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Avevo finito il fiato, non so per quanto tempo corsi, non so dove ero arrivata, tutte quelle stradin sembravano uguali.
Mi poggiai per terra di fianco ad un palo della luce, che era l'unica cosa che permetteva un po' di luce.
Ero piegata in due per il dolore dovuto sia alla corsa sia alla scena che mi si era parata davanti.
Nell'usciere di fretta mi era passato di fianco anche Jaden, che mi aveva richiamata piu volte urlando, ma che avevo preferito non degnare di sguardo.
La strada era silenziosa, l'unica cosa che sentivo era il rumore dei miei ripetuti singhiozzi.
Non capivo cosa avessi fatto di male per meritarmi quel dolore, avevo la testa che scoppiava.
Er o circondata da persone che continuava o a darmi diversi consigli ed ogni volta mi lasciavo abbindolare non ascoltando e seguendo mai ciò che avrei voluto.
Cosa volevo veramente? Che cosa realmente mi avrebbe potuta aiutare?
Non lo sapevo cosa avrebbe potuto aiutarmi, probabilmente nulla.
Ma se c'era proprio qualcosa che dentro di me mancava, quello era il conforto che solo lui sapeva donarmi, quel calore che poteva trasmettermi solo tramite un sorriso o una parola, quella felicità infinita ed immensa che con i suoi piccoli gesti mi regalava in continuazione.
Mi mancava lui e mi sarebbe sempre mancato.
Dopo non so quanto tempo riuscii finalmente a tranquillizzarmi.
Ero intenta a fissare un punto indefinito di fronte a me, con la testa che mi martellava e tentando di capire come tornare a casa quando sentii qualcosa sulla spalla.
Una mano era sulla spalla, la strada era silenziosa e non potevo sapere chi si celava dietro di me.
La paura si impossessò di me e di scatto mi alzai pronta a correre di nuovo sperando che i polmoni potessero reggere ancora.
Ovviamente però nell' alzarmi misi male i piedi ed andai all'indietro.
Chiusi istintivamente gli occhi cercando di proteggermi con le braccia ma questo non servì,poiché due forti braccia mi presero evitando l'impatto a terra con il cemento.
Aprii lentamente gli occhi, con il cuore che probabilmente sfiorava la tachicardia e la testa che non capiva più niente.
E fu in quel momento che i miei occhi entrarono nuovamente in contatto con quel bellissimo cielo azzurro.
I nostri visi a pochi centimetri di distanza, i nostri respiri pesanti ed i suoi muscoli tesi che mi reggevano.
"Ti ho presa" disse piano.
Il mio cuore mancò di un battito, la sua voce mi era mancata infinitamente e sentirla mi faceva quasi strano perché non ero più abituata.
Mi fece rialzare e nel mentre non mi staccò lo sguardo di dosso, i suoi occhi erano fissi nei miei.
"Ti ho cercata per quaranta minuti" continuò lui.
Io rimasi in silenzio, preda ancora dell'ansia che mi aveva dominata anche settimane fa, sempre con lui.
"Perché sei scappata di fuori, chissà cosa sarebbe potuto succedere! È tutto buio ed è tardissimo!"
Il suo tono si fece più autoritario.
"Perché non rispondi cavolo!" disse quasi urlandomi contro.
Continuavo a fissarlo senza dire nulla.
"Scusa" dissi con voce debole.
"Cosa hai qui?" disse prendendomi la mano.
Osservò cautamente la mia mano per poi dare una veloce occhiata al resto del mio corpo.
"Eva dannazione hai la mano ed il ginocchio destro tutto graffiato"  disse allarmato.
In effetti nella corsa ero inciampata, ma mi ero rialzata subito ed avevo continuato a correre; la mia mente era così annebbiata e presa dalla scena di prima che non percepii alcun dolore fisico.
"Sono caduta prima" rivelai.
"Vieni con me" disse prendendomi per mano ma io subito mi scansai ripensando a lui con Amelie.
"Tranquillo, torno da sola a casa" dissi scansandomi da lui e cominciando a camminare in una direzione casuale.
Ma ovviamente il dolore che fino a cinque secondi prima non sentivo si amplificò terribilmente e caddi a terra.
Il ginocchio mi bruciava tremendamente e dalla mano vidi uscire sempre più sangue.
"Eva cazzo vieni. Ho accostato la macchina lì"disse lui correndo verso di me e cercando di alzarmi dalle braccia.
"Tranquillo davv-" tentai di dire, ma non riuscii a terminare la frase poiché il bruciore non riuscì a farmi finire quello che volevo dire.
Nick mi prese prontamente in braccio a modi sposa e mi caricò in macchina.
Sbattè pesantemente la portiera della grande macchina nera e corse poi verso la sua portiera; si posizionò sul sedile e mise subito in moto, premendo fin troppo forte sull'acceleratore.
"Vai piano per favore" osai dire io.
A parte qualche mio lamento non volava parola in macchina.
"Ma dove mi stai portando?" chiesi dopo un po' non capendo dove stessimo andando.
"Dove posso curarti quelle" disse guardando al volo le mie ferite.
Decisi di non chiedere altro, quel suo tono di voce non mi piaceva e mi metteva a disagio.. preferivo non sentirlo proprio.
Infondo Nick non era uno sconosciuto di cui non potevo fidarmi..
"Dovrei chiamare Caterina" gli dissi ricordandomi della mia amica.
Aveva lei il mio telefono, mi sarebbe servito per forza quello di Nick e soprattutto non potevo non chiederglielo altrimenti chissà cosa sarebbe potuto succedere.
"Ha capito che stavo venendo a cercarti e le ho scritto appena ti ho vista sul marciapiedi, sai hai praticamente mobilizzato la festa dato che molti si stavamo preoccupando per te" sibilò lui.
"Beh volevo vederti al posto mio" borbottai a bassa voce.
Nel frattempo accostò la macchina.
Scese dalla macchina e venne ad aprirmi la portiera.
Scesi e notai che non eravamo nella stradina di casa nostra, non c'era nè casa mia nè casa sua.
"Ma dove siamo?" chiesi.
"Casa mia" disse.
Lo guardai confusa.
"L'ho comprata qualche mese fa, per quando voglio stare lontano da tutti" disse cercando le chiavi.
Aprì la porta e mi fece entrare, non proferì più parola.
Io nel frattempo mi persi nell'osservare la casa: era completamente diversa dalle nostre ville in classico stile los angeles.
Era molto più rustica, a due piani e più piccolina.
Lo vidi andare su e nel mentre io mi posizionai sul divano, notando attaccate al muro delle foto.
Erano della sua famiglia e di lui da piccolo.
Era tenerissimo, aveva delle guance gonfie e rosate, biondissimo e sempre con quegli stupendi occhi azzurri.
"Sali" mi urlò lui da sopra facendomi sobbalzare.
La mano continuava a bruciarmi e ringraziai mentalmente che Nick fosse venuto a cercarmi, perché in caso contrario chissà cosa avrei fatto.

please don't go// Nick AustinWhere stories live. Discover now