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#Brokenheart


Costantemente con lo sguardo rivolto verso la finestra, le parole di Jonathan hanno accompagnato la mia mente per tutta la mattinata. Non ho neanche risposto alle frecciatine della professoressa di biologia con battute sarcastiche e Rachel se n'è accorta subito. Così adesso, mentre cammino a passo veloce verso la mensa, ho una zavorra di un metro e ottanta dietro di me; sventola qua e là i suoi capelli rossi e lancia di tanto in tanto delle occhiate allo schermo del telefono.

«Non sapevo di avere un bodyguard. Evidentemente sono diventata una rockstar senza nemmeno accorgermene.» dico ironica aumentando la velocità dei passi, ma la ragazza alle mie calcagna ha le gambe interminabili come i test di matematica.

Tira fuori dallo zaino una scatolina tonda sbrilluccicante mentre sbuffa e, senza rispondermi, fa scivolare un rossetto rosso acceso sulle labbra in modo estremamente naturale, quasi fosse nata facendo quel movimento. «Voglio sapere cos'hai nella testolina, oggi. Non sei disturbata come al tuo solito.», finisce la sua opera e ripone il tutto com'era prima. Mi fermo davanti all'entrata della mensa nascondendo il fiatone — e un leggero fastidio.

Cosa vogliono tutti, adesso?

«Perché ogni persona che incontro mi chiede la stessa cosa?», incrocio le braccia al petto. «E poi, per la cronaca, non ti è mai interessato niente di me.»

Sembra nascondere una smorfia. Brucia, eh?

«Volevo solo...»

«Cosa?»

Percepisco le tenaglie del nervosismo ribollire di nuovo nello stomaco; credevo di uscire da questa scuola indenne, oggi, ma a quanto pare qualcuno mi sta ancora punendo per l'eccessiva quantità di tortillas mangiate la scorsa settimana con Edward.

Edward... Chissà cosa sta facendo, in questo momento. Forse è in giro con la sua moto, a sfrecciare tra le macchine, il collo accarezzato dal vento e le dita grandi mangiate dall' inchiostro strette al manubrio.

«Hey, mi hai sentito?»

Sbatto un paio di volte le palpebre quando sento Rachel darmi un buffetto sulla testa. «Eh?»

La fisso inebetita, non riuscendo a formulare risposta. Devo smetterla di pensare a quel finto Fonzie.

Allargo le braccia, ormai consapevole del mio triste destino. «Scusa, ma non ti stavo ascoltando.»

«Ho visto.» commenta, stranamente calma. Si guarda un attimo intorno prima di avvicinarsi e afferrarmi il braccio con le sue unghie finte. «Vuoi dirmi cosa ti succede?» abbassa il tono di voce, il suo alito sa di cioccolato. «Io non sono molto importante per te, ma ormai è da troppo tempo che ti prendo in giro e mi sono, diciamo... Affezionata, ecco.»

La cosa che vorrei fare in questo momento è girarmi verso un regista inesistente e chiedergli di stoppare la scena, ma so che apparirei una squinternata. No, non è esattamente questo il momento.

Cerco di contenere il mio stupore, ma con scarso successo. «Quella parola, non credevo esistesse fra i tuoi vocaboli. A quanto pare Vincent ha una buona influenza su di te.»

Al sentir pronunciare il nome della sua cotta, la rossa diventa letteralmente rossa. Sembra che qualcuno le abbia lanciato dei pomodori in faccia. «E allora? Non è questo il punto», gracchia. «Dimmi cosa nascondi.»

«Non ho la droga nemmeno oggi, Rachel. Ritenta domani.»

«Come stai?»

«In piedi.»

Okay, adesso alzerà gli occhi al cielo e ti lascerà in pace.

«Non mi muovo di qui fino a che non mi dici cos'hai.»

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