Capitolo 75 : Ora o mai più
Capitolo 76 : Due patate o un maiale
Capitolo 77 : Un trio inusuale
Capitolo 78 : A mali estremi, bevi e rimedi
Capitolo 79 : Solo affetto
Capitolo 80 : Aspettami
Capitolo 81 : Restare
Capitolo 82 : La mia costante

Capitolo 27 : Nessuna Tregua

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Il mondo mi crollò addosso. Una fitta al cuore mi travolse, bloccandomi il respiro per una frazione di secondi. La mano che era poggiata sulle labbra per impedire un secondo conato, prese immediatamente un altro compito: evitare i singhiozzi. Le lacrime cominciarono subito a solcarmi le gote e la gola si strinse in una morsa dolorosa. Beth era lì, proprio di fronte a me, mutilata e sporca del suo stesso sangue. Levò i suoi occhi azzurri su di me, urlanti di scuse. Oltre alla sofferenza, nelle sue iridi vi era richiesta di perdono. Si sentiva in colpa, si era allontanata pensando di essere al sicuro. Mi buttai a terra in ginocchio, immergendomi nella pozza di sangue arterioso. Aveva una fasciatura provvisoria, ma la ferita non era stata cauterizzata. A giudicare dal sangue intorno, ne aveva perso molto, troppo. La sua pelle era pallida, lunare. Avvolsi il suo volto fra le mani, cercando di darle un po' di forza. Le toccavo le guance, le spostavo i capelli dorati dal volto e la strinsi a me, come se cingessi una bambina. No Cassie, non di nuovo. Per quanto cercassi di scacciare quelle immagini, mia sorella continuava ad occuparmi la mente. Gli stessi occhi marini, gli stessi capelli grano, la stessa innocenza. Fu come rivivere quel terribile momento. Ma adesso, le cose sarebbero andate diversamente. Beth, potevo salvarla.

-Non sei sola, ti ho trovato Beth. Siamo venuti qui per te, non preoccuparti.. Andrà tutto bene, d'accordo? – le sussurrai – Fidati di me.

Ella acconsentì con lo sguardo, tanto era debole. Mi dava l'impressione che avrebbe perso i sensi da un momento all'altro. Mi posizionai di lato per afferrarla e portarla in braccio.

-Ti farà male, ma cerca di restare sveglia. Non svenire, ti prego.

Beth piangeva, sicura di morire a breve. Feci un grande respiro e la tirai su. Soffocò un urlo, poggiando la bocca fra il mio collo e la spalla.

-Ce la farai, non azzardarti a mollare. Tienimi compagnia fino alla chiesa, intesi? – le ordinai dolcemente – Canticchiami qualcosa, ma non chiudere gli occhi.

Intonò un flebile motivetto a labbra serrate, ma bastava per far si che non si addormentasse. Obbligata a passare per la foresta, sapevo che l'odore del sangue avrebbe attirato i putridi, ma non vi era altra via d'uscita. Ad ogni passo veloce, una fitta alla coscia mi faceva digrignare i denti. Avrei sopportato. Immersa nella natura, cercai di tornare al punto di raccolta che avevamo contrassegnato, ma non c'era nessuno ad aspettarmi. La foresta era silenziosa, non udivo alcun sparo. Scacciai il pensiero che fosse successo qualcosa ai miei compagni. Probabilmente avevano raggiunto direttamente la chiesa in ritirata, o forse erano stati costretti a prendere una deviazione. Mi feci forza, sebbene le braccia cominciassero a farsi deboli. Beth era magra e minuta, ma pareva un macigno. Non ricordavo di aver posta tanta distanza dalla parrocchia alla scuola, ma ahimè il percorso sembrava infinito. Camminavo con difficoltà a causa del dolore pulsante e fastidioso, e la radura si estendeva sempre più.  Temevo di non riuscire a raggiungere in tempo il rifugio, Beth necessitava di cure immediate. Di colpo la canzone terminò e la ragazza abbassò le palpebre. Adagiai con delicatezza il mento alla sua fronte, avvertendo una temperatura alterata. Le stava salendo la febbre, la ferita si era infettata. La scossi un poco, il giusto per permetterle di riaprire gli occhi.

-Non ce la faccio.. – si scusò con voce tremolante – Sento di dover chiudere gli occhi.

