Nebbia E Tenebre | MARVEL โท

By Nadja-Villain

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Per ogni conquista c'รจ un prezzo da pagare. L'antidoto che doveva assicurare la vita ad Astrid l'ha fatta cro... More

๐—œ๐—ก๐—ง๐—ฅ๐—ข๐——๐—จ๐—ญ๐—œ๐—ข๐—ก๐—˜
1 . Fiume in piena
2 . Tonnellate
3 . Ventuno Dicembre
4 . Rinforzi
5 . Cantina
6 . Vissuti segreti
7 . Forzatura
8 . Fuliggine
9 . Lucciole
10 . Campanelle
11 . Etere
12 . Confini sottili
13 . Ostaggi
14 . Astrid รจ in TV
15 . Piano ribelle
16 . Saluta i tuoi fan
17 . Manifesto
18 . Dieci per cento
19 . Olio e gas
20 . Infantile
21 . Profondi stati emotivi
22 . Central Park
23 . Presentazioni discutibili
24 . Idromele
25 . Sogni lucidi
26 . Seiรฐr
27 . Zucchero
28 . Opinione Pubblica
29 . Adulti
30 . Confronti
31 . Scambio di coppia
32 . La prestigiatrice
33 . Tornerรฒ
34 . Cautela
35 . Scommesse
37 . Ubiquitร 
38 . Condizioni
39 . Confessioni rischiose
40 . Forbici
41 . Voragine
42 . Altitudine
43 . Dritto nel cuore
44 . Cambiamenti
45 . Vecchie amiche
46 . Un'arma su misura
47 . Creep
48 . Dress Code
49 . Sorridi
50 . Esposizione
51 . La Navicella
52 . Ore Piccole
53 . Eclissi
54 . Il Bimbo-geco
55 . Testimoni
56 . Gerbere gialle
57 . Domani
58 . Regole per uscire di casa
59 . Vittime
60 . Zheltyy tsvetok
61 . Un gioco da ragazzi
62 . Pessime idee
63 . Acque calme e braci accese
64 . Disarmati
65 . Accoglienza

36 . Effetto Rosenthal

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By Nadja-Villain

Frugò nelle tasche esterne del borsone, lo vuotò. Cercò nelle tasche del giubbino, ma nulla. I capelli gocciolavano sul tessuto impermeabile e sulle mattonelle del bagno. Si infilò una t-shirt degli AC/DC e se la arrotolò sopra l'ombelico. Recuperò tutto ciò che aveva caoticamente sparpagliato sul pavimento, chiuse la zip e uscì dal bagno. Il ritmo serrato di un brano hip-hop proveniva dal piano di sopra. Si affacciò alla cucina.

-Avete visto il mio lettore MP3?

Precisò che fosse nero, che sul retro ci fosse uno sticker a forma di teschio e che erano spariti anche gli auricolari. Nessuno lo aveva visto. Persino la bambina di Clint si espose per dire la sua, con un acuto: "Nemmeno io!".

-Può esserti caduto sul Quinjet? - ipotizzò Clint portandosi uno straccio sulla spalla e girando un mestolo con l'altra mano. Diede due colpetti sul bordo di una padella.

Natasha, seduta al tavolo davanti ad un disegno, le disse che aveva visto Tony passare con una borsa e un dispositivo in mano e che aveva chiesto un computer per lavorare. Astrid trattenne un insulto. Se lo riservò per dopo. Laura le indicò lo studio del marito, l'ultima stanza a destra al piano di sopra.

Salì le scale quattro a quattro. Si sfregò i capelli facendo evaporare l'umidità rimanente. Ora mi sente, pensò. Riconobbe la sua voce e quella del figlio di Clint che parlottavano tra loro su un certo Eminem. Spalancò la porta socchiusa con foga e lo trovò piegato su una scrivania ricoperta di cavi.

-Ehi! Guarda chi si rivede!

Quando Astrid allungò il collo, scoprì che i cavi ingarbugliati collegavano il PC ad un pad e ad un dispositivo più piccolo, aperto in due come un libro e dissezionato come un cadavere su un lettino dell'obitorio. Si portò una mano al petto.

-È il mio lettore?

-Ah-ah...

-Cosa ci stai facendo?

-Lo sto migliorando.

