Capitolo 6. Mi fido di te

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Una fastidiosa musichetta mi costrinse ad aprire gli occhi. Non riuscii subito a capire dove fossi. Avevo il braccio di qualcuno attorno e girandomi mi resi conto fosse di Charles. Solo in quel momento capii che la fastidiosa musichetta era la sua suoneria. Mi alzai dal letto, andando a recuperare il cellulare e rispondendo senza guardare chi fosse. Mossa sbagliata.

«Pronto?»

«Dove cazzo siete? Lo sapevo che non mi avresti dato retta!» Era Mattia e mi sembrava parecchio arrabbiato. Guardai l'ora e capii perché: era tardissimo!

«Stiamo arrivando.» risposi schiarendomi la voce.

«Lui dov'è?»

«È in bagno, si sta preparando. Arriviamo!» mentii mettendogli giù. Mi passai una mano tra i capelli, sbuffando. La stanza di Charles era un casino, c'erano vestiti per terra e il letto era completamente sfatto. Lui dormiva beatamente, inconsapevole di essere nei guai.

Raccolsi le mie cose, siccome avevo addosso solo i boxer, e mi vestii velocemente. Ricordavo di essermi spogliato perché faceva caldo e Charles aveva insistito per dormire insieme sotto le coperte. La sera precedente si era ridotto malissimo, eppure non c'era un modo gentile per svegliarlo, quindi presi un bicchiere d'acqua e glielo versai in faccia.

«Sei impazzito!?» si lamentò, tirandosi a sedere. Io sorrisi, passandogli l'asciugamano.

«Devi essere pronto in...ehm due minuti? Mattia ha chiamato ed è incazzato.» gli comunicai e lui scese dal letto, vestendosi in fretta e furia.

«Merda!» disse correndo avanti e indietro.

«Buongiorno anche a te» lo salutai uscendo dalla stanza e sbattendo la porta. Andai in camera mia, mi misi qualcosa di pulito e cinque minuti dopo eravamo entrambi nell'ascensore. Lui con gli occhiali da sole su, io con le mani in tasca e lo sguardo perso nel nulla.

«Non ricordo un cazzo di quello che è successo ieri sera.» disse sistemandosi i capelli. Io alzai le spalle, dondolando leggermente.

«In realtà nemmeno io ricordo molto.» mentii, mentre il cuore mi batteva forte ripensando a quel quasi bacio. Perché era successo, vero?

«Devo smetterla.» disse mentre le porte dell'ascensore si aprirono. Uscimmo e Mattia, appena lo vide lo fulminò con lo sguardo. Lui si mise subito sulla difensiva.

«Mattia, ehi, prima che tu dica qualsiasi cosa...sappi che...»

«Muovetevi! Vi stiamo aspettano la quasi un'ora.»

Raggiungemmo il gruppo, Seb mise un braccio attorno al collo a Charles e gli disse qualcosa che lo fece ridere. Io rimasi indietro, affiancando l'ingegnere di pista del tedesco. Mi cominciò a parlare, ma io non lo stetti a sentire nemmeno per un secondo. La mia testa era un casino in quel momento, e cominciavo a dubitare di ciò che era realmente successo. Se Charles non si ricordava niente, se io non avessi mai ammesso niente...beh allora nulla di quello che era successo la sera precedente esisteva.

Raggiungemmo le prossimità di un bosco, ci fermammo in cerchio e sentimmo le istruzioni di quella strana caccia al tesoro. Charles non mi affiancò finché non ci venne detto di formare le coppie. Prese lui il primo indizio, mentre io mi occupai di recuperare la mappa e la bussola.

Tutte le coppie cominciarono a leggere il primo indizio, il quale dava le istruzioni per raggiungere il secondo indizio. C'erano delle coordinate, quindi dovevamo usare la mappa per orientarci. La aprii, capendo dove fossimo in quel momento. Charles invece continuò a guardarsi attorno.

«Quanto ci metti? Gli altri sono già partiti!»

