Chapter 8

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*Louis' POV*

Erano le nove di sera e mia madre se ne era appena sgattaiolata fuori casa. Non mi aveva detto nulla durante la cena, almeno, nulla di rilevante. Ha alluso un paio di volte al fatto che una qualche festa per vecchie cariatidi sarebbe stata organizzata giù al Pub Irlandese, ma non le avevo dato troppo ascolto. Era da una vita che mia madre non usciva alla sera, perché diamine avrebbe dovuto iniziare a farlo proprio ora?

Poi però ho capito che qualcosa non tornava: Daisy non era ancora rientrata, e il pasto serale era ormai stato consumato. Mia sorella ha qualche amica, ma mia madre non le ha mai dato il permesso di fermarsi a dormire (o a mangiare) da nessuna di loro. "Hai solo otto anni" le dice sempre, gli occhi simili a due pozzi neri. "Non ti aspetterai davvero che ti lasci nelle mani di qualche estraneo, vero?"

La cosa può sembrare ridicola (e ai miei occhi la è di sicuro). A volte vorrei dirle "mamma, starà via solo un paio d'ore. Che c'è di male? Nessun genitore tratterebbe mai Daisy sgarbatamente, è fuori discussione" ma alla fine rinuncio. Alle orecchie di mia madre suonerebbe solo come una scusa pallida e al dir poco ri-di-co-la (questo per via della sua magnificente abitudine di sillabare le parole, giusto per farti assimilare meglio il concetto).

"Sai, oggi alla spa ho sentito la receptionist dire ad una cliente che sarà una festa carina, e ha anche aggiunto che ci sarebbe andata, quindi Anne mi ha detto che trascorrere una serata fuori in compagnia non sarebbe stata una cattiva idea, ed io ho accettato perché, uhm, sai, Daisy starà con Pat stanotte, e tu potrai uscire con i tuoi amici, e non avrei intralciato i piani di nessuno, così..."

Ha lasciato la frase in sospeso perché non c'era davvero bisogno che la concludesse. Il messaggio era chiaro ed era uno solo.

"Stasera esco. Ho parcheggiato tua sorella dalla babysitter. Tu fai quel cazzo che vuoi. Io e la mia migliore amica andiamo a divertirci. Oh, e dimenticavo! Ti ho detto che è stata Anne a propormi di uscire, ma in realtà sono stata io. Non volevo dirtelo solo per non apparire come una brutta madre ai tuoi occhi"

Ho sentito una punta di rabbia stillare nel mio sangue, invadendomi il corpo. E non perché mia madre mi aveva appena annunciato che avrebbe passato un'intera notte fuori, no di certo. Semplicemente perché non aveva pensato che forse avrebbe potuto affidarmi Daisy, per una serata, cosicché mia sorella non dovesse passare la notte a casa di Pat. E non perché Pat sia una cattiva persona, intendiamoci: è una delle donne migliori che conosca. Era il concetto in sé, di lasciare la propria figlia di otto anni nelle mani di quella che non era in alcun modo una persona facente parte della nostra famiglia.

Mia madre non è mai stata una cattiva madre, intendiamoci. Ne ha dovute passare tante, e ha fatto un lavoro splendido, con me tanto quanto con mia sorella. È solo che a volte mi sembra così infantile, così stupida; certe volte si preclude le scelte più ovvie solo per il semplice fatto di pensare di stare per fare una bravata.

Quando l'ho vista in piedi, paralizzata, gli occhi terrorizzati, mi sono affrettato ad annuire. Non volevo captasse che i miei precedenti pensieri erano interamente incentrati su di lei.

"Nessun problema. Io probabilmente andrò giù al locale con Liam. Sai, quella specie di bar universitario da due soldi che alla sera si trasforma in una discoteca. Lui ha detto che sarà una bella festa, e che ci sarà da divertirsi, ma non ne sono poi tanto sicuro" ho ammesso infine, giocherellando con gli ultimi fili d'insalata rimasti nel piatto prima che questo mi venisse tolto da sotto il naso, facendomi storcere il naso, contrariato.

"Perfetto. Allora, uhm, vai pure al piano di sopra, se vuoi. Qui ci penso io. Deve essere stata una giornata stressante" puntualizza lei voltandomi le spalle e armeggiando al lavandino, sottolineando la parola "stressante" per la quindicesima volta nell'arco di un'ora.

No ControlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora