Of the night

By bloom_red

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Rosalie. Ventun anni di vita e morte che non sono altro che la somma di una serie di perversioni e fissazioni... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Epilogo

Capitolo 19

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By bloom_red


29 Settembre 2019 – New Orleans

È una serata calda, quel tipo di caldo che abbandona la morsa opprimente dell'umidità e calura estiva tipica della Louisiana ed abbraccia qualcosa di più fresco e frizzante. Le belle serate di settembre, no?

È di nuovo tutto cambiato nella mia vita, tutto ha preso una piega completamente inaspettata. Gli ultimi mesi sono diventati qualcosa di estremamente complesso, rasente l'opprimente a volte, altre volte intensi come un'esplosione sensoriale che si avvicina allo scoppio di fuochi d'artificio. Mi sento diversa, diversa anche solo da com'ero agli inizi della mia vita eterna.

Non è vero che le persone non cambiano, che noi Eterni non cambiamo. Ci evolviamo, io mi sono evoluta. A un ritmo del tutto imprevedibile, dettato da una sorta di lucida follia che ha guidato le mie azioni, un bisogno disperato di darmi la libertà, quella che mai ho potuto veramente assaggiare, invischiata e vincolata in dettami che non mi appartengono, non del tutto.

Coral Bay è stata essenziale per me, è stato il luogo in cui sono sbocciata, il luogo in cui ho dovuto esplorare il mio potenziale appieno, il mio autocontrollo e la capacità di riprendermi. Coral Bay è stato, però, anche il posto dove ho conosciuto Noah. E lì tutto è cambiato per me, di nuovo.

Sono in una zona turistica di Nola, è uno di quei posti che si affacciano sul Mississippi, prettamente settati per attirare più umanità possibile che si dedica ad attività umanissime come il cazzeggio notturno finalizzato a un divertimento effimero, sconsiderato anche perché nessuno lo sa, ma Nola è la Capitale del Mondo Sommerso. Un mondo che è popolato da razze e creature di cui di solito si sente parlare solo nelle leggende che fanno da foraggio per scrittori che si sentono molto fantasiosi e ricercati nel creare – a loro detta – mondi fantastici.

Le leggende sono tutte vere. I mostri esistono, tant'è che io esisto.

Scalpitano le persone, lo fanno con quell'irruenza tipicamente mortale di chi non ha piena coscienza di avere i giorni contati a disposizione mentre spendono una vita mortale e limitata, ignorando cosa li circonda e con la presunzione di essere superiori a tutto e tutti. In un certo senso, sapere del Mondo Sommerso mi ha donato umiltà, da umana. Tutta quell'umiltà che poi è finita nel cesso nel momento esatto in cui sono uscita dalla mia tomba ed ho assaporato il vero sapore dell'aria, quell'ossigeno contaminato dal sentore del bosco di Baton Rouge, il sentore della neve ghiacciata che ricopriva la terra intorno a me e non smuoveva nemmeno un quark in me.

Scivolo con il silenzio e l'indolenza tutti miei in mezzo a quest'umanità che non mi appartiene e di cui non ho più motivo di curarmi, conscia di aver abbandonato un ragazzone sui vent'anni in un punto non meglio imprecisato del locale. Un punto in cui però non può perdersi, può ritrovare la strada di casa e convincersi che quello che ha appena vissuto è tutto frutto di un sogno, una sorta di estasi senza faccia né nome. Ha guadagnato mezz'ora di brivido ed eccitazione, perdendo il suo sangue e i suoi ricordi. Quelli, adesso, appartengono a me.

Raggiungo quella sorta di terrazza che dona ai visitatori uno spettacolo mozzafiato di una New Orleans sempre uguale, magnifica, ma diamine così bella da risultare incantata. Forse perché, in gran parte, lo è. Sotto lo sguardo umano, continuano a vivere e rafforzarsi le forze del mondo al quale appartengo davvero.

