Urban Jungle

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La campanella dell'ultima ora squillò, masse di ragazzi euforici schizzarono fuori dalle aule in tutta fretta come uragani urlanti, liberi finalmente da professori pedanti e lezioni noiose.

Tutti tranne uno, un ragazzo dalla figura sottile, lineamenti affilati e capelli scuri. Con calma mise libri e quaderni nello zaino usurato e mezzo rattoppato. Prova di quanti anni fosse stato usato, senza l'opportunità di poterlo cambiare, ma a Merlin non era mai interessato dare importanza a certi dettagli inutili. Finché l'oggetto fosse servito al suo scopo gli stava bene.

Salutò svogliatamente il professore ed uscì per dirigersi alla fermata dell'autobus come i suoi compagni.

Si sistemò come suo solito in disparte dagli altri ragazzi, per non essere risucchiato dalla massa informe e colorata che formavano, mentre aspettavano il mezzo che li avrebbe riaccompagnati a casa di lì a poco.

Al moro non era mai interessato unirsi a loro, al contrario, gli piaceva osservarli da lontano, come uno di quei ricercatori che stanno ore ed ore a osservare un animale nel proprio habitat naturale, per impararne ogni minimo dettaglio ed abitudine. E Merlin, aveva osservato i suoi compagni tanto assiduamente nell'ultimo anno, da conoscerli a memomira. Così tanto, che con nulla più da scoprire, non c'era motivo di interessarsi ancora.

I gruppi nei quali si suddividevano abitualmente erano sempre gli stessi: quelli più In e Out, era letteralmente una jungla urbana nella quale il più forte sopravviveva a discapito del più debole. Tutto era lecito in quel campo di battaglia, nel quale il premio era vincere l'agognata corona dorata della popolarità, mentre il sangue che bagnava i corridoi delle aule erano l'autostima e la coscienza persa dei poveri malcapitati. Conosceva addirittura atteggiamenti, ruoli e media scolastica dei singoli nel gruppo... letteralmente tutto. Doveva trovare qualcosa di nuovo su cui spostare il suo interesse al più presto, o sarebbe certamente morto.

Merlin non era uno di quei ragazzi che si possono definire comuni, o per meglio dire, "omologati al resto della società, con la testa piena di inutili stupidaggini". Non era mai riuscito a conformarsi alla massa, non che ci avesse provato più di tanto. Farne parte era una di quelle cose che da bambino senti già a pelle se ti piace o meno.

Così sua madre Hunit, non riuscendo a spiegarsi la sua strana apatia verso il mondo, aveva cercato risposte tra medici, specialisti e psicologi che si erano fatti un'unica e comune idea su di lui: Merlin Emrys era sano come un pesce, oltre all'essere un vero e proprio genio della sua generazione. Era oltre sì un ragazzo molto introverso, poco incline alle affettuosità e decisamente portato all'isolamento, ma che non c'era nulla di cui preoccuparsi.

Era un genio dopotutto.

Che tradotto per i comuni mortali significava: "Signora, non sappiamo spigare i problemi di suo figlio. Ma, la veda in questo modo. Poteva andarle peggio. Non le pare?"

Inutile dire che questa risposta spicciola non colmò nemmeno un poco le preoccupazioni di Hunit; che continuò a prendersi cura di lui come solo l'amore di una madre è in grado di fare: senza pregiudizi o costrizione alcuna. Ma accompagnata sempre, da quel velo di preoccupazione che sottolineava ogni singolo giorno quanto lei fosse totalmente impreparata a gestire quella condizione.

Inoltre, non capitava di rado che unito a quel ricordo d'infanzia, Merlin associasse un suo triste pensiero personale: che nel silenzio amorevole di sua madre si nascondesse il desiderio di vederlo meno intelligente e più affettuoso, date le sue dimostrazioni calorose praticamente inesistenti.

Quando cala la notte e la magia divampa || MerthurWhere stories live. Discover now