34. Nessuno può salvarsi da solo

218 25 66
                                    

La stazione ferroviaria è così vicina alle rive del Tago da risentire del vento freddo che proviene dall'oceano. La brezza si incanala tra i binari deserti e sferza senza pietà il volto di Felipe, fermo sulla banchina a pochi passi da un treno prossimo a partire. Lo sguardo del ragazzo fa la spola tra il tabellone delle partenze e l'orologio analogico della stazione, mentre le sue dita intirizzite fanno partire un'altra inutile chiamata. La segreteria telefonica trilla che il numero di Âmbar non è raggiungibile, nel momento stesso in cui il fischio del capotreno lo informa che il tempo per aspettare la ragazza è finito. Felipe muove le gambe, pesanti come piombo, e sale sul convoglio. Resta nel corridoio, immobile, a guardare la porta che si chiude spazzando via l'ultima speranza che Âmbar affronti questo viaggio insieme a lui.

Il battito del cuore nelle orecchie scandisce i minuti che impiega a realizzare che sarà solo in questa impresa, come in tanti altri momenti della sua vita. A riscuoterlo è la decelerazione del treno. Spinge la porta dello scompartimento e si lascia cadere sul primo sedile vuoto disponibile, mentre il convoglio si arresta alla fermata successiva. Il chiacchiericcio della gente sul marciapiede della stazione urbana filtra attraverso il vetro macchiato alla sua destra. Quel viavai lungo il binario è ipnotico, ma lui osserva la scena senza vederla veramente, la mente ferma al messaggio che Âmbar gli ha inviato quasi un'ora prima.

Treno delle 15:02, prendi due biglietti.

Non una parola di più, né una di meno. Brancolare nel buio alla ricerca di Louis è già abbastanza avvilente, ma partire senza conoscere le sorti dell'udienza di Âmbar gli provoca una sensazione di smarrimento che rischia di schiacciarlo. Felipe lascia scivolare tra le labbra il respiro che sta trattenendo, appoggia la fronte al finestrino e guarda, noncurante, la sagoma della Torre di Belém che sfila in lontananza. Stamattina analizzare mappa nautica e immagini satellitari lo ha aiutato a tenere la mente occupata, a concentrarsi sulle certezze. E quello gli sembra un buon modo per soppiantare la preoccupazione anche adesso. Si è fatto un'idea piuttosto precisa del punto in cui potrebbe essere ormeggiata la Louisa e dovrebbe avere abbastanza tempo per riuscire a raggiungere l'imbarcazione prima che il sole tramonti. Ha pensato a lungo anche all'incognita rappresentata da Claude e spera con tutto se stesso che non costituisca un problema, o peggio, un pericolo. Il pensiero che almeno Âmbar sia al sicuro lo rincuora, ma, di nuovo, pensare a lei porta a galla ciò che è successo tra loro poche ore fa.

Un fremito attraversa le dita del ragazzo, e i suoi occhi restano chiusi per catturare un fotogramma che si è presentato alla mente nel tempo di un battito di ciglia. Per un attimo tutto si ferma. L'inquietudine, le preoccupazioni, le incertezze che gli appesantiscono il petto si dissolvono come fumo nel vento. Dietro alle palpebre Felipe ha impressa l'immagine di occhi d'ambra, liquidi come miele, e nelle sue orecchie ha l'eco di quella voce, che vicinissima gli sussurra: "Qui, adesso. Solo tu e io."

È così preso dal ricordo che gli sembra di sentire l'odore dei capelli di Âmbar, ma un fruscio lo riporta alla realtà. Le palpebre del ragazzo si aprono di scatto, appena in tempo per vedere che Âmbar in carne e ossa si è lasciata cadere sul sedile di fronte al suo, i capelli scarmigliati e il volto arrossato. Se il ginocchio della ragazza non avesse appena toccato il suo, Felipe avrebbe pensato di avere un'allucinazione.

«Âmbar, sei qui?»

Lei sorride, raggiante. Deve aver corso perché ha il respiro affannoso e un leggero velo di sudore sulla fronte. «Per il rotto della cuffia. Io e Teresa siamo rimaste bloccate nel traffico per un incidente.»

«Ho provato a chiamarvi mille volte.»

«Avevamo entrambe i telefoni scarichi», spiega lei, togliendo il cappotto. «Pensavo non avessi ricevuto nemmeno il messaggio.»

L'ancoraWhere stories live. Discover now