Nebbia E Tenebre | MARVEL โท

By Nadja-Villain

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Per ogni conquista c'รจ un prezzo da pagare. L'antidoto che doveva assicurare la vita ad Astrid l'ha fatta cro... More

๐—œ๐—ก๐—ง๐—ฅ๐—ข๐——๐—จ๐—ญ๐—œ๐—ข๐—ก๐—˜
1 . Fiume in piena
2 . Tonnellate
3 . Ventuno Dicembre
4 . Rinforzi
5 . Cantina
6 . Vissuti segreti
7 . Forzatura
8 . Fuliggine
9 . Lucciole
10 . Campanelle
11 . Etere
12 . Confini sottili
13 . Ostaggi
14 . Astrid รจ in TV
15 . Piano ribelle
16 . Saluta i tuoi fan
17 . Manifesto
18 . Dieci per cento
19 . Olio e gas
20 . Infantile
21 . Profondi stati emotivi
22 . Central Park
23 . Presentazioni discutibili
24 . Idromele
25 . Sogni lucidi
26 . Seiรฐr
27 . Zucchero
28 . Opinione Pubblica
29 . Adulti
30 . Confronti
31 . Scambio di coppia
32 . La prestigiatrice
33 . Tornerรฒ
34 . Cautela
35 . Scommesse
36 . Effetto Rosenthal
37 . Ubiquitร 
38 . Condizioni
39 . Confessioni rischiose
40 . Forbici
41 . Voragine
42 . Altitudine
44 . Cambiamenti
45 . Vecchie amiche
46 . Un'arma su misura
47 . Creep
48 . Dress Code
49 . Sorridi
50 . Esposizione
51 . La Navicella
52 . Ore Piccole
53 . Eclissi
54 . Il Bimbo-geco
55 . Testimoni
56 . Gerbere gialle
57 . Domani
58 . Regole per uscire di casa
59 . Vittime
60 . Zheltyy tsvetok
61 . Un gioco da ragazzi
62 . Pessime idee
63 . Acque calme e braci accese
64 . Disarmati
65 . Accoglienza

43 . Dritto nel cuore

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By Nadja-Villain

L'orfanotrofio si presentava come un vecchio monastero ristrutturato. All'interno dei cancelli c'era un piccolo cortile che portava davanti ad uno spazio liminale. Un portone massiccio di legno dava su un chiostro e un giardino verdissimo, incorniciato da una siepe perfettamente tagliata, ferito solo dalle tegole e dai resti di colonne frantumate: una porzione di tetto aveva ceduto durante la battaglia.

Astrid girò tutto il loggiato verso una porta già aperta. Salì le scale di marmo chiamando per nome il bambino. Lo immaginava schiacciato sotto un macigno o nascosto per la paura. La sua voce echeggiò nelle lunghe stanze vuote. Trovò il dormitorio. Una serie di lettini erano disposti in due file contro le pareti. Le coperte erano state ripiegate. Gli armadi erano ancora pieni di vestiti, i giocattoli erano riposti ordinatamente, segno che la fuga era stata programmata e non era avvenuta all'improvviso.

Sopra un cuscino, era stato abbandonato un peluche a forma di coniglio la cui orecchia era stata ricucita alla buona. Nella stanza di fianco cadde un oggetto. Astrid seguì il rumore fino alla cucina. Jay-Jay era in piedi su una sedia con un cucchiaio in bocca e una mano nel freezer. Ne cavò un gelato in stecco e improvvisò un balletto vittorioso, mentre si leccava le labbra. Quando si accorse di Astrid si gelò esattamente dov'era. Stettero in silenzio per un lungo secondo, il primo perché era stato colto con le mani nel sacco, la seconda perché era senza parole.

-Cofa? - chiese Jay-Jay, il cucchiaio che gli schiacciava la lingua.

-Sei tornato indietro per il gelato? Ti ho rincorso perché volevi fare merenda?

-Lo vuoi anche tu?

Astrid fece un sospiro profondo per non arrabbiarsi.

-Scendi di lì. Dobbiamo andare.

Jay-Jay scese dalla sedia e la ripose sotto il tavolo, come se Sokovia non fosse in procinto di scoppiare da un momento all'altro e avessero tutto il tempo del mondo per mettersi comodi. Si rigirò l'involucro del dolce tra le dita per capire come scartarlo.

-Hai preso il game-boy?

Jay-Jay infilò la mano nella tasca del giacchetto e le mostrò il gioco esponendone un angolo.

-Andiamo. Quello te lo mangi dopo.

-Ma si scioglie.

