8° - Rhaegan.

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Il futuro re di Atlantide, o almeno, un tempo lo stava per diventare. Non ricordava neanche più il volto dei genitori. Erano passati così tanti anni da quando era scappato dopo quell'inondazione. Se fosse stato per lui non l'avrebbe mai fatto, ma il volere del padre era chiaro,e come suo primogenito era costretto ad obbedirgli costantemente. Ma nonostante quel vincolo di sangue che lo obbligava ad ascoltarlo, non sempre le scelte di suo padre lo conducevano nella via più saggia.

Oramai  più di un secolo, gli era parso che fosse volato davanti ai suoi occhi. Si ritrovava a girovagare in villaggi, regni e a volte continenti. Portava ancora al collo il mistico cristallo del suo regno, ogni abitante ne portava uno e così anche la famiglia reale.

Non aveva una dimora fissa, a volte dormiva sotto un ponte, altre riusciva con un po' di fortuna a farsi ospitare in una di quelle locande in pessimo stato dove facevano entrare praticamente chiunque avesse pochi spiccioli da offrire. Se solo pensava alla sua vita precedente gli veniva quasi da ridere. Non avrebbe mai e poi mai immaginato un futuro come quello per lui.
Lui che si era sempre visto da adulto già su un trono a possedere un regno e guidare eserciti verso nuove conquiste.

Il trono sarebbe stato suo se solo suo padre avesse fatto una scelta migliore, o forse non c'erano altre alternative. Non era neppure al corrente se la sua famiglia era sopravvissuta come il suo regno. Aveva come cancellato tutti quei ricordi, come se fossero sempre stati lontani sogni che faceva da bambino.

Come i suoi racconti, le leggende che canzonava in giro di notte a chi aveva voglia di ascoltarlo. Di solito erano gradite ed altre volte veniva preso per pazzo. Si era praticamente abituato ad ogni situazione gli si presentasse davanti gli occhi. In molti posti era conosciuto come / racconta-storie /, ad alcuni bambini piaceva e a volte anche gli adulti lo trovavano piacevole. Sapeva come conquistare i loro cuori, la loro fiducia, a volte se gli andava bene veniva anche invitato a rimanere a cena o a dormire nel fienile per una sera o due, fin quando non avrebbe trovato le forse per proseguire.

Nel vecchio paesino dove era stato non si era trovato molto bene. Il lavoro era molto ed il guadagno troppo poco per riuscire ad affittare almeno una branda la notte. Aveva trovato lavoro in una stalla, non faceva altro che sgobbare senza ricevere alcun beneficio.

Così quella notte aveva deciso di andarsene da quel villaggio, ritornare in un vecchio posto che riusciva a metterlo di buon umore. Un luogo dove si sentiva a suo agio, dove veniva accolto come a casa sua. Era una piccola casetta sperduta, lontana da tutte le altre ma non difficile da ricordare dove si trovasse.

Il più delle volte camminava a piedi, non aveva abbastanza soldi per permettersi un cavallo; costava troppo e significava il doppio del cibo che poteva ricavare. Doveva ammettere che era esausto, ma non lo avrebbe mai dato a vedere. Avrebbe dovuto farcela, come sempre. Era cresciuto da solo, senza una guida, ne un punto di riferimento, poteva contare solo sulle proprie forze.

All'orizzonte,oltre la staccionata che delimitava i vari campi, scorse un grande sole arancione che stava per tramontare. La flebile luce si riduceva sempre più ed il buio si espandeva in ogni angolo. In lontananza riuscì a vedere una piccola luce di un focolare, segno che era molto vicino all'abitazione della famiglia.
- Ehi ragazzi, guardate chi è venuto a trovarci! -
-Rhaegan!-

Esclamarono un trio di ragazzini che andavano incontro all'uomo. - Ma guardate chi si rivede! -

I bambini gli saltarono al collo, gioiosi ,e per poco non lo facevano cadere sull'erba alta.
- Ehi, ehi piano...sono appena arrivato e già volete farmi fuori?! Chi vi farà spaventare al posto mio?-
Subito dopo un uomo non molto vecchio uscì dalla capanna raggiungendolo.
- Ma che piacere rivederti. -
Il fuoco era già acceso, evidentemente lo stavano aspettando. Non ci volle molto prima di sedersi e deliziarsi con uno stufato di agnello proveniente dagli animali del signor Mundungus.

- Ragazzi voi credete nei...draghi?-
Chiese improvvisamente Rhaegan, irrompendo quel silenzio che si era venuto a creare.
- Tutti lo sanno che non esistono! -
Rispose un ragazzino che lo fissava con occhi sbarrati, indeciso se credergli o meno.
- Siete convinti di questo perché non ne avete mai visto uno! Io so una storia davvero interessante su di loro!

La loro storia inizia in una notte piena di stelle, allora i draghi erano nemici mortali degli uomini. Sterminavano villaggi, incendiavano persone e distruggevano fin quando potevano.

