Nebbia E Tenebre | MARVEL โท

By Nadja-Villain

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Per ogni conquista c'รจ un prezzo da pagare. L'antidoto che doveva assicurare la vita ad Astrid l'ha fatta cro... More

๐—œ๐—ก๐—ง๐—ฅ๐—ข๐——๐—จ๐—ญ๐—œ๐—ข๐—ก๐—˜
1 . Fiume in piena
2 . Tonnellate
3 . Ventuno Dicembre
4 . Rinforzi
5 . Cantina
6 . Vissuti segreti
7 . Forzatura
8 . Fuliggine
9 . Lucciole
10 . Campanelle
11 . Etere
12 . Confini sottili
13 . Ostaggi
14 . Astrid รจ in TV
15 . Piano ribelle
16 . Saluta i tuoi fan
17 . Manifesto
18 . Dieci per cento
19 . Olio e gas
20 . Infantile
21 . Profondi stati emotivi
22 . Central Park
23 . Presentazioni discutibili
24 . Idromele
25 . Sogni lucidi
26 . Seiรฐr
27 . Zucchero
28 . Opinione Pubblica
29 . Adulti
30 . Confronti
31 . Scambio di coppia
32 . La prestigiatrice
33 . Tornerรฒ
34 . Cautela
35 . Scommesse
36 . Effetto Rosenthal
37 . Ubiquitร 
38 . Condizioni
39 . Confessioni rischiose
40 . Forbici
41 . Voragine
42 . Altitudine
43 . Dritto nel cuore
44 . Cambiamenti
45 . Vecchie amiche
46 . Un'arma su misura
47 . Creep
49 . Sorridi
50 . Esposizione
51 . La Navicella
52 . Ore Piccole
53 . Eclissi
54 . Il Bimbo-geco
55 . Testimoni
56 . Gerbere gialle
57 . Domani
58 . Regole per uscire di casa
59 . Vittime
60 . Zheltyy tsvetok
61 . Un gioco da ragazzi
62 . Pessime idee
63 . Acque calme e braci accese
64 . Disarmati
65 . Accoglienza

48 . Dress Code

75 5 10
By Nadja-Villain

Il sistema operativo della camera termoisolata di Stark, si chiamava J.O.C.A.S.T.A. e il suo programma di allenamento era sorprendentemente intuitivo. I livelli diventavano sempre più difficili a mano a mano che imparava le mosse della sua sfidante, trovava nuovi modi per spingere i suoi limiti e migliorare la sua agilità e reattività agli ostacoli. La spada sfavillava colpendo le pareti mentre la camera si trasformava in un inferno in scatola.

Finalmente poteva scatenarsi senza paura e buttarsi nel letto stanca a fine giornata. Complice del suo riposo, era anche la nuova complicità che si era creata tra lei e il Capitano, accompagnata da una frenesia difficile da frenare. Stava diventando sempre più evidente che fosse successo qualcosa tra loro. Steve finiva le sue frasi e lei lo lasciava fare, ringraziava persino. Astrid rispondeva con battute sardoniche alle direttive fugaci di lui, che rimaneva a bocca asciutta e scuoteva la testa sorridendo disarmato. Da qualche giorno erano diventati collaborativi e accondiscendenti l'uno con l'altra, ma il sintomo più evidente era che quando uno dei due doveva andare a fare una commissione, l'altra parte trovava sempre la scusa per uscire insieme.

Un pomeriggio Steve la avvisò che avrebbe fatto tardi. "Vieni con me?" aveva detto, voltandosi verso Astrid, che si stava mangiando un toast indisturbata con un piede sulla sedia. Quella rispose con la bocca piena e gli occhi sul formaggio che filava. "Mh-mh... Dove andiamo?". Natasha era rimasta per ore su quel dialogo nitido, su come Steve avesse cercato compagnia non indispensabile proprio da lei e sulla fretta di Astrid nel mollare tutto, ficcarsi l'ultimo pezzo di toast in bocca per raggiungerlo senza replicare.

Se n'era accorto persino Jay-Jay. "Qua mi puzza!" aveva dichiarato sollevando le sopracciglia, mentre si leccava un dito di cheddar ancora seduto al tavolo, davanti al fantasma di Astrid che aveva già il sedere sulla moto e le mani sui pettorali del Capitano.