-Sì che ce la fai. – insistetti – Sei forte Beth. Ci siamo quasi, non mollare proprio adesso.

Percepivo la canotta umida, non aveva ancora smesso di piangere.

-Avrò una protesi come papà?  - chiese con un filo di speranza.

-Più bella. – la incoraggiai.

La sua voce mi aiutò a stringere i denti e a continuare a camminare. Se pensavo a quanto mi facesse male la coscia, mi ricredevo considerando il dolore che potesse provare Beth, priva di una parte della gamba. Tutto mi ricordava Cassie. Non avrei mai potuto superare un'altra perdita simile. Stavolta non avrei fallito, stavolta sarei stata migliore. Con questo obiettivo ben fissato in testa, continuai la maratona. Dopo un miglio, mi abbassai per passare sotto a un ramo e scorsi la chiesa, compresi alcuni del gruppo che stavano di guardia. Non appena sbucai dal verde, mi trovai una balestra puntata contro, la quale, però, crollò a terra all'istante. Daryl ci guardava impietrito, sconvolto in volto. Osservai gli altri e nessuno osò avvicinarsi, come se non volessero accettare quell'immagine. Eravamo entrambe ricoperte di sangue, provate, ed ella menomata. Dopo quella frazione di secondi che mi parvero minuti interminabili, Daryl prese Beth fra le braccia  e corse dentro con Kio, pronto a fare tutto il possibile. Tyreese tirò un pugno alla parete, incazzato con se stesso, e seguì i due uomini. Si sentiva responsabile. Carol era statuaria come al solito, i muscoli facciali non evidenziarono un'espressione addolorata, ma le sue iridi si fecero lucide. Il figlio dello sceriffo e Sasha erano all'interno, quindi non potetti osservare le loro reazioni emotive, a differenza di Michonne che aveva la testa china, ma le mani strette in pugni. Rabbiosa. Rick fissava l'ingresso della parrocchia, immobile come se si fosse spento. Dalla spalla sinistra gocciolavano alcune lacrime di sangue. Era stato attraversato da un proiettile. Mi avvicinai a lui, arrancando. Avrei dovuto sedermi, non sforzare ulteriormente quel povero arto leso, ma in quel preciso momento pensavo a tutt'altro. La preoccupazione era troppa. Senza che aprisse bocca, egli parlò come se interrogato, farfugliando fra la folta barba brizzolata.

-Non l'avevo nemmeno vista all'inizio, sai? La prima cosa che ho notato è stato il volto di Gareth. Lì non ci ho visto più ed ho fatto fuoco, lo volevo morto. Non potevo permettere che si avvicinasse alla chiesa. Poi da un angolo dell'edificio ho notato di traverso una chioma bionda, ma ho dovuto attirare il nemico lontano, per permettere a voi due di recuperarla. Pensavo.. io credevo che non le fosse successo ancora niente, che fossimo arrivati in tempo.

-Quel bastardo è ancora vivo. – pronunciò Michonne – Dobbiamo eliminare quella feccia.

Percepii il battito cardiaco accelerare, come se fino a quel momento mi fossi trovata sospesa in una specie di limbo. L'adrenalina scomparve, lasciandomi priva di difese. L'angoscia, la paura, la disperazione presero il sopravvento. Mi controllai le mani pregne di sangue e una precisa immagine apparve davanti ai miei occhi. La carne, la carne cotta che avevo rischiato di ingerire. La carne di Beth. Feci qualche passo avanti, volendo allontanarmi dai due per prendere un poco di fiato, ma crollai a terra a causa della gamba.

-Kendra! – chiamò lo sceriffo, affiancandomi all'istante.

Rimasi lì, inginocchiata nell'erba con lo sguardo assente. Fissai la scia rossa che Beth si era lasciata dietro, provocandomi continui flash di mia sorella. Strinsi le braccia inconsciamente, come se avessi lei in grembo. Di punto in bianco caddi in un pianto isterico privo di lacrime, caratterizzato unicamente da singhiozzi incontrollabili. Stavo rivivendo quella perdita e non riuscivo ad uscirne. Mi sembrava tutto così reale. Rick mi prese la testa fra le mani, cercando di farmi concentrare sul suo volto.

-Kendra, che ti prende? – parlò agitato – Non crollare, andrà tutto bene. Beth ce la farà, ne sono sicuro.