Fino a quando non raggiunsero un antico regno sconosciuto a molti, si chiamava Atlantide. Il più grande di questi draghi aveva già ucciso metà popolazione quando la loro Regina si fece avanti per affrontarlo, da sola. Era l'unica soluzione, voleva sacrificarsi così che il drago avrebbe lasciato in pace la città.
Ma non appena la giovane regina si trovò davanti ad esso, i suoi occhi blu incrociarono quelli rossi del drago. Non si spiegò come, ma la bestia non osò sfiorarla, la guardò per un istante prima di emettere uno ruggito fortissimo e abbandonare il regno.
  Alcuni degli abitanti andavano in giro dicendo che la regina aveva degli strani poteri, altri invece credevano che ella avesse uno strano legame con quelle creature, come se riuscisse a controllarle...-

I tre bambini pendevano tutti dalle sue labbra, come se ne fossero ipnotizzati.

- Suvvia ragazzo, non raccontare storie simili ai miei bambini, li farai solo spaventare! -
Intervenne la donna, che raggiunse il marito e riprese con se le scodelle dello stufato.
- Non dire sciocchezze, a loro piace. E poi li mette in guardia, li prepara!-
Disse convinto l'uomo, scacciando l'occhio al giovane ancora seduto.
Un sorriso comparve sul volto di Rhaegan. Si immedesimava talmente tanto in quei racconti da diventarne parte a volte. Nessuno era in grado di non ascoltare la sua voce, era uno delle poche cose di cui andava fiero.

Magari non era il massimo quel tipo di vita che conduceva, ad andare in giro a raccontare bazzecole e usufruire del cibo altrui. Ma lui aveva un altro modo di vedere le cose, e stranamente lo rendeva felice.
- Raccontaci un'altra storia Rhaegan, ti prego!-
Supplicarono in coro i tre ragazzini. Saltarono sulle sue ginocchia e lo abbracciarono, sperando di convincerlo. Il più piccolo si soffermò ad osservare la strana collana che portava al collo. Emanava una strana luce che non aveva mai visto prima.
- E' magica?-
Chiese tenendola fra le dita e fissando quel luccichio.
- Forse lo è, chi lo sa. Questa apparteneva alla mia famiglia da secoli, la tengo sempre con me. E' un ricordo molto importante.-
Sorrise prendendo fra le sue braccia il ragazzino vivace, gli altri bambini si misero a cerchio intorno a lui.
- Allora, avete detto che volete sentire un'altra storia. Però è l'ultima, dopo correte subito a letto. Intesi?-
I bambini annuirono felici. Rhaegan si rese conto che amava rendere felici gli altri, non si sforzava di farlo e gli riusciva pure bene.
- Era un autunno lontano, si narrava che un'antica pozza di acqua fosse in grado di far vedere il proprio futuro specchiandosi dentro.
Forgiato dalla magia di streghe secoli or sono, esso mostrava qualunque cosa il cuore considerasse preziosa.
" Dirigiti a Nord oltre le terre di Nubi, varcando le grandi acque, si cela in una oscura foresta.
Stai attento perché se vuoi andare laggiù
ma se dentro di te non c'è alcuna virtù
quello che otterrai non è quel che vuoi tu... "
Questo era la storia che narravano i gobblin per spaventare chiunque volesse intraprendere quel viaggio. Ma un giorno, un ragazzo molto coraggioso, decise di affrontare il suo destino e... -
- Adesso basta bambini miei. E' ora di dormire.-
Comunicò la madre dei ragazzi. Rhaegan non osò ribadire, fece scendere il giovane uomo dalle sue gambe e con una pacca sulla spalla lo incoraggiò a seguire la madre.
- Ma noi vogliamo ancora sentire la storia! Non abbiamo sonno!-

Affermò il più giovane, sbadigliando. La madre sorrise loro e li accompagnò nella camera da letto.
- Buonanotte signora.-
Rhaegan abbassò il capo, lasciando la stanza.
- Buon riposo, ragazzo.-
Sentì la porta chiudersi alle sue spalle. C'era un buio pesto, non riusciva a vedere nulla in quella stalla. Percepiva solo l'odore di fieno. Lentamente si avvicinò al pagliericcio, coricandosi sopra.

~
Era un incubo che si faceva largo nella mia testa. Ogni notte vedevo sempre le stesse immagini sfocate, tutto ritornava a quella sera, quell'inferno.
Mio padre che mi urlava contro di fuggire, abbandonare quel posto che sarebbe crollato da lì a poco tempo. La terra sotto i nostri piedi tremava, le case, il castello, tutto un cumulo di cenere. Me ne andai, ascoltai le parole di mio padre, avrei fatto qualunque cosa mi si fosse suggerita da lui.
Vedo me stesso che corro, inciampo, mi rialzo. Non guardo dietro di me o non me ne sarei più andato.
Ansimo agitato, stanco, distrutto.
E poi finalmente, mi sveglio.

Queen of fire.Where stories live. Discover now