Wanda aveva giurato di averli sentiti ridacchiare insieme, una volta rientrati. Ogni volta si fermavano all'ingresso in silenzio per qualche minuto, come risucchiati in un tunnel interdimensionale, probabilmente per gustarsi gli ultimi baci indisturbati, prima di aprire la porta, schiarirsi la voce e salutarsi come se nulla fosse.

Anche Samuel si era aggiunto al gossip. Aveva fatto delle domande dirette all'amico, ma Steve era rimasto sul vago, aveva aggiunto un "forse", un sorriso smezzato e aveva sviato la domanda. Perciò, da allora, ogni volta che vedeva la coppia uscire insieme, planava sul tetto con le sue ali maestose insieme al suo drone, zoommava su di loro attraverso il visore, ma mai una volta era riuscito a cogliergli in flagrante.

La conferma la ebbero per caso, quando Jay-Jay spuntò in palestra per prendere la palla da basket nel momento sbagliato. Scudo e spada erano finiti a terra perché Astrid aveva rischiato più volte di fare a Captain America un nuovo taglio di capelli. Perciò si stavano allenando corpo a corpo, come le prime volte alla Torre e Steve l'aveva fermata con una presa al collo, da dietro, le braccia piene di ustioni, la canottiera bruciata. Ad Astrid era piaciuta fin troppo quella mossa, tanto che non era riuscita a ribellarsi. Entrambi sudati e affannati, si erano bloccati a fissarsi negli occhi e si erano dimenticati che stavano lottando.

Il bacio era scattato inevitabile e inequivocabile. La schiena di Astrid pendeva sulle corde del ring, Steve la teneva dai fianchi e lentamente si stava piegando su di lei contro il tappeto. Si accorsero di essere osservati quando il ragazzino gettò un urlo prima di scappare via: "Bleeah!".

Era fatta. Si erano lasciati scoprire.
E da quel bacio le cose erano cambiate ancora. Astrid era diventata di nuovo strana e aveva preso a dilazionare i loro incontri. Si allenava più spesso da sola, chiusa nella camera termoisolata. Steve, dopo un paio di rifiuti accompagnati da fugaci baci a stampo si era accorto che quanto più lui provasse a baciarla in pubblico, tanto lei trovava il modo per evitare che accadesse.

Il pomeriggio del Gala, Astrid non era minimamente proiettata sulla serata. Uscì dalla palestra con l'elsa attaccata alla cintura e non trovando il Capitano fare a botte con il sacco da boxe, andò a cercarlo in camera, nel suo ufficio, ma non lo trovò nemmeno lì. Sam se ne stava appollaiato sul tetto insieme a Jay-Jay a raccontargli la geografia del paesaggio. Le disse che era uscito la mattina presto e non era ancora tornato. Sconsolata e confusa dal fatto che non l'avesse avvisata, decise di farsi una doccia senza rimuginare troppo.

Mentre attraverava il corridoio per prendere dei vestiti puliti, fece passare la signora delle pulizie che usciva dalla camera di Nat. La signora le diede il buongiorno con un sorriso pacioccone, mentre trascinava un grosso sacco della spazzatura. Faticò a sollevarlo sul carrello, così Astrid si propose di aiutarla. Non trovava affatto necessaria la sua presenza, ma Tony non aveva discusso la sua assunzione, visto che comunque la paga sarebbe stata detratta dal suo conto e che nessuno degli inquilini aveva una passione per la pulizia settimanale dell'edificio.

La signora uscì tirando il carrello, Astrid lasciò andare la porta e tornò alla sua doccia, ma prima di affondare la maniglia, la suola degli anfibi slittò su un ritaglio scivoloso. Guardandosi i piedi trovò un biglietto. La superficie ruvida, di grammatura spessa. Era un biglietto da visita. Da un lato era inciso il logo del negozio, lucido e dorato. Il fine gambo di un fiore stilizzato cerchiava il nome dell'attività: "Ophelia". Sull'altra facciata, era scritta una "S" a penna che terminava con un ricciolo. L'inchiostro era sbavato e aveva lasciato un alone azzurro. Sembrava fosse stato raccolto dall'acqua e messo ad asciugare.