-Nessuno te l'ha chiesto.

-Aveva un difetto nella scheda madre. Mi ringrazierai più tardi.

-Ne ho bisogno adesso.

-Appena avrò terminato di installare l'aggiornamento sarà tutto tuo.

-Aggiornamento? C'è uno psicopatico di platino in libertà... - che, per altro, era una sua invenzione - ...e tu pensi ad aggiornare il mio MP3?

-EightMile, Puoi lasciare la stanza agli adulti? Devono parlare di cose da adulti.

Cooper spense la TV e si dileguò sbuffando.

-Lo sai, avevo una maglietta come la tua, prima che me la rubassi.

-L'ho trovata nel cassetto, non avevo idea che fosse tua.

-La rivorrei indietro prima che me la sbruciacchiassi.

-Non ne ho un'altra di ricambio.

-Peggio per te. Chissà cosa penseranno gli altri vedendoti uscire in bikini dalla stanza in cui stavo lavorando. Al buon vecchio Rogers verrà un infarto.

Le dita di Tony si muovevano nell'elettronica precise e sapienti e digitavano su una tastiera luminosa. Serrò il cacciavite tra i denti, modellò dei fili di rame attorno al cip, finché non si accorse del silenzio.

-Sto scherzando. Non ho mai visto questa maglietta in vita mia. Dovresti vedere la tua faccia, è esilarante.

Tony ridacchiò soddisfatto, mentre la barra di caricamento sul monitor si riempiva a tacche.

-Qualcuno ti ha mai esplicitamente e dettagliatamente descritto quanto tu possa essere molesto?

-Ti va di bere qualcosa? L'aria sta diventando secca.

Ed era vero. Più probabilmente perché la pelle di Astrid, per la rabbia, stava sfiorando la temperatura di una marmitta accesa e riscaldava la stanza come una stufa elettrica.

-Ti sembra il momento di bere?

-Sono terribilmente assetato.

-È mezzogiorno.

-Facciamo un apertivo!

-Meglio di no.

-Stai facendo una guerra ai liquidi o è una sorta di fioretto?

Astrid gli spiegò che aveva appena scoperto che stare a lungo a contatto con l'acqua la indeboliva e che purtoppo doveva lavarsi per forza o iniziava a odorare di zolfo e di carbone, ma lui non ne sembrò toccato.

-Perciò il momento migliore per attaccarti è sotto la doccia?

Non ricevette risposta, se non tramite uno sguardo aspro. Aveva appena provato a dirgli che aveva un problema, ma lui pensava solo ai tuoi comodi. Glielo fece notare, ma nel mentre si rese conto che forse stava pretendendo troppo da lui. Tony nollò il cacciavite, incrociò le dita delle mani, fece un gesto per invogliarla. Imprecedibilmente le ripeté esattamente cosa aveva appena detto.

-Sono interessato ora, perciò continua.

La lingua di Astrid emise uno schiocco. Al principio tentennò perché si aspettava che il livello di attenzione fosse molto basso. Probabilmente avrebbe smesso di seguirla dopo tre secondi. Dubitava del fatto che valesse la pena parlargli delle sue preoccupazioni, ma gli diede lo stesso una possibilità. Iniziò col dire che non avesse idea di come funzionassero i poteri criocinetici di cui avevano parlato e Stark ne fu parecchio sollevato. Non finse nemmeno di dimostrare il contrario per empatizzare, dal momento che già una volta la sua armatura si era tramutata in una capsula di ibernazione. Tuttavia non era questo che turbava di più Astrid. Gli spiegò del sokoviano e di come era rimasta sopraffatta dal suo attacco. Non che ce l'avesse a morte con quel Radu, il fatto era che non si sentiva abbastanza forte.

-Non è così. Sei solo entrata in panico. Lavori bene sotto pressione, ti iperfocalizzi. Perchè non hai usato i miei coltelli?

Gli disse che li aveva usati, ma pensò ai pugnali. Dov'erano quei coltelli di cui le aveva accennato anche Clint? Non se li ricordava.

-Hai mirato sul suo punto debole o lo hai colpito per istigarlo?

