Prologo

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Io sono Frank Iero.
Il classico ragazzo odiato dai genitori.
Il classico ragazzo ribelle.
Quello che fuma, quello che usa il telefono in classe.
Quello che risponde male a tutti, che alza il dito medio ed è freddo come una scultura di ghiaccio.
Quello che marina la scuola e il giorno dopo deve inventarsi una scusa con i professori che lo hanno visto.
Quello che, nonostante tutto, sa come cavarsela per passare l'anno scolastico e che quindi sta bene con se stesso.
Ma parliamo della mia scuola.
La mia scuola faceva veramente schifo, ma una sola cosa è riuscita a farmela piacere.
Un mio professore.
Dio, quel professore.
Il professore di matematica.
Lui arrivò al secondo anno.
Tutti, anzi, tutte, tutte avevano una cotta per lui.
Tutte le ragazze della scuola.
Non era il più giovane, perché il nostro professore di storia era sicuramente più piccolo di lui, ma era il più attraente.
Quei capelli corvini che, un po' lunghi, gli cadevano sul viso mentre scriveva alla lavagna e non poteva spostarseli per non sporcarsi di gesso.
La forma del suo viso, il naso, la bocca, i denti piccoli pronti a sbranarti e gli occhi. Gli occhi dal colore cangiante.
Prima nocciola e poi verdi. Chiari, velati.
Quel fisico longilineo e quella dannata mano appoggiata sul fianco mentre spiegava con passione la sua materia.
E quella voce dura, acuta. Quelle odiose ramanzine.
Quello stupido contenitore di starbucks che teneva sempre sulla cattedra durante le lezioni.
Beveva sempre caffè, e guai se i suoi studenti si azzardavano a bere una fottuta bibita davanti ai suoi occhi.
Ipocrisia, professore.
Ero alla metà del mio secondo anno di superiori, il liceo artistico che frequentavo era sempre più da demolire.
Ma come ho detto da quando arrivò il professor Way, tutto scorreva con leggerezza. Persino lo studio.
Ero gay solo per lui, visto che non mi erano mai piaciuti i ragazzi prima d'ora — e lui era un uomo, ma questi sono dettagli.
Pensai avesse trent'anni o più, e io avevo solo sedici anni.
E comunque era da poco che avevo preso una cotta per lui.
Agli inizi prendevo per il culo le mie compagne e un paio di ragazzi chiaramente non eterosessuali, e dopo ci caddi anch'io, nella trappola.
Mi faceva un po' rabbia. Non sapevo perché.
Ma Way sembrava odiarmi.
Perché? Beh, perchè non studiavo matematica, ovvio.
Non l'avevo mai studiata.
Non avevo mai aperto un libro.
E non sapevo nemmeno quanto facesse sette per otto.
Agli inizi infatti Way aveva messo tutti sotto pressione dicendo che avremmo dovuto imparare le tabelline perché senza di quelle non si va da nessuna parte eccetera.
Non le ho mai imparate.
Presto, ci fu il primo compito.
Presi quattro.
Un bel quattro in rosso.
Gigante. Sopra il mio foglio protocollo, rubato a qualcuno perchè io quei fogli non li ho mai portati e non avevo nemmeno un quaderno intatto da dove staccare fogli a due.
Way non mi guardava mai in faccia, ma era sempre pronto ad insultarmi. Sempre.
Manco gli avessi rigato la macchina.
Per questo lo odiavo. Anche se mi attirava.
Perché era proprio uno stronzo. Più di me.
Lo sapevano tutti che era uno stronzo, pure quelli che non ce l'avevano come professore.
Ma basta parlare, quel giorno avevo lezione.
Lezione di matematica.

«Ray, penso di dover vomitare»
«E perché?»
«Perché mi è venuto il ciclo»
Il mio migliore amico mi diede uno spintone, facendomi sbattere giusto contro la porta dell'aula 39.
«Stavo quasi per creder-»
«Allora?!».
Way sbucò dalla classe, la mano sul fianco e l'espressione accigliata che gli segnava la fronte con lievi rughette.
«Toro mi ha spinto-»
«Andate a sedervi, subito»
«Cazzo Ray, vacci piano, sei un bisonte» Sussurrai mentre ci andavamo a sedere, ridacchiando silenziosamente.
«Dicevamo, prima che i due signorini ci interrompessero.» Lanciò un'occhiataccia verso di noi, «Nelle frazioni algebriche si procede...»
Smisi di ascoltarlo.
Al solo nominare delle frazioni.
Ew, quelle le ricordavo, ma solo perché le avevo sempre odiate.
Così mi misi a braccia conserte sul tavolo, cercando la giusta posizione per dormire sopra la mia cartella.
Cinque minuti. Volevo solo cinque minuti.
«Iero. La cartella. Non deve stare sul banco.»
La cartella.
La fottutissima cartella, certo.
Senza sollevare la testa o aprire gli occhi, buttai la cartella giù dal banco con un movimento brusco delle braccia.
E la mia fronte si appoggiò al banco freddo.
Sentii un verso simile a un grugnito, e dei passi avvicinarsi fino a raggiungere il mio banco. Si fermarono lì davanti.
A quel punto alzai la testa, giusto in tempo per vedere Way con una mano sul fianco e l'altra con cui teneva un'agenda sollevata, come se volesse tirarmela addosso.
Mi coprii prontamente con un braccio, e a quel punto sentii una risatina generale.
«Tacete. Per quanto riguarda lei, Iero, se continua così le metterò una nota. Se vuole può anche uscire, io non glielo impedisco, ma mi sembra inutile che lei stia qui.»
Il professor Way dà del lei a tutti, ho sempre pensato sia una cosa abbastanza ridicola, ma anche lui la usa con un certo sarcasmo.
Comunque, per prima cosa, era riuscito a zittire tutti in meno di un secondo.
Seconda cosa, oh, certo, mi avrebbe lasciato andare. Ma dopo me la sarei dovuta vedere con la coordinatrice di classe, il vicepreside, il preside.
«No, grazie, professore. Rimango a farle compagnia»
«Non mi fa compagnia, dormendo.»
«Come vuole che le faccia compagnia?» Chiesi in tono innocente, nonostante il mio sorrisetto malizioso e sfacciato.
«Venendo alla lavagna» Disse lui sollevando un sopracciglio, visibilmente soddisfatto.
Cazzo.
Era proprio uno stronzo.
E io un coglione di prima categoria.
Mi mordicchiai il labbro inferiore sentendo il freddo familiare del piercing, trattenendo un verso di frustrazione, e lo implorai con lo sguardo di non farmelo fare davvero.
«Su, Iero. Stava dormendo, questo vuol dire che la lezione è troppo indietro per un intellettuale come lei. Non ho ragione?»
Sbuffai.
«Faccio prima ad andarmene» Mi alzai e feci per muovermi dal posto, ma la mano di Way mi afferrò prontamente il polso.
«Adesso rimane qui. Sul regolamento c'è scritto che non si può lasciare che gli alunni escano dalla classe senza il consenso, e non dovrebbero nemmeno uscire per andare in bagno. Si fa solo al suono della campanella.»
«Bipolare...» Dissi a bassa voce, ma facendomi pur sempre sentire.
«Sa almeno il significato di questa parola, Iero? No che non lo sa. Il termine adatto a quello che volevi sicuramente insinuare è lunatico»
«Come le pare» Sbottai riportando il culo sulla sedia.

𝗛𝗼𝘄 𝗦𝗵𝗼𝘂𝗹𝗱 𝗜 𝗖𝗮𝗹𝗹 𝗬𝗼𝘂?Where stories live. Discover now