Acheronta Movebo

By _AlanSmithee_

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"I poeti canteranno gli eroi, consegnandoli all'Immortalità" Ecco ciò che mi hanno insegnato. E io ho consuma... More

PARTE I - TACERE
CAPITOLO 1 - VITA NUOVA
CAPITOLO 2 - IL MIO ULISSE
CAPITOLO 3 - UNA PUNIZIONE INGIUSTA
CAPITOLO 4 - NON SONO UOMINI
CAPITOLO 5 - UNA SERATA COME TANTE
CAPITOLO 6 - SIGNOR VENTO
CAPITOLO 7 - NOTIZIE
CAPITOLO 8 - CON QUESTO AMULETO IO TI PROTEGGO
CAPITOLO 9 - MAGGIORENNE
CAPITOLO 10 - DIVENTARE ADULTI
CAPITOLO 11 - LA ZANZARA
CAPITOLO 12 - LE EROINE NON ESISTONO
CAPITOLO 13 - NIENTE PIU' FAVOLE
PARTE II - VOLERE
CAPITOLO 1 - ROMA CAPUT MUNDI
CAPITOLO 2 - I FIGLI DELL'URBE
CAPITOLO 3 - STORIE DI MEZZANOTTE
CAPITOLO 4 - MUOVERO' L'ACHERONTE
CAPITOLO 5 - UN TALENTO NASCOSTO
CAPITOLO 6 - IL FIGLIO DEL CONSOLE
CAPITOLO 7 - PORTA DI CORNO, PORTA D'AVORIO
CAPITOLO 8 - FUGGE IL TEMPO IRREPARABILMENTE
CAPITOLO 9 - LA CASA DELLA SIRENA
CAPITOLO 10 - IL MAESTRO SENZ'ANIMA
CAPITOLO 11 - NON FA RIDERE
CAPITOLO 12 - PATER FAMILIAS
CAPITOLO 13 - LA PRIMA VOLTA
CAPITOLO 15 - LA VIA DEL RITORNO
CAPITOLO 16 - TRA LE RIGHE
CAPITOLO 17 - LA COLPA E' DELLA SPADA
CAPITOLO 18 - UN BUON ESEMPIO
CAPITOLO 19 - ALLO SCOPERTO
CAPITOLO 20 - UOMO D'ONORE
CAPITOLO 21 - FUGGI DOVE SORGE IL SOLE
PARTE III - OSARE
CAPITOLO 1 - SANGUE DEL TUO SANGUE
CAPITOLO 2 - PASSATO, PRESENTE, FUTURO
CAPITOLO 3 - ESTRANEO
CAPITOLO 4 - DIMMI DI PIU'
CAPITOLO 5 - LUNGA VITA AL RE
CAPITOLO 6 - UN'ALTRA SCUSA
CAPITOLO 7 - LA SOLUZIONE
CAPITOLO 8 - FIORE D'INFERNO, LUPO CANTORE

CAPITOLO 14 - IBIS REDIBIS

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By _AlanSmithee_

Se quella notte era stata un turbinio di emozioni, il giorno seguente fu... strano. Il Sole annunciò una mattinata torrida e gli ospiti si alzarono con calma, uscendo nel portico a poco a poco. Dal divano su cui mi ero accomodato, scorsi Volumnia stretta al braccio del padrone e, più tardi, vidi Quinto e Sesto.

«Ho approfittato dell'alba per fare esercizio di pronuncia» chiarii ai miei compagni, cercando di non apparire indolenzito «Con Sirone non avevo mai tempo.»

Quinto sollevò un sopracciglio. «Ci conosciamo da oltre un anno e ti sei sempre svegliato prima di me» precisò, ingoiando un chicco d'uva «Perché senti il bisogno di dare spiegazioni?»

«Beh.... indubbiamente...» Smettila, Publio!

«Sei arrossito, lo sai?»