Astrid si accigliò. Quell'uomo sembrava leggerla come un libro. Non sappe giudicare se la cosa la rassicurasse o la preoccupasse. Gli disse che aveva mirato all'avambraccio e poi al polpaccio. Perché non aveva puntato al collo? Non ci aveva pensato, ma Tony aveva una spiegazione anche a quello: voleva divertirsi.

-Come no! - sbottò lei - Non vedevo l'ora di incontrare l'unico essere umano al mondo immune ai miei poteri!

-È proprio questo il punto. Hai trovato una sfida. Il tuo obbiettivo è conoscere i tuoi limiti, non annientare la minaccia.

Il computer emise un bip catalizzando l'attenzione dell'informatico. Astrid si appoggiò coi palmi sulla scrivania per capire cosa fossero tutti i codici che stava inserendo.

-Io dico che è stato un Effetto Rosenthal. - continuò lui senza guardarla.

-Cioè?

-Mai sentito parlare della profezia che si autoavvera? Avevi talmente paura di perdere che hai lasciato che succedesse.

-Mi stava uccidendo, Stark. Non ci stavamo lanciando un pallone.

-Avanti, sei scampata due volte a morte certa. Hai sette vite, come i gatti. Ti sarebbe venuto in mente qualcosa se un soldato sotto steroidi non avesse giocato a salvare la donzella in pericolo con te.

L'espressione di Astrid si modellò alla sua indisponenza. Tony lo notò con la coda dell'occhio. Il suo animo turbolento ci rimase particolarmente agiato su quel sorriso o più che altro sulla forma delle labbra e la fossetta sulla guancia. Sentì la necessità di approfondire.

-Voglio dire, se non avessi saputo prima dei suoi poteri, avresti trovato il modo per avere la meglio prima che ti svelasse le sue mosse vincenti. Ti sei concentrata sull'unica cosa che conoscevi di lui, ovvero che ti avrebbe sottomessa facilmente e ti sei convinta all'idea appena si è dimostrato più determinato di te.

Astrid rimase muta per qualche secondo. Assimilò la lettura perspicace e ripercorse gli eventi. Geniale, pensò.
Tony premette un gruppo di tasti contemporaneamente e sul monitor apparve una seconda barra. La lasciò caricarsi. Girò un piede verso la direzione di Astrid, ruotando la sedia e scoprì che erano più vicini di quanto pensasse. Aveva una domanda che gli frullava nel cervello da quando avevano iniziato la conversazione. Astrid iniziò ad infastidirsi quando Tony divagò su una teoria secondo la quale avrebbero dovuto sperimentare la sua resistenza alla disidratazione, magari in un deserto.

-I miei poteri si basano sull'oscillazione interatomica delle particelle, non sono mica un fennec!

La sedia di Tony subì una spinta.

-Che cosa hai detto?

-Che non sono un fennec? - poi ci pensò meglio, prese a girare nella stanza per seguire il ragionamento. Effettivamente aveva ragione lui. Astrid era nata su un pianeta costituito interamente da fuoco e lava. Suo padre era un demone di fuoco, sua madre era asgardiana. Questo la rendeva davvero in grado di sopravvivere in un deserto?

-No, no, no... Non la cosa del fennec. Quella prima. Quella sull'oscillazione interatomica.

Astrid si grattò la nuca, non sapeva davvero come le fosse uscita.

-Forse l'ho letta su un libro.

-Una volta mi hai preso in giro mentre parlavo di un wormhole. Mi hai detto che non ero l'unico a saper leggere.

-Sei sleale, non posso difendermi su una cosa che non ricordo.

-Però ti ricordi dell'oscillazione interatomica.

