Capitolo 19. Le cose che odio

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Settembre 2024, Italia.

«Credo non dovrebbero vederci fraternizzare, però mi andava di salutarti quindi ciao.» disse Charles, avvicinandosi a me con un bicchiere in mano e un sorriso sulle labbra. Alzai gli occhi al cielo, sorseggiando dal mio bicchiere prima di parlare.

«Fraternizzare? Non ti direi mai niente per aiutarti, anzi se mi fosse possibile ti saboterei, comunque ciao anche a te.» risposi con un sorriso tirato, dandogli le spalle ed allontanandomi. Lui mi seguì, affiancandomi.

«Pensavo avessimo fatto passi avanti, tipo un bel po'!»

«E cosa te lo aveva fatto pensare?»

«La nostra chiacchierata, quando eravamo in Belgio.»

«Charles, non m'importa di quello che ci siamo detti e non mi basta quello che ci siamo detti. Per me è difficile starti vicino senza provare un senso di bruciore allo stomaco e l'insensata voglia di metterti le mani addosso, lo capisci?» risposi tagliente, buttando giù tutto il contenuto nel mio bicchiere. Ne avevo bisogno di altri cinque per poter reggere ancora quella conversazione. E considerando che avevamo gli occhi di tutti addosso, la situazione era ancora più complicata da gestire.

Provavo sentimenti contrastanti per Charles. Parte di questi sentimenti li rinnegavo, ancorandomi a tutti quelli negativi, ma consapevole in cuor mio che non avrei resistito ancora per molto.

Nei giorni seguenti al GP in Belgio, non potendo tornare da Sam perché la gara seguente sarebbe stata solo sei giorni dopo, me ne approfittai per andare a Milano, dai miei. Credevo che starmene in famiglia, anche solo per qualche giorno avrebbe potuto migliorare il mio umore, invece mi sentivo nervoso e insoddisfatto. La cosa che mi innervosiva di più era il non riuscire a sentire la mancanza del mio ragazzo, quindi avevo la necessità di vederlo per convincermi che non fosse cambiato niente. E invece, era cambiato tutto. Tutto!

«Non voglio che siano solo parole, vorrei poterti dimostrare che...»

«Non mi devi dimostrare niente, vorrei solo che tu mi stessi alla larga.» dissi senza farlo finire di parlare. Mi sentii subito in colpa, perché vidi un'espressione dispiaciuta sul suo volto. Sbuffai, consapevole che mi sarei pentito in seguito, e mi scusai.

«E va bene!» dissi tra me e me, rivolgendomi poi a lui. «E' strano vederti qui, credevo avessi degli impegni, considerando che siamo in Italia.»

«Io invece sono felice di vederti qui. » mi rispose. Inghiottii a vuoto, sentendomi strano sentendo le sue parole. Mi chiesi se fosse venuto solo per vedermi, e questo pensiero di fece sentire uno schifo perché mi avrebbe fatto piacere se fosse stato così. In momenti come quelli pensavo intensamente a Sam, ai suoi occhi verdissimi e alle sue labbra, come a volermi convincere che non stavo facendo niente di male. Eppure, il pensiero di Sam durava solo un secondo, poi Charles invadeva ogni parte del mio cervello.

«Comunque, niente eventi per questa sera.» mi fece sapere, quindi annuii. Era il primo rinfresco pre-gara dopo tanto tempo, eppure mi sembrava il primo in assoluto. Molti dei piloti che correvano cinque anni prima non c'erano più. Quelli nuovi e giovani non li conoscevo affatto e mi sentivo stretto nella mia stessa pelle, così stretto che:

«Andiamo a prenderci una boccata d'aria?» chiesi a Charles. Lui accettò, appoggiando il bicchiere ormai vuoto su un tavolino e seguendomi. Uscimmo sul terrazzo, nella frizzante notte milanese e restammo in silenzio finché non mi accesi una sigaretta. Fumare non era una cosa che mi piaceva fare, eppure quando ero nervoso era l'unica soluzione per riprendere il controllo. Charles mi osservò mentre portai la sigaretta alle labbra, ispirando a fondo.

Scintille || Charles LeclercWhere stories live. Discover now