38. L'espulsione (P)

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[24.07.2020 ~ capitolo revisionato ✔]

Alex mi stava nascondendo qualcosa, lo sentivo, ma dopo cena fuggì nella Casa Uno come se avesse un segugio infernale alle calcagna, quindi mi ripromisi di interrogarla l'indomani

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Alex mi stava nascondendo qualcosa, lo sentivo, ma dopo cena fuggì nella Casa Uno come se avesse un segugio infernale alle calcagna, quindi mi ripromisi di interrogarla l'indomani.

Perchè non voleva venire da me? Avevo fatto qualcosa? E poi cos'era quella storia che non si sentiva sicura a lasciare il Campo? Il Vello aveva curato l'albero di Talia, eravamo di nuovo protetti, e Chirone era tornato...

Non riuscivo proprio a capirla.

Una tempesta infuriò per tutta la notte, ma aggirò il Campo Mezzosangue come al solito. I fulmini lampeggiavano all'orizzonte, le onde flagellavano la costa, però non una sola goccia cadde nella nostra valle. Grazie al Vello eravamo di nuovo protetti, sigillati entro i nostri confini magici. 

Eppure facevo ancora dei sogni inquieti. Udivo Crono che mi provocava dalle profondità del Tartaro: "Polifemo se ne sta accecato nella sua caverna, piccolo eroe, convinto di avere ottenuto una grande vittoria. Tu credi di ingannarti di meno?". La risata gelida del Titano riempiva il buio.

Poi il mio sogno cambiò. Stavo seguendo Tyson sul fondo del mare, alla corte di Poseidone. Era una grande e splendida sala piena di luce azzurra, con il pavimento di perle incastonate. E lì, su un trono di corallo, sedeva mio padre, vestito come un semplice pescatore con dei pantaloncini color kaki e una maglietta scolorita. Guardai la sua faccia abbronzata, segnata dal sole e dalle tempeste, e i suoi profondi occhi verdi, e lui pronunciò due parole: "Tieniti forte."

Mi svegliai di soprassalto. Qualcuno stava bussando alla porta. Grover si precipitò dentro senza aspettare il permesso. «Percy!» balbettò «Annabeth... sulla collina... lei...»

Dall'espressione dei suoi occhi capii che si trattava di un evento terribile. Annabeth era di guardia quella notte, per proteggere il Vello. Se era successo qualcosa...

Mi strappai le lenzuola di dosso, il sangue come acqua gelata nelle vene. Mi vestii alla rinfusa, mentre Grover cercava di mettere insieme una frase compiuta, ma era troppo sbigottito, troppo senza fiato. «È distesa lì... è distesa lì... e Alex non si sveglia...»

«Come sarebbe che non si sveglia?» chiesi brusco.

«Non riuscivo a.... è distesa... è lì...»

Corsi fuori e attraversai il Campo come un razzo, con Grover alle calcagna. Decisi di andare prima da Annabeth, perchè se aveva subito un attacco saremmo stati tutti in pericolo, Alex compresa.

Albeggiava appena, ma tutti sembravano in agitazione. Si stava spargendo la voce. Era successo qualcosa di grosso. Un gruppetto stava già salendo la collina: satiri, ninfe ed eroi in un bizzarro miscuglio di armature e pigiami. Udii scalpitare degli zoccoli di cavallo e Chirone ci raggiunse al galoppo. «È vero?» chiese a Grover. 

Grover riuscì soltanto ad annuire con un'espressione stordita. Provai a chiedere cosa stava succedendo, ma Chirone mi prese per il braccio e mi sollevò senza nessuno sforzo sulla groppa. Insieme ci precipitammo in cima alla Collina Mezzosangue, dove aveva cominciato a radunarsi una piccola folla.

Mi aspettavo che il Vello fosse sparito, ma era ancora là e luccicava alle prime luci dell'alba. La tempesta si era interrotta e il cielo era rosso sangue. «Maledetto il re dei Titani» esclamò Chirone «ci ha ingannati un'altra volta! Si è dato un'altra possibilità di controllare la profezia!»

«In che senso?» chiesi.

«Il Vello» disse «il Vello ha funzionato troppo bene. Dov'è Alexandra?»

«Grover ha detto che non si sveglia»

«Forse starà parlando con suo padre» disse Chirone «ci raggiungerà appena possibile»

«Come fa ad esserne tanto sicuro? Potrebbe stare male...»

«No, Percy» rispose lui cupo «fidati. Alexandra sta bene»

Continuammo ad avanzare e il capannello si aprì per lasciarci passare. Lu, ai piedi dell'albero, c'era una ragazza svenuta. Un'altra ragazza vestita in armatura greca era inginocchiata accanto a lei. Sentii il sangue tuonare nelle orecchie. Non riuscivo a pensare in modo lucido. Annabeth aveva subito un attacco? Ma perché il Vello era ancora là? L'albero sembrava in perfetta forma e traboccava di salute, avvolto dall'essenza del Vello d'Oro. 

«Il Vello ha guarito l'albero» spiegò Chirone, la voce esausta «ma il veleno non è stata l'unica cosa che ha espulso»

Allora mi resi conto che Annabeth non era la ragazza distesa a terra. Lei era quella in armatura, inginocchiata accanto all'altra. Quando ci vide, corse subito da Chirone. «È... lei... lì, all'improvviso...». Le grondavano gli occhi di lacrime. «Dov'è Alex? Deve vederla...»

«Arriverà» la rassicurò Chirone.

Ma io ancora non capivo. Ero troppo agitato. Saltai giù dalla groppa di Chirone e corsi verso la ragazza svenuta. Chirone gridò: «Percy, aspetta!»

Mi inginocchiai al suo fianco. Aveva i capelli corti e neri e le lentiggini sul naso. La corporatura era snella e forte, da fondista, e i vestiti erano una via di mezzo fra il punk e il goth: una maglietta nera, un paio di jeans neri strappati e un giubbotto di pelle con le spille di band che non avevo mai sentito nominare. Non era una ragazza del Campo. Non mi sembrava appartenere a nessuna delle case. Eppure avevo la strana sensazione di averla già vista...

«È vero» mormorò Grover, con il fiato grosso dopo la corsa fatta per salire sulla collina «non posso crederci...»

Nessun altro si avvicinò alla ragazza. Le misi una mano sulla fronte. La pelle era fredda, ma mi sentii formicolare le dita come se scottassero. «Le servono nettare e ambrosia» dichiarai. Era chiaramente una mezzosangue, che fosse del Campo oppure no. Mi era bastato toccarla una sola volta per avvertirlo. 

Non capivo perché tutti fossero così spaventati. La presi per le spalle e la sollevai a sedere, posandole la testa sulla mia spalla. Anche il suo odore era familiare, come se lo avessi già sentito prima... «Muovetevi!» gridai agli altri «Che vi prende, gente? Portiamola alla Casa Grande!»

Non si mosse nessuno, nemmeno Chirone. Erano tutti troppo sbigottiti. Poi la ragazza fece un respiro tremante. Tossì e aprì gli occhi. Le iridi erano di un blu stupefacente, elettrico. Mi ricordò immediatamente quelle di Alex.

Un sospetto si fece largo in me, ma lei mi fissò sbalordita, con gli occhi atterriti, e rabbrividì. «Chi...»

«Mi chiamo Percy» dissi «adesso sei al sicuro»

«Ho fatto un sogno stranissimo...»

«Va tutto bene»

«Sto morendo»

«No» la rassicurai «stai bene. Come ti-»

Non feci in tempo a finire la frase.

L'urlo di Alex mi interruppe, e ci raggelò tutti.

Corse verso di noi e si gettò a terra. Mi strappò la ragazza dalle braccia e la strinse a sé, singhiozzando così forte che per un momento temetti che si strozzasse.

«Lexy...» la chiamò sollevata la ragazza, aggrappandosi alla sua maglietta.

Fu allora che capii.

I tratti simili del volto... gli stessi occhi blu elettrico... l'odore simile...

Compresi anche il senso dell'impresa del Vello d'Oro. L'avvelenamento dell'albero. Tutto.

Crono l'aveva fatto per aggiungere un pezzo alla scacchiera, per darsi un'altra possibilità di controllare la profezia. Ecco perchè Luke aveva detto che ci avrebbe lasciato prendere il Vello, dopo averlo usato. Perfino Chirone, Annabeth e Grover, che avrebbero dovuto festeggiare quel momento, erano scioccati, pensando a cosa potesse significare per il futuro.

La ragazza, tra le braccia di Alex, mi inchiodò con lo sguardo. «Sono Talia» disse «figlia di Zeus».

[2] 𝙇𝙤𝙨𝙩 » Percy Jackson [IN REVISIONE]Where stories live. Discover now