Chapter δ

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Erano passati poco più di quaranta minuti da quando Liam lo aveva chiamato; da quando lui gli aveva mentito, ed ora Louis si sentiva tormentato dai sensi di colpa. Odiava quella situazione, così scomoda, sotto parecchi punti di vista. D'altra parte, era anche vero che non gliene si poteva fare una colpa, se Evan era passato a prenderlo una volta dopo essere uscito da scuola, senza avergli dato alcun preavviso.

Continuava a pensare, Louis, che non avrebbe mai e poi mai dovuto mentire a Liam. In generale, Louis era sempre stata una di quelle persone che odiano dire bugie. Aveva sempre preferito essere sincero, e sorbirsi conseguentemente la sua buona dose di prediche e insulti, nel caso essa fosse sopraggiunta. Ma mai, aveva modo Louis di ricordare, si era ritrovato a mentire spinto da motivazioni tanti banali, ad una delle persone più importanti della sua vita.

"Louis?" lo aveva chiamato Evan, e solo in quel momento si era accorto che erano fermi, parcheggiati in un vasto spiazzo asfaltato, i cui contorni gli sembravano essere vagamente famigliari.

"Stavi pensando?" gli chiese poi il biondo, ridendo sotto i baffi; e Louis, istantaneamente, corse con la mente ad una settimana prima, quando Evan si era offerto di accompagnarlo fino a casa una volta che le ore di detenzione avevano visto giungere la loro fine.

"Uhm, no. Diciamo di sì" si corresse infine, arrossendo, ridacchiando sommessamente non appena Evan proruppe in una grossolana risata sguaiata. "Dove siamo?" chiese poi, cambiando argomento, sperando così che l'imbarazzo non giungesse a tingere perfino i suoi capelli, oltre che la candida pelle.

Sporse il collo in avanti, cercando con tutto se stesso di captare qualcosa che lo riconducesse ad un nome; ad un'immagine. Ma tutto ciò che riusciva a scorgere oltre il cruscotto erano alberi, ed una distesa progressivamente in discesa di verde terreno.

Fece per voltarsi, desideroso di dare un'occhiata anche a ciò che, era consapevole, doveva per forza di cose stagliarsi sullo sfondo retrostante, alle loro spalle. Fece per muoversi, e se non ci avesse pensato la cintura, a fermarlo, lo fece comunque Evan, poggiandogli una mano sul torace, respingendolo violentemente all'indietro.

Sgranò gli occhi, Louis, e sentì tutta l'aria che aveva in corpo abbandonargli i polmoni. Si ritrovò a boccheggiare, spaesato e impaurito, alla ricerca di un appiglio; qualcosa a cui aggrapparsi e che, sperava, non avrebbe lasciato che colasse a picco.

"Non voglio che tu veda, dove siamo, Louis. Ho scelto questa monotona visuale, da mostrarti, appunto perché tu non avessi spunti da cui prendere indizi" disse Evan, le sopracciglia incurvate, la fronte corrugata. "O forse dovrei dire "perché tu non avessi indizi da cui prendere spunto? Comunque, non penso sia importante" aggiunse poi il biondo, e Louis sorrise, ora di poco più rilassato, pensando a quanto fosse strana, quella sorta di relazione che il compagno aveva appena tenuto con se stesso.

"Allora, andiamo?" gli domandò poi il maggiore, facendogli comunque cenno di restarsene seduto e di non azzardarsi a guardare ciò che gli era stato così sistematicamente impedito di osservare; Evan scese dalla macchina e, pochi istanti più tardi, Louis se lo vide piombare a pochi centimetri dalla portiera posta lungo il suo lato, la quale era stata aperta da pochi secondi, con movenze decisamente teatrali.

"Ora ascoltami bene, Louis. Metti i piedi a terra, ma quando scendi, fai in modo che il tuo viso sia rivolto verso le piante che hai avuto modo di fissare fino ad ora" lo istruì Evan, mostrandosi più serio e, pensò Louis, di conseguenza relativamente nervoso, di quanto forse non avrebbe voluto.

Louis annuì, perplesso, deglutendo a vuoto, domandandosi in quale razza di pasticcio stesse per caso andando a cacciarsi. Quando i suoi piedi toccarono il duro cemento, e i suoi occhi sistematicamente si chiusero, per nulla volenterosi di scorgere le meraviglie naturali o edili celate alle sue spalle, sentì Evan ridere, di gusto.

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