Percorro la superficie della balaustra con la punta delle dita della mia destra finché non arrivo a un punto preciso, il punto che più mi ispira. Solo lì mi fermo e decido di accomodarmi. Dove? Semplice. Mi isso sulla balaustra, aggancio il tacco dei miei stivaletti contro una delle barre orizzontali che la percorrono in tutta la sua lunghezza ed accavallo la destra sulla sinistra. Qualcuno, guardandomi così in bilico in quella seduta, potrebbe avere un infarto fulminante. Io, invece, sono consapevole della solidità e stabilità della mia posizione. Immobile, fletto appena il capo verso il cielo notturno. Le stelle sono luminose, la luna è in crescente e rimanda una luce fredda ma bella. L'aria è frizzante, ancora calda presumo per chi può avvertirne gli effetti sulla propria pelle, satura di input sensoriali che potrebbero distrarmi.

Il mio incarnato è più roseo, quasi avessi preso una leggerissima abbronzatura che fa risaltare le mie efelidi caffè latte e i miei lineamenti resi magnetici dalla mia natura. Mi sono appena nutrita, per un po' di ore la mia pelle risulterà più calda e rosea, umana. Appoggio le mani contro il profilo della balaustra, socchiudo le palpebre ed inspiro lentamente, ricacciando in maniera impercettibile quel respiro poi dalle narici.

Inizio ad escludere lentamente tutto ciò che per me è superfluo. L'odore della notte, l'odore di umanità, quei cuori che pulsano sotto i beat di una musica che batte il tempo di una notte per sempre giovane – per me specialmente. Scandaglio le mie emozioni, scendo in profondità e lo tocco.

Ti tocco, Noah.

Tocco quel legame che abbiamo, io e te. Solo io e te, solo nostro. Esclusivo, morboso a tratti, necessario alla nostra sopravvivenza.

È solido, forte, impetuoso, pesante come un macigno che si è depositato in un punto preciso e non ci sono cazzi, da lì non si muove. È rassicurante per me, esaltante avere Noah che ha così bisogno di me, che dipende da me in tutto e per tutto e non perché è capitato, ma perché lui mi hai scelta, mi ha voluta. E io l'ho ucciso.

Avevo una scelta, una scelta che però per me non era concepibile né attuabile. Quindi ho scelto ciò che mi rendeva felice, ciò che non mi avrebbe spezzata, almeno non troppo. Relativamente, perché quando sei tu a levare la vita all'unica persona che ami davvero genuinamente senza alcun doppio fine o imposizione, un po' dentro muori.

Non è importante, adesso, tutto questo. L'importante è che lui è ancora qui, con me. Cerco quel legame, lo carezzo con la forza della mia mente e il mio ascendente da Marker. Non dovrei immergerlo così nell'umanità, lo so. Qualunque altro Marker mi direbbe che sono una folle, ma per esperienza personale so che è l'unico metodo per rendersi conto dei propri limiti, delle proprie debolezze e tempra. Non morale, bensì mentale. La moralità nella nostra esistenza non c'entra un cazzo.

Sono sempre pronta ad intervenire, a premere con decisione un freno sui suoi istinti qualora fosse necessario. Non perché nutro chissà che particolare rispetto per la vita umana altrui, ma perché proteggo la mia Progenie, non voglio i Cacciatori che ci braccano. È un neonato, deve imparare, io devo guidarlo al meglio.

Ecco perché lo ascolto, silente. Sei eccitato? Sì, no? Sei affamato ancora? Ti stai divertendo? Sei nervoso? Cosa stai facendo Noah?

Paranoica, sì. Attenta a non perdermi nulla di lui, pronta ad intervenire perché lui si merita da me ogni sforzo. Quando era umano non sono riuscita a proteggerlo come avrei dovuto. Rinchiuderlo in una villa bunker era stata un'idea, ma non praticabile del tutto. Se lo facessi adesso, accelererei solo quel processo di naturale ed inevitabile ribellione che ogni Progenie arriva ad avere nei confronti del proprio Marker.