Balzai a sedere e il bruciore che avvertii mi fece sussultare.

«Hai bevuto?»

«Sto bene» sbuffai, mentre tentavo di ritrovare una posizione comoda.

Sesto mi porse una ciotola piena di formaggi. «Sei pallido: mangia qualcosa.»

In effetti, esclusa una manciata di bacche, non toccavo cibo da ore, però ero troppo stanco per avere fame. "Dovevo tornare nel cubiculum insieme a Sabino" la paura di svegliare i nostri compagni mi aveva tenuto lontano dalla stanza e adesso, più il Sole saliva nel cielo, più i miei sensi si annebbiavano.

Sesto tese di nuovo la ciotola. «Ti occorrono energie per raggiungere la Sibilla.»

«Ci andremo oggi?»

«Così pare» s'intromise Quinto, giocherellando con la bulla che portava al collo. A quell'età, io ero già adulto, ma un minorenne era una pedina preziosa e suo zio intendeva sfruttarlo: gli avrebbe dato la toga virilis in seguito. «Se desideri cambiare i programmi, parla con Catone.»

«Marco? Dov'è?»

«Vuoi davvero discuterne?» Quinto assunse un'aria compiaciuta «Mi sorprendi, mantovano! Non credevo che Napoli t'infondesse tanto...»

«Ho solo chiesto dov'è.»

«Stamattina non l'ho visto. Sarà alle terme con Sabino.»

Sorrisi, sforzandomi di non sembrare infastidito "Dunque, nemmeno Sabino è tornato in camera. E se...?" i miei pensieri tacquero nell'attimo in cui, sulla soglia del portico, comparve un uomo diafano, antico quanto il Tempo e seguito da un bagliore. Abito candido, lunga barba bianca, occhi crepuscolari. "Un Dio?" trasalii, spostando l'attenzione sul resto dei presenti. Tuttavia, non trovai stupore nei loro sguardi, quasi fossero ignari dell'apparizione. Poi, notai Marco accanto alla figura luminosa.

«Non era alle terme» dichiarò Sesto, aggiustandosi i capelli dorati e andando incontro ai due.

«Lo vedi anche tu?» cercai supporto in Quinto, ma lui mi fissò perplesso e aspettò che i nostri compagni accompagnassero lo sconosciuto da noi.

«Ricorderai il figlio di Cicerone» disse Marco in tono pacato «E questo è Virgilio, un altro studente di Epidio.»

La figura luminosa mi esaminò senza cambiare espressione. Neppure la più austera tra le statue era tanto ieratica.

"Un Dio" ripetei, indeciso se chinare la testa.

Lui, invece, tese la destra verso di me. «Lieto di conoscerti, Virgilio.»

"Dovrei stringere la mano... a un Dio?" tremai, però, appena sfiorai la sua pelle, ciò che avevo davanti mutò.

Un uomo in carne e ossa. Le guance erano sbarbate secondo l'usanza dell'Urbe, nei capelli scorgevo qualche filo bianco e non c'era traccia del misterioso luccichio.

«Sono il padre di Marco» continuò lui e, a ben guardare, la somiglianza era incredibile, come se il mio compagno avesse cancellato i segni della famiglia materna, appartenendo unicamente dalla gens Porzia.

«È un onore... conoscerti... Catone» furono le sole parole che pronunciai. Poi, quell'arrivo inatteso modificò i piani per la giornata: posticipammo la visita al lago Averno, Marco chiese a suo padre di seguirci, io dormii un paio d'ore e, nel pomeriggio, ci addentrammo nella foresta che separava la Sibilla dal mondo. La vegetazione era fitta e la presenza di un genitore creava un clima serio, tanto che fummo tutti lieti di giungere all'acropoli.

«Non mi hai ancora detto dov'eri stamattina» sussurrai all'orecchio di Sabino «Con Marco?»

