PROLOGO - Azzurro

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"L'anima è come di notte il mare,
anche quando è calmo fa rumore."


⚓︎


Un respiro, a occhi chiusi.

Sento odore di salsedine, l'odore della mia pelle e un vago sentore di ruggine.

Sento il rumore delle onde, come quando ero bambina e mi rifugiavo nella stanza del cucito di nonna. Prendevo l'enorme conchiglia rossa e bianca al centro del tavolo, l'avvicinavo all'orecchio con entrambe le mani e chiudevo gli occhi per ascoltare il rumore del mare. Fuggivo via, lontano, dove nessuno sarebbe riuscito a raggiungermi.

Apro gli occhi e trovo il cielo a vegliare su di me. È colorato di un azzurro inconfondibile, che nessuno nota mai: quello all'ora del tramonto. Da un lato è braccato dai colori caldi del sole che saluta l'ennesimo giorno, dall'altro dalle cupe ombre della notte che avanza. Amo questo colore, è il mio preferito. Io, in fondo, sono come lui, perennemente oppressa dalla volontà di qualcun altro. Il pensiero che l'ultima cosa che vedrò sarà proprio questo azzurro mi rallegra.

La vista vacilla. Un gabbiano passa sopra la mia testa, e riesco a malapena a scorgerne la sagoma. Chiudo gli occhi e vorrei riaprirli, ma la stanchezza vince.

È così facile tenerli chiusi...

Una figura prende forma nell'oscurità. È fatta di nero totale, di tenebra pura; mi abbraccia e mi calma. Sorrido, sono serena. Non mi capitava da tempo di esserlo. L'ho desiderata così tanto, la serenità, che vorrei questo momento non finisse mai.

Ma dove mi trovo?

Con uno sforzo enorme risollevo le palpebre. Sono pesanti come cemento, come il macigno che ho nel cuore. I polsi hanno smesso di bruciare, ma non sento più le braccia, né le gambe, e il panico mi assale... Provo a muovermi, e qualcosa mi entra nel naso, qualcosa di salato che brucia in gola e m'impedisce di respirare.

È acqua, realizzo. Sono in acqua.

Lo sforzo mi offusca ancora di più la vista, e all'improvviso ricordo quello che ho fatto. E un istante dopo realizzo che ormai è troppo tardi per tornare indietro. Guardo il cielo per l'ultima volta e le mie palpebre calano, schiacciate da una stanchezza inesorabile.

Mi sembra di sentire dei suoni, una voce... Ma scivolo, scivolo via e più nulla è importante.

«Vivi, vivi.»

L'ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora