– Ehi voi, fermi! – sentivamo urlare furiosamente.
Ci guardammo negli occhi e mi feci forza.
– Andiamo, carne molle, – mi disse lei con complicità.
Riprese a correre e, stavolta, insieme a me. Provavo ancora fatica e dolore dalla battaglia, ma stava lentamente passando.
Hako, alleggerita, riuscì a correre molto più velocemente di prima. In quel modo, seminare i soldati divenne davvero possibile.
La distanza fra noi e le truppe appesantite dalle armature iniziò ad aumentare, avvantaggiati dall'esser privi di carichi pesanti. L'importante allora era restare a galla abbastanza a lungo, senza fermarci mai.
– Dove dobbiamo andare? – chiese Hako.
– La città sul promontorio. È più vicina del mio villaggio, – dialogammo con voce alta e interrotta dai profondi respiri a cui la corsa ci obbligava.
– Quanto tempo potremmo metterci?
– Non lo so... abbiamo impiegato quasi due giorni netti per raggiungere il tuo accampamento camminando. Se continuassimo a correre potremmo arrivare addirittura stanotte.
– Bene, – mormorò.
– Cos'hai intenzione di fare ora con quel filamento?
– Non lo so. Non ho mai trovato un modo per distruggerlo.
– Alla città sul promontorio ci sono diversi fabbri molto esperti, forse possono aiutarci.
– Dubito... ma intanto scappiamo.
Continuammo a correre all'incirca per un quarto d'ora senza darci tregua. Non avrei mai potuto fare uno sforzo simile se non avessimo avuto delle truppe armate determinate a farci la pelle, ma a un certo punto fummo obbligati a fermarci per recuperare le forze.
I soldati erano ormai completamente seminati e anche il percorso che facemmo ci aiutò. Cambiammo più volte direzione per confonderli e cercammo di farci occultare dagli elementi della foresta stessa.
Era pieno pomeriggio quando ci accasciammo al suolo per riposare e riprendere fiato. Saremmo ripartiti forse non di corsa, ma sicuramente a passo svelto, appena ci saremmo potuti rialzare.
Sia io che Hako usammo un albero dietro di noi per appoggiarvi la testa.
Lei prese a parlare dopo qualche dozzina di secondi di profonda ansima:
– Keiko...
– Sì? – parlavamo a fatica.
– Cos'era quello?
– Quello cosa?
– Durante il combattimento, la spada...
– Ah sì... Non lo so. Ho solo messo la mano davanti alla lama e quella è stata respinta.
– Quel tuo colpo di scena ha salvato entrambi.
– Io?
– Sì... difficilmente avremmo vinto senza quella mossa. Erano i tuoi poteri quelli, l'hai capito, vero?
Annuii e, nel mio affaticato silenzio, ne diedi conferma.
– Non l'ho fatto apposta, ho avuto fortuna.
– Spesso l'uso dei poteri emerge istintivamente. È come usare un normale arto, viene spontaneo.
– Se lo dici tu...
– Il tuo cuoricino da carne molle mi ha fatto faticare di più nella corsa, ma è grazie a te se il soldato si è trovato impreparato. Non si aspettava che avessi dei poteri, e in un attimo è passato dall'essere in vantaggio al non avere più speranze di vittoria.
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La forgiatrice di lame Ⅰ
KalandSi prospettava essere una primavera come le altre per Keiko e i suoi amici, abitanti di un placido villaggio marittimo popolato da esploratori e marinai. Qualcosa di inaspettato, tuttavia, interromperà la loro prima spedizione scolastica nella fores...
20. Assassini e latitanti
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