Come uccidere il diavolo

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Come uccidere il diavolo

L’oro mi accecava di nuovo. Non riuscivo a tenere gli occhi completamente aperti, nemmeno se mi riparavo con una mano. Quel profumo dolce di fiori di loto, sparsi sul mio letto a baldacchino dalle lenzuola turchesi. Fuori dal balcone il sole splendeva alto, imponente, riscaldando le dune di sabbia fine come zucchero a velo e le gigantesche piramidi.

Di nuovo a Tebe, cinquemila anni prima.

Mi osservai allo specchio, toccandomi il viso: i capelli neri e lisci come seta scendevano sul vestito dorato e sulle spalle tatuate. I miei occhi erano verdi, quel verde giada brillante che mi era sempre appartenuto.

Uscii dalla stanza, a testa alta. Ogni servo si inchinava al mio passaggio, così come le guardie e le ancelle del faraone.

Io ero la principessa.

Arrivai nella sala del trono e vidi poco più sulla mia destra quell’uomo dalla pelle così chiara che sembrava porcellana, impossibile per un egizio, gli occhi azzurro mare penetranti. Anzi, glaciali. Mi osservava procedere, con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra. E appena gli fui davanti fece un inchino, senza smettere di fissarmi.

Mi sedetti accanto mio padre, che batté due volte le mani.

«Entrino i pretendenti» ordinò. Il portone davanti a noi venne aperto e una fila ordinata di ragazzi entrò con dei cestini o dei doni in mano. «Cerca di non essere scortese» mi sussurrò all’orecchio.

Sospirai. «Sì, padre.» E vidi poi che afferrava la mano della donna seduta accanto a lui. Lamia – mia madre – mi sorrise, concentrandosi poi sui ragazzi che entravano.

Uno ad uno salirono fino alla mia sedia, porgendomi i loro regali. Non potevo rifiutarli, per non far adirare mio padre. Era ora di trovare un marito, secondo lui. La dinastia doveva esser portata avanti e solo i giovani che avevano avuto successo durante il combattimento potevano aspirare a regnare insieme a me.

Vidi poi quell’uomo dagli occhi di ghiaccio presentarsi con una rosa rossa, senza spine. «È una particolare rosa rossa che cresce solamente nel centro Europa. L’ho fatta importare appositamente per voi» disse continuando a sorridere.

«Non ne ho mai vista una,» risposi annusandola, «deve essere un fiore molto raro.»

«Solo nel vostro continente, mia principessa.»

Mio padre si allungò verso lui, studiandolo alla perfezione. «Come ti chiami?»

Si inchinò verso il faraone, con una mano al petto. «Il mio nome è Vlad III Draculea» rispose cortesemente, con un tono di voce molto suadente.

«Draculea? Non mi pare un nome egizio» commentai.

Spostò i suoi occhi su di me, sorridendo apertamente. Esattamente come aveva fatto durante il nostro scontro. A ripensarci mi batteva più forte il cuore. «Ha ragione principessa, infatti la mia famiglia proviene dalla Transilvania, un paese nell’est d’Europa.»

Daughter of EvilWhere stories live. Discover now