Michonne apparve alle sue spalle, restando in piedi a fissarmi come se mi studiasse. Abbassai lo sguardo, ricordando il corpicino di Cassie privo di vita.

-L'ho persa. – singhiozzai – Non sono riuscita a salvarla.

Lo sceriffo mi scosse, credendo di riportarmi alla realtà.

-Ehi, guardami dannazione. – insistette – L'hai salvata, capito? Kioshi si sta prendendo cura di lei.

Sentivo il peso di mia sorella, percepivo il suo sangue scorrermi addosso. Il suo ventre dilaniato, la pelle pallida.

-Cassie.. – sibilai.

Rick si voltò per scrutare samurai, come se ella potesse fornirgli indizi.

-Chi diavolo è Cassie? – interrogò la donna.

Lo sceriffo mosse la testa in segno di negazione, egli non sapeva niente al riguardo, e tornò a me. Mi fissava con occhi di rammarico, non conosceva la persona che avevo perso, ma ne capiva il dolore. Ad ogni modo, egli non sapeva come rassicurarmi o come bloccare quello stato di delirio.

-E' una crisi di nervi. – parlò, spiegando la propria ipotesi.

Michonne mi scrutò meglio, poggiando una mano sul fianco. Non sembrava esser d'accordo.

-Kendra, ti prego. Ascoltami. – supplicò Rick – Dobbiamo essere forti per poter affrontare tutto quello che verrà, se ci lasciamo prendere dalle emozioni.. moriamo, lo capisci questo? Sei riuscita a portare Beth qua, nonostante la gamba malandata. Significa che ne hai la capacità.

Quelle parole mi giungevano a tratti, confuse. Mi girava forte la testa e i flash continuavano a proiettarsi indisturbati, come se volessero torturarmi. Intorno a me non vedevo nemmeno più la chiesa o la foresta, ma unicamente quel maledetto garage, quel terribile angolo di mondo dove avevo perso una parte di me.

-E' più un attacco di panico. – disse brusca Michonne, spostando lo sceriffo di lato. – Lascia fare a me, ci penso io.

Mi afferrò per il collo della canotta, in modo da tirarmi su leggermente.

-Non c'è tempo per queste stronzate. – mi parlò scocciata.

-Michonne! – rimproverò Rick.

Ella gli lanciò un'occhiata e poi mi colpì senza ritegno, tirandomi uno schiaffo a pieno palmo sulla guancia sinistra. La mia testa scattò di lato e per un attimo tutto mi parve vibrare. L'allucinazione si fece man mano più sfumata, fino a scomparire.

-Non ti pare di aver esagerato? – brontolò il capo – Non era necessario.

La zona colpita prese a frizzare terribilmente. Mi aveva davvero presa bene. Michonne mollò la presa, soddisfatta del gesto compiuto. Ne aveva tutti i motivi, in fondo. Non la biasimai. Rick fece per aggiungere altro, ma lo precedetti.

-No, mi è servito. – ammisi – Grazie.

Rick rimase un poco interdetto, ma poi si avvicinò per aiutare ad alzarmi. Non riuscivo più a far peso sulla gamba, l'avevo praticamente distrutta. Egli mi cinse così come Kio aveva fatto nella radura e pian piano cercammo di raggiungere la parrocchia. Michonne mi fece un cenno con la testa, come per dire ' no problem '. Quando fummo abbastanza vicini, ma ancora ben lontani dalla porta, ecco che questa si spalancò. Daryl emerse da quelle quattro mura pulendosi le mani con uno straccio, cercando di levare via il sangue. Stava per dire qualcosa sulle condizioni di Beth, ma appena mi vide cambiò immediatamente soggetto.

-Cosa cazzo è successo? – abbaiò.

-Niente. – rispose secca samurai.

Egli gettò via lo straccio ed indicandomi il volto, continuò.

-Ah davvero? – chiese ironico – Cosa le avete fatto?

Sebbene fosse stata Michonne a rispondere, Daryl continuava a fissare lo sceriffo.

-Mi hanno dato una mano. – conclusi in fretta.

L'arciere non mollò.

-Lo vedo bene. – sottolineò, riferendosi alle cinque dita impresse sulla mia guancia. – Comunque Beth è stabile, per il momento.

Rick non riuscì a trattenere un sorriso.

-Kioshi, cosa ne pensa?

