16 ~ SOFIA

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Come metto in bocca una forchettata di quella roba, mi viene voglia di vomitare: ha un sapore dolce e amaro allo stesso tempo, forse anche un po' piccante e...salato? Veramente rivoltante. Osservo Zac che si trova nel posto di fronte a me e noto che anche lui ha fatto una faccia disgustata già al primo morso, anche se nel complesso credo abbia mascherato meglio di me i suoi reali pensieri. Controllo che la ragazza bruna non mi stia guardando per non offenderla. Fortunatamente è tutta presa a parlare con i suoi amici. Spero tanto che non mi chieda cosa ne penso o dovrò fingere che sia delizioso, con il rischio che me ne dia dell'altro.

«Ti prego, dimmi quale schifezza ci hai messo dentro così so come non lo devo fare» dice Lex a cui, a quanto pare, non piace molto, come a noi, quel pastrugno. Lex ha una folta chioma di capelli rossi pettinati in modo molto ordinato e la pelle chiarissima punteggiata da una miriade di lentiggini. Gli occhi sono verdi, del colore delle foglie appena nate. Noto che è vestito elegante e che sta seduto con la schiena perfettamente dritta. Tutto in lui dà un senso di calma e compostezza.

«Allora, dunque, fammi pensare...ah, sì. Ci ho messo peperoni, paprika, cipolle, pollo, menta, un cucchiaio di zucchero, mela e una spruzzata di aceto balsamico.»

«Davvero rivoltante, complimenti, hai superato te stessa. Pensavo non riuscissi a fare qualcosa di più immangiabile di quello della scorsa volta e invece sei riuscita di nuovo a sorprendermi» si congratula Lex.

«Hai ragione gli manca quel tocco...ci vorrebbe un po' di salsa al cetriolo.»

«No, no, non ti preoccupare! È perfetta già così.» Saltano subito in aria Ed e Lex.

«Antipatici!» Fa loro la linguaccia, poi si gira verso di me.

«Allora, Sonia, raccontaci come vi siete incontrati tu e Ed.»

«Sofia» la corregge il diretto interessato.

«È quello che ho detto io, Sofia.»

Mi guarda con aria molto interessata, fin troppo invadente per i miei gusti, e ha attirato l'attenzione di tutti su di me. Mi sento molto a disagio mentre cerco di masticare e mandare giù quello che ho in bocca, perciò cerco di farlo in fretta e quasi mi va di traverso. Ed si deve essere accorto della mia difficoltà perché interviene in mio aiuto.

«In libreria. E adesso non tormentarla, non vedi che sta cercando di non vomitare quello che hai cucinato, poverina?»

«Non è gentile da parte tua» ribatte la ragazza e poi cominciano un altro discorso come se niente fosse. Tiro un sospiro di sollievo: pericolo scampato.

Mi ricordo del mio piano. Questo è il momento.

«Scusate, dovrei andare un attimo in bagno. Mi potreste dire dove trovarlo?» chiedo alzandomi.

«Oh, sì, certo. È in fondo a sinistra.»

Zac alza lo sguardo dal piatto per guardarmi. Non sono riuscita a ingannarlo, ma forse è solo una mia impressione. Esco senza mai incrociare i suoi occhi, altrimenti capirebbe che sto scappando.

Percorro il corridoio tappezzato di quadri assurdi con teste che escono da alberi e uomini con il corpo da cane ed entro nell'ultima stanza sulla sinistra. Il bagno è molto più grande rispetto a quello di casa di Ed. Sulle pareti ci sono delle piastrelle decorate con alberi verdissimi che ne ricoprono l'intera altezza e che danno alla stanza l'aspetto di una foresta tropicale. Anche gli accessori seguono lo stesso stile e come vi metto piede dentro vengo circondata dal verde più assoluto. 

Mi chiudo la porta alle spalle e mi dirigo subito verso la finestra. La apro e mi affaccio per controllare se da lì c'è una qualche possibilità di fuga. Per mia fortuna un tubo, abbastanza grande da potercisi aggrappare, corre a poca distanza dalla finestra e porta giù fino in cortile. Non ho molto tempo, così salgo sul davanzale e mi sporgo fino ad afferrare il tubo. Lentamente vi poggio anche un piede e poi l'altro, infine mi aggrappo pure con l'altra mano.

Mi trovo al terzo piano di un edificio, con un tubo non esattamente adatto per arrampicarsi come unico appiglio per non cadere. Okay, nei miei piani era tutto decisamente più semplice, ma ormai indietro non posso più tornare, anche perché ho paura a staccare una sola mano dal tubo. Mi maledico mentalmente per la mia idea malsana e inizio a pentirmi di non avere semplicemente aspettato il giorno seguente, quando saremmo potuti andare tutti insieme, uscendo dalla porta e passando per le scale anziché calandomi da una finestra, appesa a un fragile tubo. 

Comincio a scendere con cautela spostando una mano e un piede dopo l'altro pregando di non sfracellarmi al suolo. Grazie al cielo questa sera non c'è vento altrimenti cadrei di certo di sotto. Dopo un tempo che mi pare interminabile poggio un piede a terra e ringrazio tutte le divinità del cielo per avermi fatta arrivare incolume nel cortile. Con le gambe tremanti seguo l'ombra fino ad arrivare al portone per evitare di essere vista in caso qualcuno si affacciasse alla finestra. Tasto il muro in cerca del pulsante di apertura della porta e quando lo trovo si sente un trillo che temo si sia potuto sentire anche da dentro l'appartamento. 

Spalanco la porta e mi volto indietro un'ultima volta. Forse faccio ancora in tempo a tornare indietro, a lasciar perdere questo stupido piano, ma poi cosa mi direbbero? Non dimostrerei forse di non essere in grado nemmeno di uscire da un portone da sola? Voglio che Zac sia fiero di me, che veda che sono in grado di cavarmela anche senza di lui. Sì, non sono più una bambina. Esco in strada e mi chiudo la porta alle spalle.

Fuori da queste pagineWhere stories live. Discover now