Lì per lì, non ci fece caso. Lo lasciò sulla scrivania mentre si spogliava. Non era sicura di buttarlo, magari era una cosa importante per Natasha o per qualcun altro e la signora delle pulizie doveva esserselo portato via per sbaglio. Voleva accertarsene prima di fare un danno.

Dopo la doccia, mentre si rivestiva, udì la porta di casa aprirsi e richiudersi. Riconobbe il tintinnio delle chiavi della moto, lo strofinio della giacca, il modo di sbuffare, la temperatura corporea. Steve non passò da lei, né si annunciò. Andò in cucina, probabilmente per bersi dell'aranciata, poi salì negli uffici. Astrid trovò l'atteggiamento strano. O aveva trovato una pista ed era concentrato su come ideare un piano, oppure la stava evitando.

Che fatica gli uomini, pensò mentre entrava nei pantaloni puliti. Digitò al PC la password e cercò il nome del negozio sulla barra di ricerca, giusto per ficcanasare. Era un fioraio situato davanti all'ospedale. Sul sito ufficiale scoprì che aveva un servizio apposito per consegne a pazienti in convalescenza.

Curioso...

Chi aveva mandato dei fiori a Natasha in ospedale? Il mittente si era firmato con una sola iniziale, "S". Era stato Steve? Era stato Stark? In realtà poteva anche essere stato Samuel. Una chiazza paglierina apparve nei suoi ricordi. Si aggrappò alla scrivania per non svanire. Era sdraiata in un letto di ospedale. La stanza era buia e silenziosa. Una giacca elegante era appesa alla sedia accanto al suo letto. Una chioma di petali gialli gravava sul suo comodino, appesantita dalla mancanza di cure. Inforcato alla carta che avvolgeva il mazzo di fiori, c'era un biglietto. Sul biglietto era firmata una "S". I fiori erano per lei. Il biglietto era per lei. Ma allora perché lo trovava solo ora? Perché usciva dalla camera di Nat?

Il campanello all'ingresso suonò. La voce di Wanda che conversava col postino era squillante e stranamente amichevole. Si era svegliata felice. Era da molto tempo che non la sentiva ridere. Bussò alla sua porta.

-C'è un pacco per te.

Astrid si staccò dalla scrivania stranita.

-Per me? Non ho ordinato niente.

Wanda fece spallucce. In braccio teneva un pacco più largo che alto, la confezione era totalmente anonima e sulla bolla non era segnalato il mittente. La sedia roteò alla spinta del piede. Astrid strappò l'imballaggio. Dentro, c'era una scatola nera con l'inconfondibile marchio Versace. Wanda si portò una mano al petto, Astrid sulla fronte. Aveva già capito. Sotto il fiocco dorato era stato inserito un biglietto.

" Per il dress code.
TS

Alzò gli occhi al cielo così forte che le fecero male le cornee. Guardò Wanda e parlarono all'unisono: Stark.

-Avanti, aprilo.

-Lo odio.

-Anch'io vorrei odiare una persona perché mi manda vestiti firmati.

Astrid sbuffò, mentre sfilava il nastro. Sollevò il coperchio e ci trovò ripiegato un vestito in seta nero, lungo, con uno scollo largo, ma decoroso che andava a bilanciare un sfacciato spacco sulla gamba contenuto solo in alto da una serie di raffinate catenelle dorate. Wanda non le diede tregua.

-Provalo.

-Io questo non lo metto.

-Invece ora lo provi.

-Lo rimando indietro. - fece Astrid decisa, mentre ripiegava il vestito e chiudeva la scatola.

-Stai scherzando? Sai quanto costa un vestito così?

-Proprio perchè costa tanto non lo voglio.

-Tu sei pazza. Come pensi di andarci al Gala, in tuta?

-No. È molto più semplice. Non ci vado.

Natasha entrò in casa in anticipo. Ascoltando l'agitazione che proveniva dalla stanza di Astrid decise di andare a controllare. Wanda le spiegò l'accaduto con fervore.

-Stark le ha mandato un vestito da duemila dollari e lei non vuole nemmeno misurarlo. Ha detto che lo "rimanda al mittente". Per favore, dille qualcosa.

