Capitolo trenta

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Capitolo trenta

   

Berlino, estate 1941.

Anna e Boris erano sposati da più di due mesi ormai e lei credeva di non essere mai stata più felice.

Andava a letto ogni sera e si sdraiava accanto a Boris. Spesso rimanevano entrambi in silenzio, tenendosi per mano, fissando il soffitto, immersi nella pace più totale. Le piaceva ascoltare il ritmo regolare del suo respiro, sempre così calmo e profondo. Rimaneva ad ascoltarlo fino a che non si addormentavano entrambi.

Quando si svegliava, il mattino dopo, suo marito non era più di fianco a lei, ma sapeva che sarebbe tornato a casa, quella stessa sera.

Suo padre non aveva ancora fatto una mossa riguardo il trasferimento in un'altra casa – anche piccola, le dimensioni non le importavano – e lei iniziava ormai a perdere le speranze.

La sera, quando si spazzolava i capelli davanti al suo vecchio tavolo da toeletta che era riuscita a far portare nella sua stanza, pensava alle sue compagne del corso prematrimoniale. Si chiese che fine avessero fatto, se si fossero sposate, se anche per loro il matrimonio continuasse ad essere un'esperienza elettrizzante oppure no. I suoi pensieri andavano anche a Sabine e spesso si domandava se suo marito fosse riuscito a domare quella sua natura selvaggia che nemmeno la direttrice della Reichsbrauteschule era riuscita a confinare in un angolo.

Immaginava sua madre seduta davanti alla finestra della sua camera ad aspettare un uomo che non sarebbe mai arrivato e si rese conto di quanto fosse stata fortunata lei: nonostante non avesse avuto una vera madre, una figura materna non era di certo mancata! E, doveva ammetterlo, anche suo fratello aveva aiutato a renderla meno simile a quella signora Schmidt di quanto, magari, sarebbe potuta diventare e lei aveva aiutato lui. Inoltre c'era Boris Weber, che dall'uomo odiato dei primi giorni era riuscito ad intrufolarsi sempre più nel suo cuore fino ad occuparne stabilmente una parte.

Altre volte facevano l'amore, e nei primi tempi sembrava quasi che fosse diventata la parte preferita della giornata di Anna. Non riusciva ad ammetterlo a se stessa, non faceva altro che arrossire a quel solo pensiero, ma le piacevano quei momenti. Le piaceva essere accarezzata e coccolata da suo marito, le piaceva sentire le dita di lui salire e scendere lungo la sua schiena e addormentarsi tra le sue braccia. Amava sentirlo così vicino a sé, quando la baciava e anche quando la faceva ridere fino alle lacrime, facendole il solletico.

Quando aveva incontrato Juliane per la prima volta, qualche giorno dopo essersi sposata, le aveva subito detto che la vita matrimoniale le piaceva fin troppo. Non si era ancora ricreduta e né Boris né nessun altro non le aveva dato motivo di farlo.

Ogni giorno sembrava essere una novità e sperava che sarebbe stato così per sempre.

Anche a Boris sembrava che la vita avesse preso una svolta e non fosse più quella di prima.

Non credeva di aver mai avuto così tanta voglia di tornare a casa dopo il lavoro da quando aveva sposato Anna.

Gli piaceva entrare dalla porta d'ingresso e trovarla seduta in cima alle scale ad aspettarlo oppure seduta in soggiorno a suonare al pianoforte, spostato lì il giorno prima del suo ritorno dal corso prematrimoniale. I sorrisi di quella ragazza sembravano essere in grado di illuminargli la giornata e renderla migliore, in un certo senso anche più calda.

Ricordava ancora quella volta che l'aveva trovata in giardino, seduta in mezzo ai due bracchi mentre il terzo aveva la testa appoggiata sul suo grembo, quasi come se le stesse annusando il ventre. Anna aveva gli occhi chiusi, il mento leggermente alzato verso il cielo terso sopra di loro, quel suo sorriso sbilanciato dipinto sulle labbra. Accarezzava i cani a turno e rideva quando uno di loro la spingeva con il naso umido o le leccava una guancia.

L'amore ai tempi della guerraWhere stories live. Discover now