«Ti ricordo che è una competizione a squadre, e tu te ne stai lì a non fare niente!»

«Fa' vedere.» mi disse strappandomi la cartina dalle mani e, togliendosi gli occhiali la analizzò. Mi avvicinai a lui, dicendogli in che direzione dovevamo andare secondo me.

«Invece, secondo me, dobbiamo andare dall'altra parte.» decretò lui incamminandosi. Lo seguii, rimanendo però convinto che stessimo sbagliando. Cercai di dirglielo ancora ma non mi diede retta. Camminammo uno davanti all'altro per circa quaranta minuti, quaranta minuti durante i quali lui continuò a lamentarsi. Aveva freddo, e anche mal di testa. Mi disse che non avrebbe mai più bevuto così tanto e mi fece promettere che la prossima volta glielo avrei impedito.

«E comunque...» disse «ti ringrazio per ieri sera. Per avermi messo a letto ed essere rimasto. O almeno, credo sia andata così.»

«Uhm...non ricordi proprio niente?»

«No...direi di..ehi guarda lì c'è il secondo indizio!» urlò vedendo una busta rossa appesa ad un ramo di un albero. La prese e la aprì, ritrovandosi a leggere le indicazioni per trovare il terzo indizio. Ancora una volta prendemmo la cartina e ancora una volta ci trovammo in disaccordo. Continuammo a battibeccare, maturando la convinzione che Charles avrebbe sempre fatto di testa sua. Mattia aveva proprio ragione! Inoltre, scoprii quanto fosse competitivo siccome continuò a ripetermi che dovevamo vincere.

«Sai Charles, credo sarebbe pazzesco se tu riuscissi a sdoppiarti, così una volta che iniziamo il campionato potrai sia guidare che farti da ingegnere da pista.»

«Cosa stai cercando di dirmi? Io ho bisogno di te.»

«Non si direbbe.»

«Mi piace avere il controllo, lo ammetto, ma mi fido di te!» mi disse ed io allungai la mano verso di lui, facendogli capire che doveva passarmi la bussola. Lo fece, ma titubante.

«Mi fido di te.» mi disse nuovamente.

E non lo feci pentire di quella sua decisione. No, non vincemmo la gara ma quando scivolò su un sasso io ebbi la prontezza di prendendo al volo. Anche Charles Leclerc aveva bisogno di qualcuno, ma questo non lo avrebbe mai ammesso, orgoglioso com'era.

Eppure, quella sera dopo cena si avvicinò a me e mi disse che anche se non avevamo vinto, la giornata gli era servita per capire quando fosse importante fidarsi l'uno dell'altro. Tralasciando però il fatto che io non avessi mai detto di fidarmi di lui.

«Ieri sera mi hai baciato...o qualcosa del genere.» gli dissi di punto in bianco.

«Cosa intendi con qualcosa del genere?» rispose lui, visibilmente agitato. Inghiottì rumorosamente, alzandosi dalla poltrona sulla quale si era seduto e mettendosi le mani in tasca. Mi alzai anche io, rimanendo a pochi centimetri di distanza: occhi degli occhi. Lui ricordava tutto, ma se voleva continuare a negarlo probabilmente aveva un buon motivo per farlo.

«Eri così ubriaco.» dissi ridendo e lo fece anche lui, nervosamente. «E...per quello che ho potuto vedere, non sei quel gran baciatore», scherzai ma dentro stavo morendo.

Stare dietro a Charles era come aspettare un temporale durante l'estate più calda della storia. Lui era come intrappolato e spaventato dalla realtà, perché ero sicuro che le parole che mi aveva detto quella sera fossero vere. Gli piacevo, forse non quanto lui piaceva a me, ma gli piacevo. O almeno...piacevo a quel Charles ubriaco e spensierato.

Del Charles che avevo di fronte in quel momento non mi fidavo affatto, perché stava giocando con i miei sentimenti. E anche con i suoi.

Scintille || Charles LeclercΌπου ζουν οι ιστορίες. Ανακάλυψε τώρα