Astrid fece fatica a trattenersi. Come poteva dire a un bambino di dieci anni che se non si fossero mossi per raggiungere le scialuppe sarebbero saltati per aria insieme all'intera città? Così. Glielo disse esattamente come lo aveva pensato. Jay-Jay spalancò le ciglia lunghe, lasciò il cucchiaio sul tavolo e si incamminò senza dire una parola.

Il suolo tremava mentre Sokovia si sollevava ancora. L'intero edificio minacciava di crollare da un momento all'altro. Il legno del soffitto scricchiolava e le murano erano franate in più punti. Mentre si infilavano nel corridoio, una parete rovinò sulle scale. Jay-Jay tirò Astrid da una manica per farsi seguire: potevano passare da un'altra parte. Attraversarono la sala mensa. Un lungo tavolo circolare occupava la stanza. Gli arredamenti erano scarsi e minimali, i colori neutri e annullavano ogni stimolo sensoriale. In contrasto, sulla parete più estesa era disegnata una gigantesca navicella spaziale e tutti i bambini dell'orfanotrofio le giravano attorno. Un unico bambino era in mezzo a loro. Jay-Jay puntò il suo volto: "Questo sono io! La maestra ha detto che potevo disegnarmi al centro".

Astrid rimase sconcertata dall'accuratezza delle proporzioni e dei dettagli. Nonostante rimanesse comunque un disegno acerbo, non sembrava fatto da un bambino di dieci anni. Jay-Jay si dimostrò molto soddisfatto mentre si atteggiava come un pittore modesto davanti al proprio miglior capolavoro: "Sì, dai. Si può migliorare".

Spinsero un portone massiccio che doveva trasferirli ad un'uscita posteriore. Stavolta si trovarono in un corridoio che proseguiva verso il cortile. A sinistra l'uscita, a destra una strettissima gradinata scendeva nel sottosuolo fino ad una curiosa porta zincata del tutto estranea allo stile del monastero del XIV secolo.

-Loro non vogliono che entri lì.

-Perché?

Jay-Jay fece spallucce. La voce del Capitano nell'auricolare sollecitava i civili a prendere posto nelle scialuppe di salvataggio. Avevano ancora un po' di tempo. La maniglia era bloccata. Essendo una porta tagliafuoco, Astrid dovette prenderla a spallate. Dal muro si staccarono pezzi di intonaco. Strisce di neon bianchi illuminarono una serie di scrivanie, carrelli, un paio di microscopi e altri macchinari più piccoli, dispenser e provette vuote, sacche per infusione e flebo inutilizzati. In fondo alla piccola camera c'era uno scaffale in metallo con un'anta a scorrimento. All'interno, una schiera di libri di medicina e faldoni etichettati con nome e cognome in ordine alfabetico. Sul dorso di uno di essi, vi era stato incollato l'adesivo di una navicella spaziale. Accanto, il nome di "Joseph Martin". Astrid provò un brivido, ma ciò che attirò di più la sua attenzione, fu un diario dalla copertina in finta pelle bruciacchiata e le pagine piene di orecchie. Era posato di faccia sopra i faldoni ben catalogati e immacolati, completamente fuori posto. Lo sfogliò velocemente, senza leggere. Una fotografia polaroid svolazzò sul pavimento. Astrid la raccolse e si accorse che una delle due figure ritratte in essa le assomigliava. Anzi, era proprio lei, con la maglietta degli AC/DC che Tony le aveva fatto credere di aver rubato dal suo armadio. Rideva. Un braccio sulla spalla di una giovane dai capelli neri, gli orecchini a cerchio e un neo sul labbro.

Una provetta si frantumò per terra. Jay-Jay fece una faccia colpevole. Il libro svanì in una nuvola aranciata. "Andiamo via" disse Astrid, presa da una terribile sensazione. Dovevano lasciare immediatamente quel posto. Afferrò il braccio del bambino e se lo trascinò dietro verso l'uscita. Come arrivarono in cima alle scale, un'ombra si mosse dietro la porta nella sala mensa. Corsero verso il cortile, ignari che una figura li stava aspettando proprio lì, davanti al cancello, affannata e iraconda.

Una gettata d'acqua investì Astrid come un treno. L'Avenger scivolò per metri nella direzione opposta. Si alzò immediatamente e corse verso il cancello cavalcando una nuvola di vapore. Un'altra gettata la sbatté contro il muro.

-Lui viene con me.

La voce di Radu era graffiante, i suoi occhi erano piccoli e incavati. Tutta la parte sinistra del capo colava di sangue. I capelli e la maglia ne erano zuppi.

-Te lo puoi scordare. - ringhiò Astrid mentre la tuta fumava.

-È mio nipote.

-Lo era anche quando stava sulla strada, in mano a dei criminali, senza un tutore?

-Non l'ho cercato di proposito per non creare danni peggiori. Quelli che stai creando tu.

-Peggiori di cosa? Di avere una famiglia?

-Non puoi tenerlo al sicuro.

-Tu sì? Vicino a un laboratorio che sembra fatto apposta per fare esperimenti sui bambini?

-Non sai come stanno le cose.

-Avanti, raccontami un'altra storiella strappalacrime. Sono tutta orecchi.

La tuta si incendiò. Jay-Jay balzò all'indietro e andò a nascondersi. Astrid sferrò un pugno. Il sokoviano si ritrasse e la spinse a terra. Era stanca, ma più arrabbiata e più intenzionata a vincere della volta precedente. Aveva appena affrontato un esercito di robot, un attacco di panico, il suo incubo peggiore si era concretizzato, doveva portare Jay-Jay alle scialuppe e farlo prima che Iron Man e Thor cancellassero il terreno sotto i loro piedi.

Radu sbattè contro il muro, stordito precedentemente dalla ferita che probabilmente si era fatto nel tentativo di risalire su Sokovia. Astrid fece una capriola, si alzò in piedi lanciando le gambe in avanti. Schivò un pugno di ghiaccio marmoreo e atterrò il potenziato con un pugno nel ventre.

Radu volò contro un muro portante che si ammaccò e si sbriciolò, ma resse. Le ginocchia del sokoviano invece si piegarono.

-Non ti reggi nemmeno in piedi. - osservò Astrid, fingendo di avere tutte le energie a disposizione. Radu si asciugò la faccia. Spazzolò la pietra del pavimento con un palmo.

-Io sono cresciuto qui. In queste mura, insieme a mio fratello. Voi Avengers vi attribuite il ruolo di salvatori del mondo, ma la mia casa è distrutta e io non sarò salvato, come nessuno ha salvato mio fratello. Dopo oggi, la gente di Sokovia sarà condannata ad essere per sempre straniera, ospite in casa d'altri, per la vostra megalomania. Le nostre origini verranno spazzate via. Oggi vincerete voi, di nuovo. Vincono sempre i pochi, a discapito dei molti. È sempre stato così. Non siete diversi da chi vuole i conflitti. Siamo sempre noi a perdere, dopotutto.

Astrid spense le fiamme, toccata, presa dai sensi di colpa. Si fidò delle sue parole, pregne di affronto. Pensò a cosa avrebbe detto il Capitano.

-Vieni con noi. Ti aiuteremo.

Radu abbozzò una risata arida.

-Veramente non ti rendi conto? È finita per me. Non ho più nulla per cui lottare. Me lo avete portato via. Tutto questo avrebbe avuto senso solo se il piano di Ultron fosse andato a buon fine.

Radu premette un palmo sul pavimento che si trasformò in sabbie mobili. Si sciolse come ghiaccio al sole e Astrid ci cadde dentro fino a metà busto. Il marmo si ricompattò attorno a lei impedendole di muoversi. Cercò di tirarsi fuori, ma le sue gambe erano bloccate. Urlò dalla frustrazione, la stanza diventò un forno inceneritore e Radu dovette dileguarsi per sopravvivere. Come se non bastasse, il Capitano prese a chiamarla insistentemente dall'auricolare.

-Le scialuppe sono piene. Stiamo per salpare. Ce ne sono altri? - Thor rispose di no da lontano - Qualcuno ha visto Astrid? Barton?

-Negativo. Sto facendo il giro nei dintorni. La troverò.

Astrid impugnò la spada e la conficcò nella pietra per tirarsi fuori.

-Sono all'orfanotrofio. - rispose mentre faticava a sgusciare dal marmo.

-Perché ci stai mettendo tanto? È successo qualcosa? - domandò Steve.

-C'è Radu. - spiegò lei, semplicemente mentre scavava ancora mettendoci tutta la forza che aveva.

-Come mi oriento? - le chiese Clint che dal respiro sembrava sfiancato.

Astrid rispose ironica, scocciata dalla domanda. Non aveva la testa di dare indicazioni mentre era sepolta per metà corpo.

-Ti farò un segnale di fumo.

Jay-Jay era nascosto in uno sgabuzzino. La fessura da cui entrava la luce era stretta, ma ci poté scorgere la figura dello zio che zoppicava. Si mise una mano al naso e alla bocca per non farsi sentire. Trascinò un tallone all'indietro, pensando di avere più spazio, ma spostò il manico di una scopa che perse l'equilibrio e colpì il legno dell'anta.

Radu affinò l'udito. Dietro di lui serpeggiava una coda di fumo. Le fiamme brulicavano e si mangiavano il pavimento ad ogni passo. La sciabola era rossa e il metallo comune bruciava come su un incudine pronto per essere battuto. Quando il braccio umido si distese per aprire l'anta dello sgabuzzino, Astrid gli saltò addosso. Radu si dimenò. Con i palmi trattenne la spada che voleva raggiungere il collo e che intanto gli tagliò i guanti e la carne. Indietreggiò cercando un ostacolo. Uscì dalla stanza, sbatté l'avversaria più volte contro la parete per farla cedere. Astrid accusò la botta e lasciò la presa. Raggiunse il suolo, trasformò la spada in pugnale, per recuperare spazio di manovra, lo infilò nel quadricipite. Radu rotolò a terra. Un ricciolo di fumo salì verso il soffitto quando la punta della sciabola gli tirò su il mento.

-Potrei ucciderti ora.

-Fallo. Che aspetti? Cosa vuoi dimostrare? Che sei un'eroina?

Astrid fece una smorfia di rabbia mista a disgusto, mostrando i denti. Non sapeva quale domanda fargli per prima, ne aveva troppe. Cosa ci facevano in quel laboratorio? Perché c'era una sua foto in un diario con la sua calligrafia? Cosa significava il disegno nella mensa e l'adesivo? C'era un legame con gli esperimenti di cui aveva parlato Wanda? Il tempo scorreva. Così partì dalla più importante in assoluto.

-Perché Jay-Jay? Perché è così speciale?

-Il debito di mio fratello era lui.

-Spiegati.

Radu sentì la pelle del collo ustionarsi. Deglutì.
Quello che aveva raccontato all'Avenger, a distanza di un'ora scarsa, non era del tutto falso. Tuttavia, aveva apportato delle modifiche notevoli e ora era il momento di svelarle più dettagli.
Circa quattordici anni prima, suo fratello, Anton, aveva firmato un contratto con una casa farmaceutica per la sperimentazione di alcuni farmaci. Una cosa abbastanza comune all'epoca. Un giorno, un dottore esterno alla clinica gli aveva offerto uno scambio più alto: un milione per un bambino orfano. All'inizio Anton aveva rifiutato, riluttante all'idea di un baratto tanto agghiacciante, ma i debiti e l'insistenza del dottore avevano iniziato a piegare la sua morale. Anton si era imposto, aveva detto di volere più soldi per una richiesta così particolare. E poi, dove lo trovava un bambino orfano? Tanto fu la sua insistenza che il dottore gli diede una metà in anticipo, ma Anton non concluse mai lo scambio e gli scagnozzi andarono a trovarlo sempre più spesso, finché un giorno Radu non lo aveva trovato con le costole rotte in un vicolo.

-Mi raccontò tutto e lo aiutai a sparire. Andò in America dove cambiò nome e incontrò Sadiki, la mamma di Jay-Jay. Due anni dopo nacque il bambino. Il dottore lo seppe e organizzò la retata e lo fece arrestare. Jay-Jay si è salvato perché uno degli uomini che vennero per mio fratello si ricordò di un favore che gli feci anni prima. Mi informò dell'accaduto. Poi fu ucciso e io uccisi tutti gli altri con le mie mani.

-È importante solo perché è un debito?

-Inizialmente era così. Finché non hanno scoperto che ha un potere che potrebbe salvare l'intero mondo da ogni sofferenza.

-Che potere?

-Non lo so. So solo che era al sicuro per strada, nell'anonimato. Ora non si daranno pace finché non lo troveranno di nuovo.

Astrid appoggiò una suola sul ventre del sokoviano, nell'esatta posizione di quando si erano scontrati nella nave, ma a parti invertite. Era stufa degli scienziati che pensavano di poter usare gli individui come pezzi di carne. E non ne voleva più sapere di persone che mentivano.

-Se non volevi trovare Jay-Jay per tenerlo al sicuro, ora cosa ci fa qui? Cosa ci fai tu con quei bambini? In un laboratorio segreto? Bastava che ti dissociassi da tutto questo. Potevi tenerlo al sicuro lontano da qui.

-Perchè Sokovia è la mia vita. Perché il mondo è piccolo. E perché ci sono cascato dentro per amore.

Astrid allentò la presa dall'impugnatura, in un momento di indecisione. Lo lasciò parlare.

-Sapevo che stesse studiando le ricerche di quel dottore con ossessione, ma pensavo fossero solo fantasie. Quando mi hanno chiamato dall'ospedale è cambiato tutto. Lei voleva applicare la Teoria di Hoffmann...

Astrid ebbe un singulto. Quel maledetto nome sbucava continuamente fuori come un fungo. E chi era la persona che studiava le sue ricerche?

-Hoffmann? È lui il dottore che ha fatto uccidere la famiglia di tuo fratello?

Radu annuì.

-Sognava un mondo nuovo. Una generazione di bambini superiori. Poi si è messo di mezzo Ultron e i numeri si sono ridotti. Ho rubato del Vibranio dagli scarti per creare la navicella. Quindici bambini sono pochi, l'idea era quasi sostenibile. Jay-Jay sarebbe sopravvissuto... Ma lei punta al mondo.

-Sopravvissuto a cosa?

Astrid alzò la testa perché udì pronunciare il suo nome all'esterno dell'edificio. Radu approfittò della sua distrazione per farle uno sgambetto e fuggire, ma non calcolò la ferocia dell'avversaria che affondò la spada nel ventre corazzato senza alcuna remora. La ferita eruttò copiosamente.

-A cosa doveva sopravvivere Jay-Jay?!

-Alle... Trasfusioni...

Un rivolo di sangue scivolò tra i denti di Radu mentre parlava. Tossì. La voce di Clint rimbalzò nel corridoio.

-Tienilo lontano... da lei. - rantolò il sokoviano.

-Lei chi?!

-Kappa... Vu... Emme...

Per la rabbia, Astrid girò la spada nelle viscere dell'uomo, il cui corpo ebbe un sussulto prima di smettere di respirare. Si asciugò le mani di sangue sulla tuta già sporca di olio motore e si allontanò dal cadavere. Jay-Jay era uscito dallo sgabuzzino grazie a Clint che lo aveva trovato. Le tese la mano, ma lei si sottrasse per non sporcarlo del sangue dello zio.

Sokovia era un accumulo di polvere, macerie e silenzio. Tutta la popolazione era stata spostata sulle scialuppe di salvataggio. Oltre a loro, solo i gemelli, Thor e Tony erano ancora giro. Pietro passò di lì proprio in quel momento e informò loro delle novità.

-Non per vantarmi, ma ho riempito metà scialuppa da solo con le persone che ho recuperato in giro. Voi non avete fatto granché. Ci ho persino ricavato un numero di telefono. Magari stasera la chiamo. Vorrà essere consolata dal suo supereroe preferito... Chi è Quicksilver per dire di no?

Clint lo rimbeccò per farlo zittire.

-Stammi dietro, vecchietto.

Pietro sparì nei vicoli con tutta la sua impertinenza. Un istante più tardi, degli spari colpirono i tetti delle case dietro di loro, facendo saltare le tegole. Astrid arrestò il passo.

-Contro il muro!

L'agente schiacciò la schiena contro la parete di una casa, tirandosi il bambino. Astrid li seguì. Gli occhi del falco ispezionarono la zona in modo veloce.

-È il Quinjet.

-Chi ci sta sparando?

-Non lo so. Nat è sulla scialuppa.

Astrid guardò dove guardava lui, verso una strada spaccata in due e gli edifici in bilico appoggiati l'uno sull'altro.

-Dobbiamo passare per forza di qui?

-Di là, la strada è più lunga e scoperta. Non faremo in tempo.

-Di qua è meglio?

-No. È solo più corta.

Barton prese in braccio Jay-Jay, che si copriva le orecchie. Vedevano le scialuppe quando una mitragliata segnò il terreno di fronte a loro. Corsero più forte, cercando riparo nel polverone. Una raffica di proiettili, spessi come biglie, colpirono la schiena di Astrid e tirarono dritto su Clint che era un uomo comune e non poté fare altro che lanciarsi dietro una macchina capottata e fare da scudo al bambino con il suo stesso corpo. Astrid scivolò sulla terra, per la spinta e lo spavento. Quando il pulviscolo scese e Hulk fece un balzo in alto di trenta metri per sventrare il jet di un Ultron redivivo, capì che aveva fatto un errore imperdonabile a non prendere in braccio Jay-Jay e proteggerlo lei stessa.

Una decina di fori bucavano la tuta del ragazzo dei pancake troppo dolci e la lingua ardita.

-Non lo hai visto arrivare?

Il corpo di Pietro incontrò il terreno rigido e senza vita.

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