-Dice che ha perso molto sangue, che la ferita è infetta. – parlò serio – Ma potrebbe farcela, insomma.. noi non possiamo far altro che aspettare e sperare.

Feci cenno a Rick di andare. Percepivo la forte frenesia di accertarsi che ella fosse stabile, che Beth respirasse ancora, che non avesse fallito come leader, come protettore di questa gente, ormai un misero gruppo di sopravvissuti deteriorati. Michonne fece altrettanto, seguendo lo sceriffo quasi fosse la sua ombra. Daryl invece rimase lì immobile a guardarmi, come se avesse molto da dirmi, ma niente di davvero importante da confessare. Mi allungai con le braccia per toccare gli scalini, in modo da appoggiarmi su di essi e di non far leva sulla gamba dolente. L'arciere si sporse in avanti per aiutarmi, ma ignorai quel gesto e feci da sola, ritrovandomi finalmente col culo a terra.
In questi anni avevo avuto degli alti e bassi, ma ero sempre riuscita a non annegare nella depressione, o disperazione, quel che è. Adesso, invece, non riuscivo nemmeno a riconoscermi.

-Pensavo che ti avesse raggiunto..

-Lo avrei voluto. – assentì.

Rivolsi i palmi in modo tale da osservarne il sangue secco e appiccicoso. Mi sentivo sporca, bagnata della morte. Come se potesse provare quella sensazione, Daryl mi consigliò di entrare e cambiarmi.

-Dovresti toglierti quegli stracci di dosso, sciacquarti.. – affrettò – Riesci ad arrivare al bagno?

L'intento era presente, ma non dipendeva da me. Avrei preferito inciampare mille volte piuttosto che chiedergli per l'ennesima volta una mano. Per lui ero solamente una ragazza debole, bisognosa di avere costantemente qualcuno alle spalle che potesse prendersi cura della probabile vittima, in quanto capace di rifugiarsi sempre in situazioni pericolose. Non volevo più essere considerata tale, perciò mi alzai velocemente, seppur con cautela, e raggiunsi l'ingresso in silenzio. Una volta dentro, Carl mi venne incontro osservando smaniosamente le chiazze di sangue sui miei indumenti.

-Sei ferita?? – domandò preoccupato – Papà ha detto che l'hai portata tu, ma..

-Sto bene, davvero. – interruppi per rassicurarlo – Solo la gamba fa un po' di capricci.

Sospirò lentamente, abbassando lo sguardo ai propri piedi.

-Già, la gamba.. – disse, riferendosi non proprio a me.

Poggiai una mano sulla sua spalla.

-Andrà tutto bene, Carl. Anzi, vedi di recuperare del materiale.. C'è bisogno di una nuova protesi.

Il ragazzo non parve del tutto convinto, come dargli torto. Non voleva illudersi di un esito positivo, ultimamente per noi non ce ne erano proprio stati. Ad ogni modo, si sistemò il cappello e si allontanò per andare a rovistare fra gli oggetti accumulati in un angolo della parrocchia. Non appena spostai lo sguardo, notai il parroco fissare me e la striscia di sangue sul pavimento, impietrito come se tutto ciò lo turbasse violentemente. Sasha, al contrario, continuava a dondolare fra le braccia Judith, nel mentre Carol non la perdeva di vista. Attraversai la volta, superando Gabriel, tanto per permettermi di udire sussurri simili a preghiere, e mi chiusi alle spalle la porta del bagno. Fu allora che strinsi fra le dita la coscia, gemendo interiormente. Cazzo, cazzo, cazzo. Ripetevo fra me e me. I punti si erano aperti, nonostante la fasciatura ben stretta. Sfilai lentamente i pantaloni, cercando di non strusciare sulla zona lesa. La benda si era inzuppata di sangue. Era impossibile distinguere il mio da quello di Beth. Mi liberai dalla garza con delicatezza, come se ciò potesse limitarne il dolore. Quando staccai l'ultimo centimetro di quella pezza dalla mia pelle, la porta si mosse in seguito ad una bussata leggera.

-Kendra. – parlò piano Kio – Posso?

-No. – risposi scocciata.

Poggiai la benda sul lavandino e tentai di pulire la ferita.

-Bene, allora entro. – concluse.

La porta si spalancò immediatamente, senza darmi il tempo di ribattere.

-Cristo, Kioshi. – brontolai seccata.

