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Bethsabea stava imparando ad apprezzare la compagnia di Alec. Nonostante fosse estremamente presuntuoso e arrogante, persino prepotente alle volte, la sua era sorta di maschera. Infatti sapeva essere simpatico, gentile, premuroso. Dopo la mostra l'aveva accompagnata a casa di sua zia, cedendole la sua giacca poiché si era levata una leggera brezza fresca, e le aveva estorto un appuntamento con la scusa di farsela restituire.

Era dunque quello l'unico motivo per cui stava passeggiando per il centro romano in sua compagnia, nessun doppio fine, nessun sentimentalismo. Naturalmente non avrebbe potuto ridargli la giacca quando era passato a prenderla e rincasare, doveva uscire con lui, doveva farsi fare da cicerone per la sua città natale.

"Ti porto a mangiare il miglior tiramisù che tu abbia mai assaggiato" le aveva detto mentre percorrevano strade a lei sconosciute. L'aveva condotta con sicurezza attraverso alcune traverse e poi si era fermato davanti un locale che recava la scritta Pompi. Era piccolo, non c'erano tavoli all'interno, ma Alec entrò e, dopo aver pagato, le porse il suo tiramisù.

"Grazie, ma non ce n'era bisogno" gli disse la donna mentre ricominciavano a passeggiare attraverso quelle vie.

"Oh si che ce n'era bisogno" rispose il ragazzo facendole l'occhiolino, "E poi devo addolcirti prima di dirti ciò che ho da dire" concluse misterioso, rifiutandosi di proferire parola fin quando giunsero su un muretto e ivi si accomodarono.

"C'è una cosa che non sai, anche se avrei potuto dirtelo sia quella sera a casa tua che alla mostra" iniziò, senza distogliere lo sguardo dalle sue scarpe. Bethsabea aveva compreso che non doveva essere qualcosa di semplice da rivelare, indi per cui tenne a bada la sua curiosità e attese pazientemente che fosse il giovane a farsi coraggio e iniziare il suo racconto.

"C'era una ragazza qui a Roma, era una mia compagna di scuola. Noi ci divertivamo insieme, almeno io la pensavo così; forse per lei era qualcosa di più" iniziò a narrare osservando l'orizzonte e perdendosi in ricordi lontani.

"Si chiama Serena, aveva i capelli corti e sbarazzini e due occhioni verdi che avrebbero fatto fare qualsiasi cosa a chiunque" ammise con un sorriso nostalgico ma assente. "Un giorno è svanita nel nulla, o meglio, ha smesso di farsi trovare da me. Avevamo diciannove anni e gli esami di maturità incombevano, per cui non ci diedi molto peso" ammise, un tono di colpevolezza che era capace di spezzare immediatamente il cuore. Allora stava ammettendo la sua mancanza, ma al tempo non riusciva ad accettare di essere stato legato sentimentalmente a quella ragazza.

"La cercai a casa sua, ma sua madre mi disse che dovevo lasciarla in pace, che avevo già fatto troppi casini. Il suo tono sprezzante mi tormentò per molto tempo, non riuscivo a capire cosa avevo fatto" continuò il racconto con un luccichio negli occhi. Non stava piangendo e non sembrava averne alcuna intenzione, semplicemente si stava immergendo nei ricordi con più foga di quella che avrebbe voluto utilizzare.

"Ti chiederai perché ti sto parlando di questo" le rivolse un sorriso amabile, guardandola finalmente negli occhi, "Ho deciso di raccontarti come è precipitato il rapporto con mio padre" spiegò, lasciando la ragazza ovviamente spiazzata. Non ero obbligato a raccontarle tutto ciò, ma lo stava facendo di sua sponte, e Beth lo ascoltava, assetata di quella verità che tanto sembrava tormentarlo.

"Io lo scoprii solo dopo, ma quella donna avevo perso il marito in un incidente stradale pochi mesi prima e io avevo allontanato da lei sua figlia, per sempre" continuò, osservando attentamente ogni reazione sul volto inespressivo della sua interlocutrice.

"In che senso hai allontanato sua figlia per sempre?" domandò curiosa poiché il giovane aveva smesso di raccontare, sorridendole di nuovo amabilmente. C'erano alcuni fili che non riusciva a srotolare, era come se le mancassero dei nodi da sciogliere.

"Si era trasferita a Belfast da sua zia. Lo estorsi alla sua migliore amica, ma dovetti farle violenza psicologica per farla parlare. Non riuscivo a capire perché fosse un segreto di stato, manco fosse stata sotto protezione!" si lasciò trasportare dalle emozione, una nota di ira nella voce.

"Ovviamente la raggiunsi, volevo delle spiegazioni ma non riuscivo ad ammettere di averla desiderata così tanto. La trovai cambiata, quasi un'altra persona: era ingrassata e i suoi capelli corti le arrivavano sulle spalle. Ma rimasi colpito dai suoi occhi, spenti come non li avevo mai visti. Un luccichio li aveva attraversati quando mi aveva visto, ma poi abbiamo iniziato a litigare e mi ha cacciato, non senza prima lasciarsi sfuggire di aver parlato con mio padre" fece un pausa, premurandosi di stringere i pugni e graffiare forte le mani sul muretto, come se il dolore fisico potesse sostituire l'odissea che sembrava aver dovuto subire in precedenza.

"Ero furioso con lui, mi aveva sempre intralciato, in tutto e per tutto, non riuscivo ad accettare che avesse allontanato Serena. Tornai a Roma e lo affrontai, agguerrito come probabilmente non ero mai stato. Non avevo calcolato che anche lui era furioso, per il mio comportamento ignobile diceva; in realtà era furioso perché temeva che avessi scoperto la verità. Eppure fu lui a lasciarsi sfuggire che quella puttana voleva solo incastrarmi con un bambino" scimmiottò la voce del padre.

Bethsabea, assolutamente sorpresa, sbiancò violentemente, stampandosi un'espressione di puro terrore sul volto, neanche fosse lei quella incinta. Le aveva rivelato il suo segreto più recondito, ma non era certa di riuscire a comprendere fino in fondo la sua vita da padre.


N.d'A.

Credo di aver sganciato una bomba ahaha 

Ma insomma, i segreti non sono mai abbastanza quando si tratta di Alec! Cosa ne pensate? Potevate aspettarvi una notizia del genere? Fatemi sapere cosa ne pensate!

flyerthanwind

Figlia di un giuramento (o forse due)Where stories live. Discover now