Nessuna risposta. Mi accarezzò il dorso della mano e si fermò vicino agli altri, presso un tempio consacrato ad Apollo.

"La Sibilla abita qui?" ero deluso. Nella mia fantasia di bambino, viveva in una grotta cupa. L'avevo immaginata vecchia, temibile e avvolta dalle ombre, mentre l'edificio era un'elegante costruzione circondata dal verde, le colonne reggevano un tetto d'oro massiccio e il portone bronzeo era impreziosito da bassorilievi d'incredibile bellezza.

Catone scambiò qualche frase con una sacerdotessa dai capelli corvini e ci richiamò a sé. «Il Futuro è scritto, ma provare a leggerne un frammento può essere un folle volo» la sua voce arrivò calda e penetrante, facendomi sussultare «Non approcciate la Sibilla con leggerezza, mossi da una gioventù irrequieta. Chi si spinge troppo in alto privo del sostegno della Virtù ha un solo Destino: cadere.»

Un po' turbato, mossi gli occhi sul tempio e studiai la storia scolpita nel bronzo. C'erano gli Ateniesi, costretti a inviare i loro figli a Cnosso, la reggia di Minosse, il perverso amore che aveva generato il Minotauro, il labirinto, la fuga di Arianna con Teseo e... corrugai la fronte, cercando di distinguere l'ultima sagoma. "Un ragazzino alato?" non ne ero sicuro.

Fu Catone a fornirmi la risposta. «Icaro» dichiarò, indicando quell'abbozzo incompleto «Sia lui che il padre hanno abitato i cieli. Uno ha saputo farne ritorno, l'altro no. Vi invito a...»

«Perdonami» sollevai timidamente un braccio «Perché Icaro è l'unica figura non finita?»

«Il messaggio era già chiaro» tagliò corto Catone, senza nemmeno guardarmi «Le arti di Apollo sono tanto sublimi quanto pericolose. E voi tutti siete molto più simili a Icaro che a Dedalo: il mio invito, da uomo e padre, è di non interrogare la Sibilla. Osservate la sua casa, parlatele, ma non indagate il Futuro.»

Ci scambiammo occhiate dubbiose, mentre Catone chiedeva alla sacerdotessa come dovessimo venerare il Dio.

«Offritegli un ramo d'alloro imbevuto nel sangue di un vergine» mormorò lei, accennando alla pianta che cresceva ai piedi dell'acropoli «E pregate Apollo affinché vi conceda cuori moderati, vista lucida e lingue colme di parole.»

Noi ubbidimmo in silenzio; tuttavia, appena fummo abbastanza lontani, Quinto si avvicinò a Marco. «Salire fin qui e non interrogare la Sibilla!» ringhiò «Si può sapere perché hai coinvolto tuo padre?»

«Quegli oracoli sono oscuri e rischiosi.»

«Li avrei interpretati. Quantomeno, avrei fatto un tentativo» cercò sostegno nei nostri sguardi, ma nessuno intervenne «Posso pregare Apollo a Roma, o in Cilicia, o ovunque.»

Marco estrasse un falcetto e si chinò sull'alloro. «Considerato il tuo comportamento, oserei dire che il Dio non ti ha donato né un cuore moderato né una vista sottile» dichiarò con l'abituale tono paternalistico. Poi, recise il ramo più lussureggiante e ne esaminò le foglie, per accertarsi che non contenessero insetti o imperfezioni.

«Di' la verità!» lo provocò Quinto «Tu conoscevi la posizione di tuo padre e gli hai chiesto di venire apposta. Cosa c'è, Marco? Hai paura della Sibilla?»

Nell'udire quella frase, Sabino s'interpose tra i due. «Non ti permettere.»

«È un codardo e uno stupido: bastava non porre domande, se temeva le risposte. Perché negare l'oracolo a tutti?»