Ma non succederà adesso a me. Io sono migliore di Logan, sono più attenta, preparata. Io sono pronta ad intervenire non appena qualcosa o qualcuno sfiora il mio Vampiro. È facile quindi desumere che in questo mese la mia vena violenta sia diventata più preponderante, oltre che imprevedibile. Sono fatta così, non avviso mai, quando dono avvisaglie è sempre troppo tardi per agire e reagire.

Per Noah, però, io sono solida. Granitica. Lui deve sapere che qualunque cosa possa mai accadere io sarò lì, arriverò nel giro di qualche battito di ciglia. Perché è così che deve essere.

Lo spostamento d'aria arriva in ritardo, è quella tensione che sento a pelle ad avvisarmi che Noah è lì, accanto a me. È diverso da com'ero da Progenie, da Progenie sentivo quella morsa allo stomaco che mi sconquassava i sensi e mi cambiava radicalmente il centro del mondo e non capivo più un cazzo. Da Marker è tutto differente. La presenza di Noah è come un risveglio sensoriale, una sottile corrente elettrica che corre a fior di pelle, dalle estremità del mio corpo corre, corre e si infrange alla mia nuca esattamente, abbattendosi contro i miei sensi sovrumani come farebbe un'ondata rabbiosa di un oceano in tempesta contro la parete rocciosa di una scogliera.

Si accosta a me, lo fa con quei movimenti un po' irruenti di un Eterno giovane, che ancora deve calibrare appieno la sua forza e velocità. Vicino a me, costeggia il lato del mio corpo, ma al contempo sembra voglia troneggiare su di me con la sua stazza che non è per niente indifferente. L'Eternità gli ha donato il suo pieno potenziale fisico, cristallizzandolo per sempre in quell'ammasso di muscoli cesellati che nemmeno un'opera di uno sculture, in una sinfonia di linee massicce eppure non per questo meno eleganti.

Sento la punta delle sue dita carezzarmi la guancia con un'innocenza che ha un ché di destabilizzante, come se ricercasse la mia approvazione ancor prima della mia attenzione.

«Ti sono mancato?» la sua voce è roca, sporcata da vizi che erano tutti umani, magnetica come deve essere.

Apro le palpebre, porto lo sguardo su di lui. Sono così pacata, immobile, statica al suo confronto, lui che è una rivoluzione continua. Eppure non si rende conto, lui, di quanto è simile a me, di quanto assorbe i miei modi e le mie tecniche, facendole sue.

Mi metto più dritta, la mia destra si allunga e gli tocco il mento in un contatto quasi accennato, ma carico di quei sentimenti così ingarbugliati e complicati che provo per lui. «Tu mi manchi sempre.» più di quanto sarebbe giusto per te – aggiungo mentalmente. «Era buona la cena?» cosa volete che vi dica, mi informo sui suoi pasti. Non è forse così che si dimostra l'amore vero? Pensateci. "Hai mangiato?" non è forse la domanda più amorevole e vera che si possa fare a chi ami? Non faccio eccezione nemmeno io, seppur qui si parla di sangue e non di un piatto di spaghetti.

Scivolo con lo sguardo sul colletto della sua t-shirt, c'è una microscopica macchia di sangue che sporca quel tessuto altrimenti immacolato nel suo grigio scuro, risalgo con lo sguardo verso di lui, le mie dita carezzano il mento e poi, con delicatezza, le sue labbra.

Si sporge verso di me, lo fa come un gesto naturale ma io lo so che c'è altro. Lo sento quel suo scandagliare la mia figura alla ricerca di chissà quali segni della mia caccia, di odori che corrompono il mio. «Ora sono qui. E intendo allentare questa disturbante distanza fra di noi...» si fa più vicino a me. «Un po' molesta, ma è calata. La tua?»

«Infatti.» cosa. «Non devi.» starmi lontano. «Mh. Non l'ho nemmeno ascoltato.» ero presa a sentire lui, a controllarlo e a raggiungerlo, semmai. La cena è solo cena, non c'è coinvolgimento per me.

Angola un sorrisetto lui, si avvicina sempre di più tanto da oscurare completamente la mia figura alla vista altrui. Mi carezza la guancia, poi i capelli. Noah ha una fissazione per i miei capelli, l'ha sempre avuta. Sento che inspira a pieni polmoni il mio odore, che indaga con lo sguardo. Ancora, ancora e ancora.

Fletto il collo verso la spalla destra, lo guardo un po' dal basso verso l'alto e lui si avvicina sempre di più. Annusa, sfacciatamente, la pelle del mio collo. Sembra indugiare su quelle mie cicatrici che adesso vede benissimo, solo un istante prima di iniziare a depositare baci lungo il collo, partendo dalla clavicola fino ad arrivare all'orecchio. «Lo faccio il tempo giusto per farmi desiderare.» la sua voce carezza il mio udito come una carezza sconcia.

Prendo un respiro. Devo a Logan la mia Eternità, anche se non la volevo. Gliela devo, perché solo così sono diventata davvero ciò che ero destinata ad essere. Gli devo questo, ma nulla di più. Ma non sono più quella Rosie, mi distacco completamente da lui. Non lo rinnego, sarebbe come rinnegare la mia rinascita, ma non lo voglio più accanto a me. Non ho dubbi sul fatto che probabilmente, se lui dovesse avere con me un approccio fisico, qualcosa in me si smuoverebbe perché Logan, su certe cose, mi conosce bene. Ma Noah di più. Non è da me fare confronti, ma sono oggettivamente convinta che Noah sia dia di più.

Lui mi ama incondizionatamente per quella che sono adesso, così. Senza pretendere una debolezza che non ho più perché ho schiacciato ogni umanità sotto il peso di un'Eternità che ho accolto e fatto mia. Io, di umano, non ho più niente dentro, quel barlume di bontà - sempre che così possiamo definirla - si è riacceso solo quando ho incontrato Noah.

Il mio evitarlo, il mio essere fredda era per il suo bene. Almeno finché lui non mi ha baciata e lì, sapete, anche il più freddo dei cuori sfarfalla e pretende calore.

Con Noah sto attenta, attentissima, a non commettere gli errori che Logan ha commesso con me. La traccia indelebile del mio Creatore me la porto addosso in quei modi distaccati, freddi e glaciali, lì dove una convinzione sconfinata mi fa sembrare arrogante ma anche, al contempo, irresistibile. C'è un che di seducente in ogni passo che mi degno di battere su questo mondo. Anche il solo modo in cui respiro è pregno di un ché di magnetico che mi avvolge e mi rende una calamita per gli altri, uno spettacolo da cui dovresti distogliere lo sguardo ma non ci riesci e non sai manco tu il perché. Nel mio modo di guardare il mondo, pesarlo e valutarlo, c'è un'arroganza sconfinata. Quella stessa che Noel mi ha insegnato. Non Logan, ma Noel che mi ha aperto un mondo.

Sei vampira, puoi tutto. Prenditi ciò che è tuo.

È su questo mantra che ho ricostruito me stessa, e sì, Logan ad un certo punto aveva ragione: io non ero più riconoscibile. Ero diventata qualcosa di meglio, a mio modestissimo parere. Ed ho iniziato ad odiare Logan.

Ecco perché con Noah sono attenta, mai apprensiva apertamente, critica quanto basta. Gli sto insegnando ogni singola cosa possa servirgli, lo sto plasmando per renderlo come me stessa, e sono fiera ed orgogliosa di quello che Noah sta diventando. Laddove lui è esplosivo, continuamente alla ricerca di un fomento per il suo ego, io sono indolente. Non mi fa effetto un mondo che oramai conosco, che viviseziono con la stessa criticità di un neurochirurgo in sala operatoria.

