IV

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Sento le mani sudate appiccicate all'impugnatura di legno di quell'arma pericolosa, come se essa si nutrisse della paura e del disgusto che il mio corpo secerne dalla pelle sotto forma di liquido. Come sono giunta a quel punto?

La testa mi pulsa, mille universi mi esplodono sotto le tempie, dietro agli occhi, e ho voglia di piangere, ma ormai sono diventata arida, ho già versato tutte le mie lacrime e non ne ho più. Ora è il momento di essere forte e di diventare grande. Basta stupidi sogni infantili e false speranze: il passato finisce oggi, il futuro non esiste più, da adesso in poi ogni istante della mia vita sarà solo presente. Nessun rimpianto, nessun senso di colpa, solo ciò che va fatto e che può essere dimenticato una volta concluso per poter passare oltre. È tutto molto semplice: è sufficiente che diventi completamente indifferente a tutto e niente mi ferirà più. Non mi importerà più della sofferenza altrui, anzi, che brucino tutti all'inferno!

Ma non è così facile perché dentro sento una sensazione spiacevole di abbandono e impotenza, di rabbia contro il mondo, verso quell'amore bastardo che si è preso tutto e non mi ha lasciato nulla se non l'odio. E quegli occhi scuri che mi guardano imploranti, così simili ai suoi, non mi danno pace e mi fanno sentire un mostro senza cuore. Vorrei dirgli di smetterla di fissarmi, che non ci posso fare niente, sono in trappola anch'io proprio come lui.

Sebbene non sia qui percepisco che mio padre mi sta osservando e che non devo compiere passi falsi, questa è la mia ultima occasione. Non che ci tenga particolarmente alla sua approvazione, ma se pure lui mi disprezzerà chi altro mi rimane? Nessuno, nessuno mi vuole né mai mi vorrà. Se il mondo già mi odia, perché non dargli una buona ragione per farlo?

«Perdonami» sussurro e con un colpo netto e preciso gli recido la testa dal corpo. La vedo rotolare fino ai miei piedi con gli occhi vitrei spalancati che non mi possono più guardare, neri come la notte, ma resi opachi dalla morte che ne ha rubato la scintilla che prima li illuminava.

La lama dell'ascia, che ancora stringo tra le mani, è lucida di inchiostro nero e gocciolante. Non mi viene da vomitare come avevo temuto ieri sera, al contrario, rimango affascinata dall'assassina potenza di quell'arma mentre i brividi mi scuotono le ossa. Quel semplice pezzo di metallo affilatissimo ha il potere di troncare per sempre una vita, di decidere la sorte di una persona in modo definitivo, un ripensamento è impossibile, e tutto quel potere si trova nelle mie mani.

In questo momento decido che se non posso essere felice allora nessuno potrà esserlo, sarò cattiva, mi prenderò con la forza tutto quello che voglio, non soffrirò più. Pagheranno per quello che mi hanno fatto, perché gli uomini sono meschini ed egoisti e io li odierò come meglio potrò. Possono pensare di me quello che vogliono, il loro giudizio non mi interessa più. Nella vita ho un unico scopo: la vendetta. Farò agli altri quello che io ho dovuto subire, corromperò qualsiasi prova d'amore, come un fiore viene ucciso dal gelo invernale.

Con un colpo netto ho reciso per sempre il legame con quella versione di me piccola e innocente, fiduciosa delle buone intenzioni delle persone. Se solo mi girassi la vedrei urlare in silenzio, battere i pugni contro il muro della cella in cui l'ho rinchiusa per non farla uscire mai più. Sola, al buio, sempre più lontana da me che le ho voltato le spalle abbandonandola a un triste destino. Nessuno si ricorderà di lei e per quanto mi riguarda è da considerarsi morta.

Alle labbra mi sale un sorriso crudele, che mai mi è appartenuto, e il mio viso dolce viene trasfigurato da quell'orribile smorfia simile ad una ferita aperta e sanguinante che mi deforma il volto. Porto la lama sporca di inchiostro all'altezza dei capelli e con un colpo secco trancio via la treccia lunga e scura che cade a terra come un arto separato dal corpo da uno scoppio di mina. Con dita incredule mi tocco la testa ora molto più leggera e le passo tra le ciocche mozzate e irregolari, violentate dal mio odio e deturpate da quel liquido corvino che mi lascia sulla mano pallida sottili strisce nere. Scuoto il capo per gustare il piacere della sensazione data dal mio nuovo taglio: è come se mi fossi liberata di un peso che non riuscivo più a portare.

Ho detto addio al passato e ho abbandonato i panni della brava ragazza, ma devo ammettere che quelli nuovi mi donano molto.

Mio padre vuole che che sia il suo boia in modo da non sporcarsi le mani di crimini imperdonabili? Lo sarò. E me ne compiacerò. Percepisco che proprio in questo momento mi sta guardando e sorride, soddisfatto per una volta di come mi sono comportata. Forse spera che stia cominciando a essere un po' più simile a lui e quindi a essere degna di essere sua figlia.

Sono dunque diventata davvero un mostro?

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