«Calmatevi» Sesto indicò il tempio, ricordandoci che eravamo in un luogo sacro «Anch'io avrei voluto una profezia, però, forse, è meglio così. Talvolta destabilizzano, credimi: da quando ci hanno predetto che Cassio darà la morte a mio padre, lui non fa che chiedere il nome a chiunque debba stargli vicino.»

Quinto incrociò le braccia e cominciò a battere il piede a terra, ma tornò insieme a noi dalla sacerdotessa.

«Il sangue di un vergine» ci rammentò lei e, subito, sentii il peso degli occhi di Marco. Si aspettava che mi facessi avanti.

"Non sa niente: Sabino è stato di parola" le mie labbra si tesero in un sorriso che, tuttavia, scomparve poco dopo. Dai quel sangue! se restavo fermo, Marco avrebbe capito, Apollo non si arrabbierà. Ne va del tuo onore. Eppure... una preghiera fasulla... versare sangue impuro in un tempio... era un affronto enorme.

Intanto, Marco continuava a fissarmi. Era certo che avrei agito. Poi, all'improvviso, cambiò espressione.

«Purtroppo, non ci sono vergini» Sesto si strinse nelle spalle «Se pregassimo Apollo con...»

«Prendi il mio sangue.»

"Non è possibile."

Quinto soffocò una risata. «Marco?!»

«Taci.»

«Hai ventun anni, per Giove!»

Lui ci studiò a uno a uno, fermandosi su suo padre. «Non sono sposato» sospirò, senza distogliere l'attenzione da Catone. Per la prima volta era a disagio, sebbene lo mascherasse dietro un fare risoluto. «Pretenderò una sposa vergine: sarebbe scorretto intrattenermi con altre prima di lei.»

«No, tu sei...»

«Argomento chiuso» tese il polso «Procedi pure.»

Guardai verso Sabino, ma non incrociai i suoi occhi, inchiodati sul ramo. "Ho immaginato tutto?" mi sentivo così stupido e in colpa "Quei gesti, quel legame troppo forte per essere una semplice amicizia... erano nella mia testa?". In un certo senso, stavo ricevendo una conferma del nostro Amore – e avveniva davanti al Dio della preveggenza – però non ero sereno e, quando il sangue colò sulle foglie, provai un'inquietudine inspiegabile. Dopo, al termine della preghiera, la sacerdotessa ci invitò a seguire una via sterrata.

«Malgrado non la interrogherete, la Sibilla vi aspetta, se desiderate visitare il suo antro.»

«Antro?» strizzai le palpebre, scorgendo una caverna scavata nella roccia. I fasci di luce all'interno dovevano provenire da decine di aperture secondarie. "Le porte da cui parla il Dio" era come mi avevano insegnato da bambino e, a poco a poco, l'immagine di una vecchia rifugiata nella grotta si ricompose, mentre il desiderio d'incontrarla vibrò nei miei polsi. "Chissà cosa potrebbe dirmi" osservai il resto del gruppo incamminarsi "Chissà se scorgerà il mio dono". La mamma sosteneva che provenisse da Apollo e, magari, molte risposte mi attendevano al termine della strada. Mossi un passo. Poi, mi fermai.

«Non vuoi vedere la Sibilla?» chiese la sacerdotessa, studiandomi coi suoi occhi da cerbiatta.

Scossi il capo. «Non oggi.»

Lei sorrise, abbassò le palpebre e rimase in contemplazione.

Feci lo stesso. In quell'angolo di terra, il Sole scaldava meno che altrove e l'aria già tiepida mi scompigliava i capelli, regalando una sensazione di pace.

«Dedalo.»

Mi girai verso la sacerdotessa. «Cosa?»

«L'autore dei bassorilievi» spiegò lei, prendendomi le mani «Ha impresso nel bronzo i ricordi di una vita e, per ultima, la morte di suo figlio. Da allora, anche Dedalo sentiva di non appartenere più al mondo e voleva che quella fosse la scena più bella, un finale tragico e perfetto, ma il dolore era troppo grande. Provò per due volte, poi si arrese.»