Era la seconda volta che mi vedeva in mutande. Cominciava a darmi molto fastidio.

-Volevo solo vedere come era messa la gamba.

Sarò stupida, ma mi vergognavo a stare in intimo davanti a lui, sebbene fosse un dottore.

-E se stavo pisciando? – ipotizzai – Che diavolo, hai pure chiesto il permesso e poi hai fatto come ti è parso.

Ridacchiò.

-Non mi è sembrato di sentire il rumore di una pisciata. – punzecchiò – Non dirmi che sei imbarazzata!

Non capivo cosa ci fosse di sbagliato, dopotutto. Sì, il mondo che conoscevamo era finito a pezzi, ma ancora mi imbarazzavo per cose del genere. Ad ogni modo, lo ignorai. Egli allora tornò serio e si avvicinò per medicarmi nuovamente quella stupida coscia. Fissavo il soffitto, come volessi fingere che Kioshi non fosse così vicino e che fossi in mutande, proprio come quando si fa un vaccino e ci si gira per evitare di vedere l'ago penetrare la carne. Azioni sciocche, ma che aiutavano a non accettare certe situazioni. Per fingermi a mio agio, gli chiesi di Beth.

-Daryl ci ha informato che può farcela, è così? – domandai – Insomma, che è grave, ma che ha buone possibilità.

Mi rispose senza staccare gli occhi dalla ferita.

-Sì, è così.

Mi soprese. Rimasi interdetta da quella sentenza breve e fugace. Mi fece comprendere che non ne era affatto convinto. Beth non ce l'avrebbe fatta.

-Voglio la verità. – insistetti.

-E' quello che ti ho detto.

Lo spinsi, in modo da poterlo guardare negli occhi, ma ciò che vedi mi pietrificò. Stava piangendo.

-Cosa vuoi che ti dica, eh? – singhiozzò – Quella ragazza è spacciata, non sei stupida. Hai visto in che condizioni si trova, il sangue che ha perso..

Afferrai la sua maglietta, stringendo quella stoffa fra le mie dita.

-No, non è vero! – balbettai sconcertata – Tu hai detto agli altri che può farcela!

-Ho mentito, va bene? – spiegò, asciugandosi le lacrime – Daryl e Ty mi stavano addosso, mi fissavano come per dirmi che mi avrebbero ucciso se non avessi dato loro buone notizie. Sono un medico, è vero, ma non posso fare niente in questo caso. Le ho solo allungato le sofferenze per qualche ora, giorno.. non lo so nemmeno io.

Appoggiai la fronte al suo petto, scuotendo la testa come per negare quelle parole.

-Hai dato loro delle speranze. – dissi con voce tremante – Mi hai fatto credere che potesse salvarsi.

-Mi dispiace..

Lo allontanai, lasciando la presa.

-Come hai potuto? Non ha senso.. Io lo avrei detto subito. Loro meritano di sapere, di conoscere la realtà. Devi dirglielo. Ora.

Incrociò le braccia al petto, fissandosi i piedi. Sapevo che era un uomo debole, ma non avrei immaginato che sarebbe arrivato a tanto.

-Non so se posso farlo..

-Stai scherzando, vero? – mi incazzai – Questo non è un gioco. Dannazione, stiamo parlando di una persona, della vita di un ragazza. Perché mai devi tirarti indietro. Prenditi la responsabilità delle tue azioni e rimedia. Non sono certo qui per farti da madre. E' già tanto se non ti ho tirato un pugno, cazzo.

Kioshi mi fissava, stretto all'angolo dalle mie parole. Sapeva che avevo ragione, ma era troppo deluso da se stesso per rispondermi.

-Beth sta morendo e tu sei qui, a fingere che niente stia accadendo. – continuai – Non ho nessuna intenzione di starmene qua con te.

Indossai i jeans più in fretta che potei ed abbandonai quella stanza. Camminai velocemente fino a raggiungere il luogo in cui si trovava Beth, feci per aprire la porta, ma la mano non volle abbassare la maniglia. Il corpo non mi rispondeva, come se volesse dirmi che non era il caso di vederla subito, che rischiavo un altro stupido attacco di nervi. Mi vergognai di me stessa, ma tornai di nuovo fuori, evitando pure Carol, sebbene avessi notato che volesse parlarmi. Non appena il sole mi colpì, tirai un sospiro di sollievo. Ero così incazzata che temevo di esplodere.

-Non eri andata a cambiarti? – domandò l'arciere.

Era poggiato al muro della chiesa, con la balestra ben stretta fra le mani e gli occhi vigili, puntati sulla radura. Non mi ero nemmeno accorta della sua presenza. D'istinto mi controllai gli abiti, osservando il sangue. Mi ero così innervosita da essermi dimenticata di ciò.

-Cosa ci fai qua fuori? Perché non entri e..

-Sto di guardia. – interruppe – Nel caso quei bastarti si facessero vivi. Devono crepare, tutti.

I rami degli alberi ondeggiavano come piccole onde a causa del vento, seppur leggero. Daryl aveva ragione, quegli stronzi sarebbero sicuramente tornati. Dovevamo farci trovare pronti. Non potevamo permetterci di essere presi alla sprovvista. Ma ero sicura che Rick stesse già pensando ad un piano.

-Beth si è salvata per un pelo.. – continuò – ma non permetterò che quei schifosi facciano del male ad altre persone.

Sentii una stretta allo stomaco. Era davvero convinto che Beth avesse buone probabilità.

-Daryl, a tal proposito..

-Daryl, potresti entrare? – interruppe Kio, facendo capolino dal portone. – Ho bisogno di parlarti. Di parlare con tutti voi, in realtà.

Ci scambiammo un'occhiata. Aveva preso il coraggio per dare la notizia. Daryl comprese immediatamente che qualcosa non andava e non allungò ulteriormente il discorso. Vedendo che non avevo intenzione di seguirli, mi passò la balestra. Quell'arma pesante mi portò alla mente quei giorni dopo l'attacco del Governatore, quando mi portavo sulle spalle quell'oggetto. Era passato del tempo, ma mi sembrava ieri. Ero stanca di veder morire le persone, sia coloro che avevo vicino sia quelle che non conoscevo. In una parte remota del mio inconscio, sapevo di desiderare la morte. Occhio non vede, cuore non duole. Impugnai la balestra e mirai fra gli arbusti. Percepii un leggero scricchiolio, un passo pesante, strascicato. Si trattava sicuramente di un putrido. Mirai e scoccai. Un tonfo.


*

La notte era calata silenziosa e impercettibile su di noi, coprendoci come un manto magico. Le stelle si scorgevano appena, un accenno di luce qua e là nell'oscurità più profonda. Avrei voluto osservare tale bellezza in un altro più radioso contesto. La mia famiglia, i compagni dell'esercito, gli amici. Invece, mi ritrovavo lì, seduta su un bauletto rovinato, stringendo fra le mani le dita di Beth, ma con gli occhi rivolti al cielo, a quella finestra appena socchiusa. Non udivo alcun suono, se non l'impercettibile respiro debole della ragazza. A quanto diceva Kioshi, non le restava molto. Perciò, avevamo deciso di fare dei turni. Non volevamo lasciarla nemmeno per un istante. Ogni tanto riprendeva conoscenza, e ci sembrava giusto che potesse vedere al proprio fianco uno di noi, come per ricordarle che non fosse sola, che le volevamo bene. Credo che avesse capito, non parlava molto, ma mi bastava il suo sguardo. Noi ce la mettevamo tutta a non presentarci con volti cupi e rassegnati, ma le emozioni ci tradivano. Ci sentivamo tutti in colpa. Era successo, così, all'improvviso, senza che noi potessimo effettivamente fare qualcosa. Eppure, sentivamo di esserne responsabili.

-E' una bella notte per andarsene. – sospirò.

Mi voltai immediatamente, stringendo la presa.

-Beth, non dire sciocchezze.

Sorrise.

-Ehi, va tutto bene.. davvero. – Mi guardava con occhi stanchi – Sembrate più spaventati voi di quanto dovrei esserlo io.

Così giovane, ma più forte di quanto potessi immaginare.

-Beth, io avrei voluto insistere. – confessai – Avrei voluto dare ragione a Tyreese e proibirti di uscire.

-Stai scherzando, vero? Se non fosse stato per te, sarei rimasta laggiù.. come esca o spuntino per qualche schifoso vagante. E' grazie a te se sono qui.. se posso morire in questo letto, circondata dalle persone che amo. – parlò affaticata – Ammettilo, non esiste modo migliore.