-Andrà così. - sbottò Astrid alzandosi in piedi, il pollice e l'indice uniti, tutte le altre falangi alzate per sottolineare quanto fosse determinata. Elencò in ordine e dettagliatamente i passaggi che avrebbe svolto per riportare quella scatola e quel vestito al punto vendita, che sarebbe tornata a casa, si sarebbe fatta una tisana allo zenzero corretta Idromele e si sarebbe messa a guardare l'ultimo film di Stark Wars che mancava alla maratona con Jay-Jay. Natasha, con calma stoica, attese che Astrid finisse di parlare.

-Perché invece non lo provi prima di decidere? Puoi sempre metterlo stasera e restituirlo domani. Non deve stare per forza nel tuo armadio.

-Non lo voglio mettere.

-Perché no? - domandarono le due rosse in coro.

-Perchè non voglio che vinca lui!

La stanza di Astrid si riempì di aria calda, come se qualcuno avesse appena aperto l'anta di un forno acceso. Natasha reclinò la testa da un lato e la guardò con tenerezza.

-È solo un vestito.

-È solo un vestito, è solo una serata... So come andrà a finire questa faccenda e non mi piace!

-No, non lo sai. Stai dando troppa importanza a qualcosa che non è ancora successo. Provalo. Domani andiamo a restituirlo insieme.

Natasha chiuse la porta, colpendo un tallone di Wanda per sbaglio.

-Bussa quando hai finito!

Astrid si era dimenticata del Gala, tanto la decisione era stata presa serenamente, e ora non era psicologicamente pronta. Fissò la scatola a braccia conserte. Afferrò il biglietto. Tony si firmava "TS" Era una S appuntita e veloce. Nessun segno di troppo. Non poteva essere la stessa mano del biglietto dei fiori.

Aprì la scatola e appese il vestito in aria con le dita. Il tessuto, di un nero ipnotico e ammaliante, cantava come le sirene di Ulisse. Sospirò, brontolò con stizza. Fu facile da indossare. Lo scollo, sopra l'imbottitura del seno, le circondava le spalle come un ampio foulard. Il taglio stretto cingeva la sua vita come la corolla di un fiore, accentuava la curva della schiena fino al sedere e cadeva verso il pavimento seguendo i fianchi, senza creare una sola grinza. Lo spacco si apriva sulla coscia e scendeva fino alla fine dell'abito, sussurrando alle forme dei suoi muscoli che c'era una lista di altre cose che potevano fare, oltre a spingere pesi e dare calci.

"Lo odio" sibilò tra i denti mentre massaggiava il tessuto più liscio del mondo e immaginava Tony che sceglieva il vestito per lei, proiettandoci dentro il suo corpo.

"Odio me" si dannò per essersi prestata al gioco e intanto si guardava allo specchio da ogni angolazione per ricredersi. Fece avanti e indietro per la stanza numerose volte, indecisa, contrariata, irritata, nervosa, intrattenendo un dialogo turbolento con sé stessa. Non voleva vedere Tony. Non voleva andare al gala. Non voleva indossare quel vestito. Aveva bisogno di una conferma che non le stesse bene. Una singola critica e avrebbe confermato la sua decisione già presa.

Affondò la maniglia e Nat e Wanda si catapultarono nella camera come ad essersi appoggiate sulla porta tutto il tempo. Wanda spalancò la bocca. Natasha piegò la testa da un lato. Le sistemò una piega sopra il ventre, le tirò indietro i capelli, le sollevò il mento con affetto brutale.

-Sei molto bella. - affermò con tono serio. Astrid aggrottò la fronte e tirò il muso.

-Mi sento stupida.

E se fosse andata al Gala con la sua spada alla cintura? Con l'armatura asgardiana, il mantello alle spalle e le fiamme ai piedi, a minacciare la sicurezza di quel fagocitio miliardario che inglobava metà delle fonti alimentari del Paese, mentre la povera gente si rifiugiava nei magazzini abbandonati. Dopotutto, sarebbe stata una visita innocua. Qualche chiappa scottata e un pizzico di terrore. Nessuno si sarebbe fatto male. L'unico ostacolo sarebbe stato Iron Man che avrebbe sanato la serata con un idrante e una delle sue brillanti stand-up comedy, rubandole tutto il divertimeno. La fantasia divampò concludendosi in sé stessa.

