23

28 2 4
                                    

Era praticamente ufficiale, Bethsabea Horn, figlia di Daniel Horn e Vanessa di Giacomo, laureata in chimica e alla disperata ricerca di un occupazione in attesa che alla polizia scientifica si liberasse un posto, stava per avere una crisi di nervi. 

Di tutte le aziende a cui aveva mandato i curriculum ancora nessuna si era fatta viva, e di entrare a lavorare in polizia nell'immediato futuro non se ne parlava. C'erano posti disponibili ma in luoghi troppo lontani, e Beth per il momento voleva una stabilità. A Coleraine non c'era disponibilità in tempi brevi, per cui nell'attesa doveva ripiegare su una città da cui sarebbe stato poi complesso ricevere il trasferimento presso altra sede oppure cercare una nuova occupazione.

Era un lunedì come tanti altri, passati tra libri e lavoretti arrangiati nell'attesa di una chiamata decisiva, quando finalmente quella chiamata decisiva arrivò.

"La signorina Bethsabea Horn" domandò una voce professionale dall'altro capo del telefono, probabilmente una segretaria, "Le comunico che questo pomeriggio alle tre è convocata in sede per un colloquio".

Beth avrebbe fatto i salti mortali dalla gioia, se ne fosse stata capace. Il tutto prima di accorgersi di non aver la più pallida idea di come vestirsi. Un paio di ore e parecchi abiti gettati sul letto dopo, poteva dire di essere pronta. 

Aveva indossato un pantalone nero a sigaretta, a suo parere indice di eleganza e serietà, con un maglione rosato a collo alto, indicante la capacità di adattarsi a qualunque tipo di ambiente e di non avere problemi con le basse temperature. Sarebbe stato anche scomodo lavorare con una camicetta. Le scarpe le aveva messe comunque col tacco perché era pur sempre un colloquio e facevano la loro gran bella figura, con quel colore che spiccava e avrebbe sicuramente colpito nel segno. Al posto del cappotto aveva indossato un caldo cardigan color panna, ovviamente più pratico e che le avrebbe permesso una maggiore libertà di movimento. 

Beth era convinta che in quel modo avrebbe fatto una gran figura, e poi li avrebbe stesi con le sue conoscenze. Non sapeva che in realtà a nessuno fregava dei vestiti che avrebbe indossato.


Una volta giunta davanti l'imponente edificio che ospitava gli uffici e i laboratori della grande azienda a cui aveva inviato il curriculum, Bethsabea si fece prendere dall'ansia. Le tremavano le gambe mentre camminava verso l'ascensore e si sentì mancare il respiro mentre questo la portava al quinto piano. Non seppe se giovare o disperarsi quando, raggiunto l'ufficio della segretaria, scoprì di essere stata l'unica contattata per fare il colloquio.

La donna, una signora sulla cinquantina i cui occhialetti le permettevano a malapena di leggere le scritte sul computer, la condusse gentilmente davanti l'unica porta oscurata in mezzo a tutti gli altri uffici: la stanza del direttore. 

Bussò alla porta, annunciandola, e poi la spinse dentro con una leggera pacca sulla spalla.

"Signorina Horn, giusto?" le domandò immediatamente l'uomo alla scrivania. Beth gli avrebbe dato apparentemente una trentina di anni, anche se successivamente avrebbe scoperto che ne aveva all'incirca quaranta.

"Giusto" gli rispose mentre lui, senza presentarsi, la invitò a sedersi ad una delle sedie.

"Ho visionato personalmente il suo curriculum, mi sembra che lei abbia una preparazione adatta per il lavoro in questa azienda" il suo viso era serio e non lasciava trasparire alcuna emozione, "Il colloquio è solo una formalità, domattina alle otto in punto inizierà la sua settimana di prova. Se sopravvive fino a venerdì il posto è suo".

Beth avrebbe voluto ringraziarlo o mettersi a saltare nel bel mezzo dell'ufficio, ma suppose non fosse un atteggiamento consono per una donna che non era ancora stata assunta. Dunque decise di sorridere cordialmente all'uomo e stringergli la mano prima di uscire dall'ufficio e abbracciare la sua segretaria, che ricambiò amabilmente.

Si muoveva frenetica tra le vie di Belfast, dove aveva dovuto recarsi per fare il colloquio di lavoro, con un grande sorriso stampato sul volto. Non faceva caso alle persone che le stavano intorno, le importava solo di aver ottenuto quella settimana di prova in un laboratorio nei pressi di Coleraine e non vedeva l'ora di iniziare ad applicare tutte le sue conoscenze. Come impiego iniziale non era male, Beth aveva deciso che quello sarebbe stato il trampolino di lancio della sua lunga carriera.

"Sta' attenta" le disse un uomo dall'aria sgarbata dopo l'ebbe urtato nel bel mezzo del marciapiede praticamente sgombro. Bethsabea era alquanto distratta, ma anche lui avrebbe potuto prestare attenzione alle persone che gli stavano davanti.

"Anche tu" rispose lei, voltandosi per fronteggiare il maleducato. 

Egli si scoprì poi essere Alec, i capelli più lunghi del solito e l'atteggiamento tipicamente trasandato con cui l'aveva conosciuto quella sera in discoteca.

"Dove vai così di fretta?" domandò curiosa la bionda, sentendosi rispondere con un'altra domanda: "Dove vai così contenta?".

"Ho ottenuto un lavoro" squittì, agitando le braccia e lasciandosi trasportare nell'abbraccio in cui l'uomo la avvolse per congratularsi.

"Dobbiamo festeggiare allora" sancì Alec, riscuotendosi immediatamente dallo stato di trans in cui era stato fino a quel momento e conducendola nel suo appartamento, dove tra qualche chiacchiera e bicchieri di vino sarebbe finita nello stesso modo in cui terminavano solitamente i loro incontri.


N.d'A.

Alec è proprio una condanna, oh! Pure quando Beth non lo va a cercare se lo ritrova sempre tra i piedi...

Cosa pensate che ci faccia a Belfast? Quanto si tratterrà?

flyerthanwind

Figlia di un giuramento (o forse due)Where stories live. Discover now