Risultava alquanto difficile trattenere le lacrime, ma mi stavo aggrappando con tutta me stessa a quella minuscola probabilità. Non potevo crollare di fronte a lei. Oltretutto, aveva pure ragione. Aveva perso una gamba, aveva dovuto affrontare difficili sfide e situazioni altrettanto orribili, ma non poteva esistere scenario migliore. Le sorrisi e l'abbracciai, accarezzandola come se fosse mia sorella. Non le risposi, ma fu come se lo avessi fatto. La porta si aprì lentamente, rivelando che la persona all'altro lato non aveva intenzione di disturbare in alcun modo. Ma non appena vidi il volto di Beth illuminarsi, capii di chi si trattava. Ci sorridemmo e la lasciai in compagnia di quell'uomo che aveva sempre ammirato, Daryl. Non appena la porta si chiuse fui come colta da una valanga di emozioni. Era difficile restare impassibile. Cercai di nascondere le lacrime e mi affrettai a raggiungere le scale in legno di una piccola stanza sul retro, le quali portavano al tetto. Ogni qualvolta che mi trovavo in crisi, fuggivo sempre nell'altezza. Era un'azione che non mi avrebbe mai abbandonata. Non appena posai le ginocchia su quelle fredde tegole, notai, a malincuore, di non essere sola.

-Hai la gamba praticamente distrutta, ma ancora ti ostini a non startene buona e ferma da qualche parte. – proferì una voce rauca.

Mi avvicinai a Rick facendo attenzione a non scivolare.

-Non pensavo che avrei trovato qualcuno quassù.

-Nemmeno io. – ammise lo sceriffo – Ma da qui ho un'ottima visuale.

Feci un profondo respiro interiore, annaspando per trovare il coraggio di parlargli di ciò che era accaduto ultimamente fra noi. Avevamo finto di chiarire, ma in realtà avevamo peggiorato la cose, mettendo fra noi più tensione di quanto servisse.

-Rick, so che non è il momento giusto per discuterne..

-Ma vuoi farlo comunque. – finì la frase.

Confermai.

-Volevo chiederti scusa, tutto qui. So di aver reagito non male, malissimo. Ho fatto la bambina.

Fu allora che egli distolse lo sguardo dalla pece radura.

-Chi ha sbagliato non sei tu, ma io che non ho avuto riguardi nel baciarti. E ad esser sinceri, ancora non so perché l'ho fatto. Ad ogni modo, spero che questo non rovini il nostro rapporto. Stiamo passando un brutto periodo e c'è bisogno di essere coesi.

Aveva ragione su tutto il fronte, sebbene mi sentissi io quella in torto. Lo guardai come per confermare il suo discorso e sorrisi, felice di averci messo una pietra sopra. Ma come una sciocca, iniziai a piangere nuovamente. Fu una specie di sfogo. Non volevo accettare che Beth non sarebbe sopravvissuta, odiavo l'idea di dover scontrarci con i restanti di Terminus. Eravamo in bilico, nessun vero e proprio rifugio sicuro. Inoltre, ero sicura che Abraham e gli altri sarebbero tornati con brutte notizie. Mi sentivo come se anche tutti noi fossimo giunti alla fine. Quelle piccole gocce salate danzavano lungo le gote, solcandomi il volto senza esser accompagnate da gemiti o singhiozzi. Essendo completamento buio, non mi preoccupai molto di Rick. Davo per scontato che egli non potesse accorgersene. Invece, fui colta di sorpresa. Lo sceriffo allungò il braccio destro come per afferrarmi, ma questo rimase sospeso in aria, a mo' di invito. Agii d'istinto, senza problematizzare troppo su quel gesto, e mi avvicinai, adagiando la testa sulla sua spalla. Mi cinse e restammo lì a fissare quell'oceano erbaceo. Non mi vergognai di quel contatto, percepivo di sentirne il bisogno. E quando il dorso della mia mano si inumidì, compresi quanto egli stesso ne avesse davvero urgenza. In fondo, non ero l'unica a piangere in quella tragica notte. Ovviamente, se tutto fosse rimasto immutato, il fato o Dio non si sarebbero divertiti abbastanza. Un'improvvisa esplosione mi destò da quel sogno, da quell'effimero senso di pace.
E adesso?

Angolo autrice
Sono cattiva, sorry, ma mi piace mettere suspense e situazioni pericolose 😂

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