Capitolo 7 -Ritardi e messaggi veloci-

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L'indomani mattina mi sveglio con un leggero e fastidioso dolore al braccio. Andrea è coricato su di esso facendolo diventare un cuscino. Provo a spostarmi cercando di non svegliarlo, ma forse ho parlato troppo presto. Un verso di fastidio si fa eco nella sua bocca, un verso quasi rude. Mi dimeno dal suo tocco caldo e mi alzo dal letto per andare in bagno. Chissà se vive con la sua ragazza o dormono separati, se così non fosse, mi preoccuperei. Chi vorebbe che l'uomo che ami dorma fuori casa con un'altra donna? Apro il rubinetto dell'acqua calda e mi spoglio velocemente entrando sotto la doccia. Solo così potrò rilassarmi senza riuscire a pensare ad Andrea. Ma come riuscire a farlo se siamo sotto lo stesso tetto? Ho ancora il suo profumo stampato sulla pelle. Un profumo dolce, delicato e fresco. Il mio profumo preferito che mi fa sentire a casa. Sento bussare alla porta: questo deve essere Andrea.

-Si?- dico cercando di ignorare il fatto che mi hanno disturbato in un mio momento di relax e pace.

-Posso entrare?- chiede a bassa voce. -Mhm, si aspetta che esco.- esco dalla doccia e avvolgo attorno il mio corpo una tovaglia di spugna color bianco e avvolgo i miei capelli in una tavoglia del medesimo colore. Giro la chiave e lo trovo appoggiato con la testa e le sue possenti spalle sul cornicione della porta. Ci guardiamo per un breve periodo di tempo. Un tempo che avrei voluto prolungare per cercare di capire cosa stesse pensando ma purtroppo non ho potuto visto che Andrea ha staccato il nostro contatto visivo per guardarmi dall'alto al basso. Sotto il suo sguardo le mie guance si colorano di un rosso acceso, un rosso che avrei voluto evitare di evidenziare davanti a lui.

-Mi piace quando arrosisci.- afferma mentre io lo strattono ed esco fuori per lasciare disponibile il bagno.

-Ehm ehm.- tossisce Andrea dal bagno provocando una mia reazione curiosa che mi fa girare verso di lui. Subito le mie guance prendono fuoco nel vedere l'uomo davanti a me con il mio intimo ricamato in mano. Glielo strappo di mano e corro via verso la mia stanza per nascondere tutto l'imbarazzo che provo in questo momento. Inizio a vestirmi lentamente pensando a tutti i momenti che abbiamo passato insieme. Quanto amore gli ho donato e lui ha ricambiato per un breve periodo. Lo odio perché lo amo, ma non posso farci niente. I sentimenti non vengono comandati, l'amore arriva e basta, sempre se è quello giusto. E lui lo so, poteva e può avere tutti i difetti del mondo, ma lui rimarrà sempre il mio Andrea, l'uomo della mia vita, ne sono più che certa. Vedo nei suoi occhi che anche lui prova qualcosa per me, ma non riesco a capire, se fosse così, perché un anno fa mi abbia lasciata. Non riesco ancora a darmi una risposta che possa rispondere al più completo alla mia domanda. Forse, non gli andava più a genio il mio corpo e quello è la prima cosa che attrae un uomo. Ma credevo che lui fosse diverso, ma forse mi sbagliavo come sempre. 

Mi alzo dal letto prendendo un respiro profondo ed uscendo dalla stanza per andare a fare colazione. Un profumo di pancake mi accoglie all'ingresso del corridoio.

-Stai preparando la colazione?- chiedo conoscendo già l'ovvia risposta. Annuisce con il capo mentre versa un succo di frutta all'ace nel bicchiere e me lo porge insieme al piatto.

-La tua colazione preferita, non una in particolare, ma la tua.- si ricorda ancora i miei gusti, assurdo.

-Grazie.- lo ringrazio, ma il mio tono di voce è a malapena udibile. Mangio piccoli bocconi riuscendo a finire la mia colazione quando mi accorgo di essere in un ritardo assurdo. Prendo la mia borsa e mi alzo dalla sedia facendola strisciare sul pavimento. Il rumore mi ha fatto digrignare i denti ma nonostante ciò corsi verso la porta non badandogli più di tanto. Prendo la giacca e torno indietro per posare un leggero bacio sulle guance di Andrea.