Restai zitto. Non ero nemmeno sicuro che qualcuno mi stesse davvero parlando, così, scrutai Catone e i miei compagni, fermi alla grotta in attesa d'incontrare la Sibilla.

«Non è una leggenda» proseguì la sacerdotessa «Dedalo è stato qui e, dentro il tempio, le sue ali continuano a battere.»

Avvertii il cuore galopparmi nel petto, ansioso di guardare quel prodigio. Pregala di farti entrare. Supplicala. Invece, non dissi nulla.

«Pur se incompleta, l'immagine di Icaro è la migliore» la giovane accennò al bassorilievo «Non pare anche a te che le lacrime di Dedalo vi si riflettano ancora?»

«Indubbiamente è...» lei mi lasciò le mani, facendo un passo indietro, e io notai che, a una a una, le scene cambiarono. Durò pochissimo– il tempo compreso tra due respiri – però, intravidi una pianta rigogliosa disegnarsi nel metallo. Non generava frutti, bensì piccole figure e paesaggi tremolanti. «Andes» bisbigliai, ritrovando uno scorcio della mia casa, con Flacco, Silone e i nostri genitori. Intanto, l'albero cresceva, schizzando vedute di Roma e di Posillipo. Riconobbi Cornelio, i miei compagni, il nonno, Ottavio... poi, man mano che salivo con lo sguardo, gli scenari diventavano nebulosi, come quel Futuro che possiamo intendere solo per frammenti. Qualche viaggio, moltissime parole e una famiglia destinata a sopravvivere. Corrugai la fronte, seguendo le ultime fronde della pianta. Si perdevano nel profilo di un tempio straniero. "O una reggia?" non ne avevo idea e, da spettatore inconsapevole, osservai col fiato sospeso "Dove finirà il sangue della mia gens?".

Un tribunale.

"Saremo avvocati?"

Un uomo accusato di lesa maestà.

"Ma Roma è una Repubblica...".

Dell'acqua fresca e un nome mai udito: Ponzio Pilato.


NdA

Di solito inizio coi ringraziamenti, ma stavolta -cenere in testa- lo faccio con delle scuse, perché questo capitolo doveva inaugurare la settimana pasquale e, invece, mi ritrovo a pubblicarlo lunedì dell'Angelo a causa di giornate (facciamo pure "settimane") alquanto turbolente. Quindi, perdonatemi per il ritardo e l'assenteismo! Da questa settimana dovrebbe essere tutto più calmo e non vedo l'ora di recuperare ciò che mi sono perso qui! Ovviamente, vi mando i miei più sentiti auguri di... non saprei. Di certo, avete la mia costante gratitudine e, se avessi un minimo di ascendente sulle forze cosmiche, vi invierei davvero ogni bene. <3

Venendo al capitolo:

1) Come con Cicerone, lascio uno spazio per insultare Catone, che non solo ha rovinato la gita fuori porta, ma è pure antipatico e genera un'inspiegabile visione in Virgy (in realtà, per qualcuno potrebbe non essere affatto inspiegabile);

2) L'antro della Sibilla e l'acropoli di Cuma sono siti archeologici visitabili. Vedrete quelle meravigliose porte? Neanche per sogno! Tuttavia, potete leggerne una descrizione molto migliore della mia nel VI libro dell'Eneide, dov'è riportata pure la leggenda di Dedalo scultore (era poliedrico il ragazzo!);

3) Cu cu, Cristianesimo is coming! A Virgilio, il nome "Pilato" non dirà niente, ma a noi sì. Dunque, come accidenti finirà del sangue del nostro eroe in Giudea?

Adesso, credo di avervi trattenuti decisamente troppo; dunque, rinnovo gli auguri e vi ringrazio ancora una volta per esservi imbarcati in questo folle volo! <3

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