Astrid si lasciò cadere sulla poltrona con un sospiro. Pensava ancora che stesse mentendo riguardo all'amnesia? Non aveva il coraggio di chiederglielo. Lo guardò lavorare. Le maniche della camicia a quadri arrotolate, la peluria sulla muscolatura di un uomo comune che trasudava fatiche e si trascinava un vissuto molto più maturo del suo. Una lingua dalla retorica spiazzante e un cervello che aveva partorito delle invenzioni superlative alla tecnologia moderna che doveva essersi portato da casa.
Si stava adoperando sul suo lettore come fosse una soluzione vitale. Lei, che era figlia di una strega e di un demone, non poteva fare altro che lasciarlo fare. Decideva lui. Come aveva fatto con Ultron. Non aveva bisogno di un sì o di un no per agire. Se Tony Stark ideava un progetto abbastanza stimolante per le sue sinapsi, non c'era complicazione che potesse ostacolarlo.
Sostò a lungo sulla sua barba appuntita. Si portò un indice sulle labbra mentre pensava al pizzicore che aveva sognato. Indugiò sulla figura protagonista di un sogno imbevuto di una passione irresistibile, ma crudamente privo di tenerezza. Non aveva niente di quell'uomo dentro di lei. Pregò di provare qualcosa in quell'istante, ma il suo cuore era vuoto e non poteva farci niente.
Le pareti di plastica dell'involucro del dispositivo fecero un clack sotto i polpastrelli e lei sussultò. Le mani veloci arrotolarono il cavo degli auricolari attorno al walkman come una cintura stretta. Si ricompose mentre le veniva riconsegnato.

-Ecco qua. Vedi di non farlo surriscaldare di nuovo.

-Non mi hai cancellato niente, vero?

-Non ho toccato lo spazio di archiviazione.

Tony allineò alla buona la vecchia tastiera allo schermo. Raffazzonò lo stretto necessario che occupava la scrivania di Barton, compresa l'action figure in miniatura di un elfo e si chiese da dove fosse spuntata. Per un attimo pensò di centrare il cestino. Si portò in spalla la borsa.

-Bene, dottoressa Sullivan, penso proprio che andrò a bermi una birra.

Astrid si rigirò il walkman tra le dita.

-Perché lo fai?

-Fare cosa? Bere la birra?

-No... - alzò gli occhi al cielo e non riuscì ad arrestare un angolo della bocca. Parlare seriamente con Tony era più difficile che seguirlo davanti a un computer. Sebbene le fosse rimasta una pulsione di ilarità, non fu più sicura di parlare, ma non aveva altri argomenti pronti con cui pararsi. Si sedette sulla scrivania accanto a lui. - Dare e togliere. Prima non volevi vedermi, poi abbiamo ballato, sul Quinjet ti sei seduto accanto a me, ora fai lo sbruffone e ti prendi cura delle mie cose... Mi piacerebbe che non mi ignorassi di nuovo quando torneremo a casa.

-Non lo farò... Se smetterai di fare gli occhi dolci al soldatino d'america.

A quel punto, Astrid scese dalla scrivania. Sospirò. Se ne stava andando e si fermò con la mano appesa alla maniglia. Un lungo sguardo pregno di esitazione si instaurò tra di loro e portò chiasso in un silenzio pressante.

-Steve è la prima persona che mi ha fatta sentire al sicuro.

-Solo in questa vita. Prima non era così.

Qualcuno di sotto rise sguaiatamente, forse ad una battuta. Il reattore ARC in rilievo brillava attraverso il tessuto e generava un sibilo sottilissimo. Astrid ne seguì la forma circolare con due dita, il braccio teso, un gesto distaccato. Sollevò le ciglia per controllare la reazione. Gli occhi di Tony, due buchi neri, interruppero il contatto visivo solo per soffermarsi sulle labbra che avevano davanti. Fu un'azione fulminea, ma non abbastanza perché non venisse notata. Teneva il fiato sospeso. Il battito, sotto la corazza di orgoglio, pulsava come per correre a nascondersi. Il bacio ebbre che aveva assaggiato nel sonno si adagiava ancora sulle sue labbra. E lui lo sapeva.

-Non posso ricordare...

-Sì, invece.

Con un gesto placido, Tony abbandonò la borsa sul tavolo. Afferrò il mento tondo di Astrid e passò sulle labbra calde con un pollice. Gli sfuggì. Astrid accennò un passo indietro. Gli diede le spalle, sperando bastasse, ma immediatamente dopo le mani mature la ripresero. Un braccio si avvinghiò attorno alla sua vita e la punta del naso dell'uomo le sfiorò il collo. Era piacevole e l'inadeguatezza che aveva provato dopo essersi svegliata dal sogno si era tramutata in una necessità di saggiare il territorio inesplorato.
Prima alla festa, poi sul Quinjet, Tony aveva efficientemente controllato i propri impulsi, attorno a quel fisico assassino che ora lo chiamava anche da sotto una sformata maglietta degli AC/DC. Il suo occhio andava oltre, com'era sempre stato. Non poteva fare altro che pensarlo nudo, assoggettato, disteso sopra un letto, oppure in una sua armatura, o eroticamente sottolineato da un confine sottile quanto un tessuto aderente come un abito in raso, o elastico come il costume da supereroina. Era stato bravo fino ad allora. Si era persino complimentato con sé stesso allo specchio del bagno dell'attico, gli aloni di sudore sulla camicia. Ma nel momento in cui sprofondò le narici tra i nodi dei capelli selvaggi di Astrid, li annusò come per riempirsi di lei e ogni motivazione non fu più valida. Una mano testarda intercettò la sua, mentre si arrampicava sulla piega della schiena levigata e bollente.
La volontà di Astrid stava cedendo. Il pensiero che si fosse fatto coraggio ad avvicinarsi solo per ricordarle chi erano stati, le faceva pizzicare in ogni millimentro di fascio nervoso. Tony l'aveva scoperta e ora non poteva più fingere. La sua barba la graffiava, la sua voce la scioglieva, le sue mani la conquistavano centimetro per centimetro. Era uno scontro impari. Quell'uomo conosceva troppi suoi punti deboli, sapeva bene quali pulsanti toccare e il non avere un solo ricordo di loro insieme era allo stesso tempo spaventoso ed eccitante.
Rumori prossimi alle scale li fecero dividere. Si schiarirono la voce, guardarono altrove, mentre Clint si dirigeva verso la stanza.

-Tutto bene? Il tuo walkman?

-Mi ero dimenticata di avergli chiesto di aggiustarlo. - rispose Astrid.

-Come ha detto lei. - confermò Tony.

Lo sguardo del falco rimbalzò da un volto all'altro, studiando il comportamento insolitamente impacciato di entrambi i "ragazzi" che si finivano le frasi come a coprirsi a vicenda.

-Tra poco siamo a tavola, se volete venire...

Attesero che sparisse per le scale prima di comunicare di nuovo, gli sguardi a terra, timorosi di ritrovarsi sulla stessa linea d'aria. Astrid si schiarì la voce una seconda volta. Sperò che Clint non li avesse visti e che non sospettasse nulla. Tony si passò una mano sulla barba e finse di interessarsi alla polvere sul televisore.

-È meglio andare. - fece lei afferrando il lato della porta, ma non si mosse.

-Dopo di te. - disse lui, sfregandosi le mani e rimase coi piedi incollati al pavimento. Fece un gesto con la mano.

Fu un'ennesima occhiata intrepida e prolissa a mandare all'aria tutti i loro piani. Tony allungò la falcata, spinse Astrid contro la porta che si chiuse sbattendo. Schiacciò il bacino contro il suo e la baciò con tutto il desiderio che si era tenuto dentro, sicuro di appagare la bocca affamata che divorava la sua, ansimando. Le dita di Astrid si insinuarono tra i capelli arruffati, fecero pressione sulla nuca di lui perchè entrambi potessero sfamarsi l'uno dell'altra. Le mani corsero ovunque, lungo la schiena, sul seno, sul ventre, scesero incastrandosi e tirando e infilandosi sotto gli indumenti, rincorrendo disperatamente un piacere da appagare nell'immediato.
Tutto il mondo si era annichilito in quel contatto fisico aggressivo. Ma ancora più inaspettato per Astrid, fu il fatto che non riusciva a rifiutarlo, anzi lo bramava. Finché, d'un tratto, nella sua mente non apparve una donna raffinata che si incipriava il viso e la avvisava di non fidarsi delle sue promesse: Virginia Potts. La fidanzata dell'uomo che stava baciando. Affondò le dita nelle tasche dei jeans e camminò in avanti. Tony la assecondò camminando all'indietro, colto alla sprovvista da un'idea perversa. Si lasciò andare sulla poltrona, il sudore che gli colava sulla pelle, completamente perso tra i baci e le mani giovani e bollenti che finirono sui suoi pantaloni. Si fidò di lei, mentre gli slacciava la cintura. Quando la vide alzarsi e avvicinarsi alla porta, pensò che fosse per girare la chiave, invece la guardò dirigersi verso il piano inferiore il più in fretta possibile. Anche la sua profezia si era avverata.

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