Capitolo Sedici: restiamo

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«Comunque io sono Saburo Ishida, terzogenito della mia famiglia. È un piacere fare la vostra conoscenza». L'uomo, che ci sta conducendo verso la sua casa, sembra parecchio contento di avere compagnia. Infatti, da quando abbiamo accettato il suo invito, non ha smesso di parlare della sua vita da viaggiatore. Pare che dopo essersi sposato, sia diventato un taglialegna.

Da quel che ci ha raccontato è nato in una famiglia parecchio povera, che ha sempre faticato a vivere decentemente; proprio per questo motivo hanno spesso dovuto spostarsi e da lì è nata la sua passione per il viaggio. Con il passare del tempo è diventato indipendente e ha conosciuto la sua ormai defunta moglie in un piccolo villaggio dell'Est.

Ascolto con attenzione ogni suo racconto, camminando al suo fianco. «Io sono (Nome) (Cognome). È un piacere, anche per me, fare la sua conoscenza».

Alla mia sinistra, invece, c'è Inosuke. La nostra conversazione non suscita il minimo interesse del ragazzo.

Tiro una leggera gomitata, alle spese del Ragazzo-Cinghiale, colpendo il suo nudo fianco. Al che lui si volta verso di me, guardandomi con fare interrogativo. Lo guardo alzando entrambe le sopracciglia e indicando con gli occhi, più volte, Saburo Ishida vicino a me. «Presentati anche tu», dico sottovoce, in modo da non farmi sentire dall'uomo ed evitare, così, di far risultare Inosuke maleducato.

Il ragazzo non sembra cogliere e, infatti, resta in attesa. «Si può sapere che vuoi?», mi domanda, poi, come se nulla fosse, facendosi sentire anche dal Signor Ishida.

Nascondo il viso, portandomi un ciuffo di capelli davanti agli occhi e non avendo il coraggio di scoprire l'espressione dell'uomo. Questo non prima di aver lasciato un pizzicotto sulla pelle di Inosuke, contrariata dalla sua scortesia.

«Ehi, che fai?», chiede il ragazzo a quel gesto. Con una grande mancanza di garbo, scaccia le mie dita dalla sua pelle.

Volto pigramente lo sguardo verso l'uomo, constatando il pessimo momento per mettersi a litigare. «Uhm... Lui è Inosuke Hashibira», dico, indicando svogliatamente, con il pollice, il compagno di squadra.

L'uomo, forse non sapendo davvero cosa pensare della situazione, si limita ad annuire e a sorridermi. Non sembra avere molto in simpatia Inosuke, probabilmente ancora a disagio per i fatti successi poco prima. Successivamente guarda davanti a sé e indica con un dito una modesta abitazione nascosta tra gli alberi. «Quella laggiù è la mia casa», dice, aumentando il passo.
Si affretta a raggiungere la porta d'entrata, in modo da poterla aprire lui stesso. «Prego, entrate pure».

Come lo dice, il Ragazzo-Cinghiale si fionda al suo interno, non guardando in faccia nessuno. «È una catapecchia», commenta, senza farsi alcun genere di problema.

«Inosuke!», lo riprendo. Sono ancora nell'uscio, molto vicina al gentile signore. Di conseguenza, quindi, riesco chiaramente a vedere la sua espressione, carica di sentimenti che si possono appena adombrare.
«Chiedo perdono. Veramente, perdoni la zoticaggine!», dico, chinando profondamente il capo e senza rialzarlo.

Il Signor Ishida punta subito lo sguardo su di me, fingendo un sorriso. «Oh, sei così gentile. Non ti preoccupare, in fondo ha ragione», risponde, obbligandomi ad abbandonare la mia posizione con l'aiuto della sua mano che, andata a posarsi sulla mia spalla, inizia di poco a spingere verso l'alto.
È chiaro che non voglia problemi.

«Sono profondamente dispiaciuta», continuo nonostante tutto. «Non dia peso alle parole del mio compagno. Penso che la sua casa sia molto carina, e sono sicura che è anche confortevole!».

«Sono felice di sentirtelo dire, ma davvero, so che non è il massimo», risponde di nuovo. La sua mano è ancora sulla mia spalla, ma non appena finisce di parlare, mi lascia andare e passa di fianco a Inosuke a testa bassa, come sottomesso dalla forte figura del ragazzo. In questo modo non può incrociare il suo sguardo. «Venite, vi mostro la mia piccola dimora... Anche se non ho molto da far vedere, in verità», si rivolge poi ad entrambi ridendo impacciato.

Annuisco con un sorriso di circostanza, ma appena l'uomo si volta di spalle per guidarci, ne approfitto per parlare, a bassa voce, a Inosuke. «Ti sembra il caso?», gli chiedo, con un tono più stanco che rimproverante.

«Cosa?», chiede lui.

Non rispondo. Non perché non so cosa dire, ma perché l'uomo ricomincia parlare, rivolgendo così a lui la nostra attenzione. «Ecco... Questa è la cucina», dice. Rimane in silenzio per diversi secondi, lasciandoci confusi. Si gratta, successivamente, la nuca e piega un po' la testa. «In verità ci sono la cucina e due altre due stanze per dormire. Una veniva usata da me e mia moglie, l'altra per nostro figlio. Sapete, lui adesso è adulto e ha la sua di famiglia, lontano da qui», spiega.

Indugio per un attimo. Va davvero bene rimanere? Forse non è la scelta migliore restare qui, in casa di qualcuno appena conosciuto. Mi sembra così triste e solo in questo istante, immerso dai ricordi e privo di ogni voglia di vivere il presente. È forse così che ci si sente una volta invecchiati?

Inosuke, però, mi scuote come da un sonno interiore, provocato da mille pensieri. La mano del ragazzo tira di poco la mia divisa, avvicinando in seguito il suo corpo al mio. «Scricciolo, ma che gli prende a questo tizio?», mormora. Sento il mio stomaco stringersi alla sua vicinanza e il suo modo di fare cristallino, tanto che mi allontano di mezzo passo.

Non capisco. Mi è già successo una, o forse due volte di reagire internamente in questo modo. Perché?

Lui non lo nota e, senza prestare attenzione alla mia reazione, molla la tenuta. Mi sento calda ora che gli occhi azzurri come lapislazzuli, della sua maschera, mi osservano.
Scuoto la testa e volto lo sguardo altrove, senza dare un'effettiva risposta.

«... proprio per questo motivo mi fa piacere ospitarvi», dice l'uomo, destandomi per l'ennesima volta.

«Eh?», rispondo io. Non ho ascoltato quello che ha detto prima della sua ultima frase.

Il signore sorride apertamente, non facendosi problemi a ripetere. «Essendo solo, sono felice di chiacchierare e avere compagnia. Non è la casa più bella e grande del mondo, ma ha molto valore affettivo».

La pensa sul serio in questo modo? Siamo solo degli estranei dopotutto.

Recupero un po' di compostezza. «Ne è veramente sicuro?», chiedo infine con una strana espressione a dipingermi il volto.

Da quanto non sentivo parlare di "famiglia"? Non lo ricordo nemmeno più. A dirla tutta non ho alcuna memoria del mio passato, dei miei genitori o altro. Ho alcuni frammenti di me, più piccola, accudita da una dolce anziana dai capelli come la pece, morta di vecchiaia ai miei dieci anni; ma non di altro. Ho continuato a vivere per conto mio dopo la sua scomparsa, ereditando la sua dimora e cavandomela grazie alla tecnica del Respiro in caso di pericolo.
Ho sempre sentito la tecnica come una parte di me. Sono partita e ho partecipato all'Esame Finale perché il mio istinto mi ha detto di farlo. Per quale motivo? Cosa mi ha invogliata a farlo?
A tal proposito, dove ho imparato a utilizzare una spada? Non ricordo nemmeno questo.
Sono talmente confusa in questo momento.

«Certo che ne sono sicuro. Avrei molto piacere a parlare dei miei viaggi con voi, per di più», risponde il signor Ishida. «Magari mangiando qualcosa tutti insieme; che ne dite? Ho qualcosa avanzato dal mio ultimo pasto».

«Davvero!?», parla poi Inosuke, estasiato come non mai. «Ho proprio fame! Due pesci non mi sono bastati per niente!», commenta genuino. Resto a guardare l'evidente felicità del ragazzo, silenziosa e pensierosa. O almeno fino a quando non si gira a osservarmi. «Restiamo», dice solo. Non l'ho mai visto reagire così. Sinceramente la sua allegria porta il buonumore pure a me, lasciando scivolare via ogni preoccupazione.

«Sì», rispondo solo, rivolgendo un sorriso a tutti e due. Inosuke sembra calmarsi un attimo alla mia risposta, guardandomi con la testa leggermente incurvata di lato; come se tentasse di capire qualche cosa.

«Bene allora. Visto che siete miei ospiti, lasciate che vi prepari io quella che dovrebbe essere la cena, anche se in ritardo», dice l'uomo, rimboccandosi le maniche ed entrando in cucina.

«Aspetti! Lasci fare a noi!», dico, raggiungendolo velocemente. Lui però scuote la testa e ci invita a sedere, ormai deciso sul da farsi. Subito dopo si avvia e inizia a tagliare qualche verdura.

Il Nostro Legame [Inosuke Hashibira X Reader]Where stories live. Discover now