-La tua bellezza non mina alla tua intelligenza. - continuò Natasha mentre racconciava lo scollo - Non devi rinnegarla. Sappiamo tutti che sei una tipa tosta. Stasera lo saprà anche chi non ti conosce e ti vedrà la prima volta in questo vestito.

-Io voglio combattere, non fare le sfilate. Non puoi andare tu?

-Fury mi ha mandato del lavoro. Non ti farà male uscire per un evento mondano.

Astrid non era affatto convinta. Si morse le labbra per il nervoso. Natasha le corresse subito il vizio insieme ad un "stai su con la schiena". Mentre le girava attorno e le sistemava l'intera apparenza, illustrando che cosa avrebbe dovuto dire o fare nel caso in cui un molesto imprenditore, una ricca ereditiera annoiata o un giornalista assillante si fossero interessati alla sua condizione civile o le avrebbero posto domande scomode sulle iniziative degli Avengers, nel corridoio passò la sagoma del Capitano. Astrid ebbe un singulto. Lo vide fare marcia indietro per accertarsi su cosa avesse visto, sconcertato.

Nelle mani di Wanda apparve una trousse. La agitò con un sorriso sadico perché sapeva già come il suo obbiettivo avrebbe reagito. Bisticciarono ancora finché Astrid non cedette. Nel frattempo, il Capitano tese dei documenti alla Vedova, la quale li esaminò con calma. Quando sollevò le iridi analitiche sopra il bordo dei fogli e trovò l'attenzione del biondo voltata verso la porta aperta, non disse nulla. Si schiarì la gola.
Steve si riprese di colpo, come beccato a spiare qualcosa di proibito. Natasha intuì all'istante. Scosse la testa mentre sfogliava. Seriamente non avevano ancora trovato una notte per approfondire?

Due ore dopo, Astrid teneva d'occhio il vialetto dal vetro della porta d'ingresso per scorgere un qualsiasi mezzo di trasporto entrare nel complesso. I guanti abbinati al vestito prudevano, i tacchi le facevano già male. Doveva controllarsi ogni tanto per assicurarsi che le onde dei capelli fossero ferme dove gliele avevano fissate e che il trucco non si fosse sbavato. Avrebbe dovuto usare la magia. Non era per lei essere così femminile. Era faticoso e scomodo. Non era ancora uscita che già pensava a quando si sarebbe infilata nel pigiama.

Pensa al buffet stellato. Pensa al buffet stellato.

Aveva la gola secca, si sentiva troppo sobria per affrontare la serata, ma se avesse bevuto dell'idromele probabilmente sarebbe ruzzolata giù dalla collina al primo passo.
Quando entò in cucina, Steve stava lavando un bicchiere in meditazione. I fogli erano sul tavolo assieme ai pastelli e un paio di disegni. Natasha stava giocando con Jay-Jay a basket in giardino.

Astrid si allungò per prendere un bicchiere. Si trovò una mano protettiva sul capo, mentre Steve chiudeva un'anta, ben sapendo che un urto avrebbe fatto più male al mobile che a lei. Le versò dell'acqua e la spiò di fianco, mentre quelle labbra rosse lo rimandarono indietro di settant'anni.

-Mi hai mandato dei fiori mentre ero in convalescenza?

Steve si inumidì le labbra mentre la guardava. Abbassò lo sguardo.

-Ero in convalescenza anch'io, ricordi? Dovresti chiedere a Tony.

Astrid deglutì la delusione. Si appuntò mentalmente di ripassare il rossetto più tardi, perché rimase tutto sul vetro. Lo stava già detestando.

-Non credo sia stato lui. Si firma in modo diverso.

A quelle parole, Steve le fece un cenno di comprensione. Le stava propinando un silenzio insolito, perciò Astrid cercò qualcosa per coinvolgerlo e smuovere quella brutta sensazione di comunicazione inespressa che aveva da tutto il giorno.

-Devo fare un discorso e penso che morirò sul palco.

-Non devi andare per forza. - fece lui, mentre raddrizzava i fogli. Astrid lo osservò in silenzio. Intuì che l'atteggiamento riluttante che aveva avuto nei suoi confronti era frutto di un cogitamento tormentato.

-Tu non vuoi che vada?

Le mani del soldato avvolsero lo schienale di una sedia. Ogni volta che iniziava ad addentrarsi in argomenti scomodi si teneva da qualche parte o si portava una mano al fianco come a dover sorreggere la gravità di ciò che sarebbe uscito dalla conversazione.

-Cosa provi per lui?

-Per Stark? - picchiettò le dita sul bicchiere - Non ho nulla di lui. E poi lo sai che è fidanzato con quella Potts.

-Quando ti ho detto che era la sua fidanzata non ne ero sicuro. Ho solo presupposto che lo fosse. Era molto tempo che non si vedevano insieme.

-Lui me l'ha confermato. - comprovò Astrid, insospettita del fatto che ci fossero dei dubbi sulla loro relazione.

-È meglio che vi parliate. - dichiarò Steve con tono grave e conclusivo. Raccolse i fogli, raggruppò i pastelli nella scatola. Aveva già chiuso. Astrid fece un passetto in avanti, gli fermò le mani. Un peso le gravò sul petto. C'era dell'altro.

-Che succede?

-Ho notato che mi allontani quando non siamo soli. Questo mi fa pensare che non vuoi che qualcuno sappia di noi.

Quella piccola percentuale che li legava era cresciuta tutta in una volta in un tempo paurosamente ristretto e il rischio che correvano di mostrare al mondo qualcosa che non era ancora pronto per essere mostrato, sarebbe stato come costruire un castello di sabbia durante la bassa marea.

Quando Astrid provò a spiegarglielo, Steve cercò le parole giuste per non ferire entrambi. Nessuno più di lui avrebbe potuto capire se fosse stata una questione di tempistiche, ma non voleva che la loro storia fosse un segreto. Non voleva baciarla davanti a qualcuno con la paura che l'indomani non si sarebbero parlati. Non voleva che ricapitasse la serata alla fattoria. E soprattutto non voleva continuare a illudersi se lei non era sicura di ciò che stavano costruendo. La loro relazione sarebbe dovuta essere un motivo di unione. Un ponte. Non un ordigno a rischio di esplosione. Steve aveva delle responsabilità, in quanto Capitano. In più, la mentalità e i costumi che si portava da un'altra epoca e la sua ferma centratura non lo facevano vacillare sulla sua scelta. Ciononostante, non si sarebbe fatto scrupoli a far morire una storia d'amore se avesse potuto compromettere l'integrità della squadra.

Astrid comprese in quell'istante che l'onestà, la dignità e l'onore erano, per lei, vessili intinti nella passione e dalla libertà più assoluta, intoccabili e nobili. La spinta di baciarlo e di dirgli che non aveva dubbi fu cieca, ma l'idea che la veridicità dei suoi sentimenti andassero confermati con una miserabile e volatile promessa a parole, la trattenne come un guinzaglio al collo. Non perché non gli fosse fedele, ma proprio perché lui stava mettendo in discussione la sua fedeltà. Le stava chiedendo una dimostrazione, includendo la possibilità che l'onda della mareggiata fosse all'orizzonte per colpa sua. E questo non poteva accettarlo.

-Io ti ho già scelto, Steve. Non ho bisogno di dimostrare niente. Forse quello che non è sicuro di noi, sei tu. - asserì con una punta di risentimento. Se fosse stata una sfida tra cavalieri, la sua mano sarebbe stata già pronta sull'elsa e lo scudo l'avrebbe aspettata.

Visione attraversò il muro e spaventò entrambi.

-Chiedo scusa, volevo solo informare che il signor Happy Hogan ha appena attraversato il viale principale.

Natasha sollevò Jay-Jay per fargli fare canestro. Esultarono insieme. Il bambino urlò, saltellando sul posto e puntando un dito verso l'ingresso: "È una limousine!".

-Divertiti. Ti aspetto.

Steve le lanciò un ultimo sguardo severo prima di lasciarla andare. Abbassò il capo sconfitto quando la porta d'ingresso si chiuse fragorosamente.

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