-Scappo, sono in ritardo con il lavoro.- dico già davanti la porta che chiudo senza aspettare una sua risposta. Ho lasciato Andrea da solo a casa mia. Povero. Sorrido mentre aspetto che arrivi l'ascensore. Sbaglio o è sempre più lento nella sua corsa verso l'alto? Sembra quasi che passi un'eternità, ma finalmente quando ho perso le speranze sento quel suono così familiare che mi avvisa che l'ascensore è arrivato.

Entro e mi appoggio alle mura del trasporto e inizio a riflettere su quello che è successo in questi due giorni. L'unica cosa positiva è che ho un nuovo amico: Alessandro, anche se è molto strano. La mia notte con Andrea non saprei come definirla se un bene o un male. Diciamo un cinquanta e cinquanta? Sicuramente dopo tanto tempo, grazie a lui, mi sono sentita a casa. Una sensazione che non provavo da molto tempo e che mi mancava. Mancava quella forma di conforto, quel profumo che nessuno potrà mai imitare.

Sono appena arrivata davanti il negozio, così prendo le chiavi del locale per aprire le porte e iniziare a pulire come ha detto Sharon la proprietaria. Sono molto nervosa. Praticamente oggi sarebbe il mio primo giorno di lavoro ufficiale senza contare quello di ieri che è stato un totale fallimento dove non ho servito nessun cliente.

Prendo la scopa dallo sgabuzzino e inizio a spazzare per terra in modo tale da non fare sporcare gli abiti da sposa perfettamente bianchi e pieni di luce quando il mio telefono si illumina mostrando un messaggio. È Andrea.

"Poterti avere tra le mie braccia mentre dormivi è stato meraviglioso." Poso il cellulare, ma un attimo dopo lo sento risuonare. La barra delle notifiche si illumina mostrando un altro suo messaggio. "È stato bello sentirsi finalmente a casa." Oh mamma. Le gambe mi iniziano a tremare. Non posso credere che abbia scritto veramente queste cose. Forse ha sbagliato numero, ma questa notte l'ha passata solo con me. A meno che non si sia alzato nella notte per andare dalla futura moglie. Oh ma che assurdità Sof. E poi ha usato l'avverbio finalmente come può essere riferito alla futura moglie? Sono indecisa se rispondergli o meno quando d'un tratto tristezza, nostalgia e verità ricoprono i miei occhi quasi velati di lacrime. "Andrea basta. Finiamola prima di iniziare. Tu ti stai per sposare, non possiamo fare i ragazzini. Dobbiamo affrontare il nostro destino e prenderlo per come ce lo consegnano. "Ti ripeto non faccio altro che pensare a noi." recita l'altro suo messaggio. "Non esiste un noi, siamo due esseri differenti. C'è un tu e c'è un io, il noi ha smesso di esistere da molto tempo. Per favore fermiamoci finché siamo in tempo."

"Mi stai chiedendo di arrestare miei sentimenti?"

"No, devi continuare a provare certi sentimeti per la tua futura moglie." Faccio finta di interpretare che i famosi sentimenti siano quelli per la sua fidanzata e non per me. Oh Sofia in che guaio ti sei cacciata?

-"Non fare la finta tonda. Lo sai che non sono quelli i sentimenti che intendo io."- qualcuno interpreta lo stesso messaggio che sto leggendo.

Poso il telefono seccata e alzo il viso per vedere di chi si tratta, ma la voce è subito riconoscibile.

-Non fare la sopresa Sofia.-

-Non sono sorpresa, sono seccata.-
-Lo sai che ti conosco bene così come conosco benissimo il tuo corpo. E so come reagisce quando ti tocco così.- sfiora lentamente il mio braccio con il suo indice provocandomi brividi lungo tutto il corpo.
-T-ti prego!- esclamo sicura di me, ma ovviamente la mia voce mi tradisce.

-Sshh. Lo so quanto ti piace quando ti accarezzo.-

-No, ti prego, vai via. Può entrare chiunque.- dico riacquistando sicurezza.

-Rilassati. Fatti trascinare. Sei tesa.- dice girandomi attorno e mettendomi le mani sulle spalle iniziando a fare dei piccoli cerchi.

-Basta.- dico spostandomi violentemente da lui. -Cosa sei venuto a fare? Devo lavorare. Vai via adesso.- Prova ad avvicinarsi a me e a prendermi per il polso, ma la sua mano viene bloccata da un'altra.

-Non hai sentito la signorina? Deve lavorare, vai via. Non vuole distrazioni e tu lo sei. E ora fuori.-

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