Capitolo trentadue

834 48 7
                                    

Capitolo trentadue

  

Svizzera, ottobre 1941

Stava arrivando il freddo, Katharina se lo sentiva quasi fin nelle ossa. Il sole regnava nel cielo come un sovrano assente, che c'è ma è con la mente perennemente altrove. Brillava pallido, quasi come se fosse stato malato, e non sembrava riuscire a riscaldare la terra. Se ne stava lì, appeso nel cielo fino al tramonto, e sembrava quasi contagiarla con quella sua fredda pigrizia.

Se tornava con la mente a quel pomeriggio di settembre, quando suo marito Friedrich aveva cercato di buttarsi nel fiume per rinfrescarsi... le sembrava quasi un ricordo appartenente ad un'altra vita, a un'altra persona, perfino. Ora lui lavorava con una camicia e un maglione leggero, rosso e nero. Quando lo vedeva vestito in quel modo non poteva fare a meno di correre indietro nel tempo, a quando era a casa della nonna e qualche tagliaboschi amico del nonno si fermava da lei per il suo famoso strudel di mele. Sorrideva guardandolo, pensando alla sua infanzia.

Quando gli abitanti del paese la guardavano non potevano più nascondere dietro una bella presa di peso il fatto che la tanto odiata ragazza tedesca fosse incinta. Alcuni, pochi, sembravano essersi addolciti, ma lei continuava comunque a non andare in paese da sola e a portarsi Friedrich o Jakob con sé quando doveva fare delle commissioni. Quando era con uno di loro, infatti, nessuno osava trattarla come avrebbe voluto fare e si limitava a servirla in silenzio o borbottando a mezza voce. Tuttavia non aveva più pianto. Aveva imparato a prendere di petto l'astio che la gente sembrava provare nei confronti suoi e dei suoi connazionali e ad andare avanti, sforzandosi di non pensarci più di tanto, di non abbassarsi al loro stesso livello.

Ogni tanto sentiva il suo bambino muoversi e scalciare. Era questa una delle cose migliori della sua nuova vita. Le piaceva accarezzarsi il ventre, la sera, mentre era distesa a letto. Le sembrava quasi di cullare il bambino che cresceva dentro di lei e che un giorno l'avrebbe chiamata "mamma". Quando si fermava a pensarci, non era sicura di rendersi pienamente conto di come un bambino avrebbe cambiato la sua vita e quella di suo marito. Le era sembrato assurdo sposarsi ad aprile, a diciotto anni, e sembrava che intorno al giorno del suo diciannovesimo compleanno sarebbe diventata madre, responsabile interamente della vita di un'altra creatura come non lo era mai stata.

Spesso esternava la sua paura di quel cambiamento a Friedrich – e, quando lo faceva, tornava inevitabilmente a chiamarlo Boris, perché avrebbe tanto voluto, se solo fosse stato possibile, che loro figlio o loro figlia li chiamasse con i loro veri nomi, rimandando a delle identità che ormai erano morte per sempre. Non riusciva a fare a meno di avere paura di non essere tagliata per quel ruolo; aveva paura che non sarebbe mai riuscita a ricoprirlo come si doveva e che – in questo modo – si sarebbe trasformata in una madre pessima come era stata la sua, dimenticata in un'anonima camera di una lussuosa casa a Berlino.

«Ti sei abituata a non essere viziata ogni giorno da quando siamo qui» le sorrideva lui ogni volta, stringendola a sé e accarezzandole il ventre. «Riuscirai anche ad essere una brava mamma, ne sono certo!»

Non riusciva mai a tranquillizzarla del tutto, però, soprattutto perché il problema dell'identità cambiata rimaneva sempre lì, come una presenza costante, un inquietante respiro sul collo. Suo padre li stava cercando, non aveva dubbi a riguardo, e anche l'esercito doveva essere alla ricerca di Boris Weber, ventitré anni, Oberstleutnant, disertore. Cosa avrebbero fatto se fossero stati scoperti?

Augustus le aveva detto che avrebbe comunicato con lei in qualche modo, inviando la lettera a Georg Günther, il quale avrebbe poi provveduto a cambiare busta e inviarla a qualcuno che l'avrebbe recapitata agli Schröder. Ma non aveva mai ricevuto nulla e sembrava che l'ultimo ponte che la collegava alla sua vecchia vita fosse crollato, forse a causa di un qualche controllo imposto sulla posta oppure perché, semplicemente, suo suocero si era dimenticato di scrivere loro. Non aveva ancora deciso bene quale delle due opzioni la spaventasse di più, ma restava il fatto che continuava ad essere all'oscuro di tutto ciò che poteva essere successo a casa sua o a suo fratello, oppure se fossero ricercati o meno.

L'amore ai tempi della guerraWhere stories live. Discover now