E sapete cosa? La prima cosa che ho detto ad Noah in quella fossa è stata "Tu sei perfetto. Tu puoi farcela. Tu hai il mio sangue, brillerai nel mondo". Perché è giusto che lui capisca a fondo, appieno, cosa significa essere mia Progenie. Ed è proprio grazie a quel legame che lui può conoscermi meglio, capire quanto sotto questa mia coltre di indifferenza giacciano emozioni fortissime, che disciplino solo con costante e continua ferrea volontà. La stessa che mi permette di tenerlo d'occhio h24, non credete.

Su una cosa sono sicura: lui non può vivere senza di me.

Probabilmente non lo perdonerei mai un tradimento da parte sua, ma è un qualcosa che non voglio affrontare ora. Preferisco, invece, che lui si scopra, che esplori la sua natura. Libero. Tutto ciò che io non sono stata.

Non è una gabbia dorata quella di Noah, non come quella che è stata la mia. È casa, lì dove lui può tornare e trovare me. È un posto sicuro, è comprensione, tutto ciò che a me è mancato. Non è un caso che io sia fissata morbosamente sul tenerlo al sicuro, tanto da seguirlo silenziosamente pur di assicurarmi che lui viva, sì, esplori e faccia cose, ma senza pericolo alcuno.

Come può solo pensare che non lo desideri abbastanza? Che lui non colonizzi i miei pensieri quando la mia esistenza gira intorno a lui?

Dirglielo, però, adesso sarebbe deleterio. Non è il momento.

«Ti dà fastidio?» chiedo improvvisamente, senza rispondere al resto invece. «Non mi ha toccata.» non serviva che lui sapesse, ma oltre a tante cose, sono anche la sua ragazza.

C'è un ringhio sommesso che anima il suo petto. «Che ti tocchino? Da morire.» la contrapposizione fra ciò che dice e ciò che fa è evidente perché mentre lo dice, la sua lingua scivola contro la mia pelle in una carezza che di angelico non ha nulla. È come se volesse drogarmi con la sua presenza. «Altrimenti lo sai cosa succede.»

Sì che lo so. Potrei dare la colpa al fatto che è un vampiro giovane e non sa gestire le emozioni. E invece no. Lui ha scelto scientemente di uccidere quelle persone perché qualcosa lo aveva toccato nel profondo. Non l'ho represso, perché nella sua mente nessuno può toccarmi. Non come ha visto fare, troppe volte direi.

Sorrido, lo faccio con quel tocco più docile che, su di lui, ha un impatto devastante. Perché Noah adora sentirsi potente, adora sentire quanto lui sia importante per me. Adora sentirmi volontariamente arresa ai suoi modi. «Eh, ma non succede più, sai?» retorica, cercando il suo sguardo prima ancora di quel tocco accennato fra le nostre labbra.

«Per sempre.» un attimo di pausa. «Promettilo.» 

Intreccio la mia mano alla sua, dall'esterno sembriamo una di quelle coppiette così affiatate che si trovano in giro di notte per la città. Una di quelle coppie che si gode la vita e la giovinezza incurante del domani. 

«Prometto.» lo dico con un tono leggero che, però, non leva nulla alla solennità del momento.

Noah sorride, lo fa in quel modo così angolato da ricordarmi un James Dean dei giorni nostri, solo Eterno. Si avvicina a me e sfiora la mia guancia inspirando a fondo il mio profumo. «Hai sempre un così buon odore.» esattamente come mi ha detto la prima volta che siamo stati così vicino. 

«Sì? Grazie. Sempre Lancôme, se ti interessa.» mi autocito, trattenendo a stento una risata.

Lui schiocca la lingua contro il palato in un "no" che si coordina a quel cenno della testa. «Nah. Sei tu. Sei sempre stata tu.» una pausa, torna a guardarmi. «Solo tu sai di cose veramente belle.»

E, forse, faccio il primo vero sorriso della risata lasciandomi veramente andare a quel briciolo di felicità che il karma, il Destino, chiamatelo come volete, ha deciso di donarmi una volta tanto e che sono intenzionata a far durare per tutta la mia Eternità. 

Perché per noi Vampiri il per sempre è davvero per sempre. 


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