An Interpol agent

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"Spero di venire a mancare prima del mio unico vero allievo. Abel è come il figlio che non ho mai potuto avere: per questo ho deciso di lasciare a lui tutto ciò che ho e che ha un valore, ovvero del contenuto della scatola che contiene questa lettera..."

Mentre gli occhi del giovane rincorrono per l'ennesima volta le parole vergate su quella lettera, il suo cuore sembra gonfiarsi di dolore. Una volta conclusa la rilettura del pezzetto di lettera che contiene l'unica espressione d'affetto mai pronunciata da Ben Sumner nei suoi confronti, piega il foglio come lo ha ricevuto e lo ripone nella busta ad esso riservata. Dopodiché, tenendo lo sguardo incollato a terra, si appresta a tornare a casa. A distanza di tre giorni esatti da quando ha apposto le sue firme su quei moduli, a casa di Verplaeits - dove abita anche lui - è stato recapitato un pacco col suo nome appiccicato sopra; e gli è toccato interrompere nuovamente la concentrazione sul lavoro, per recarsi ad aprirla.
Dubita fortemente, comunque, che tutto quel che è stato elencato sia ancora là dentro.

"Un sacchetto contenente un chilogrammo d'oro, la fascia da fronte con la quale mi sono allenato la prima volta, l'anello di fidanzamento che Hanna mi ha restituito il giorno in cui ci siamo detti addio..." Altre cose praticamente prive di valore commerciale, e poi "la semiautomatica che tengo di ricambio" con allegato numero di serie. Infine vi è una precisazione molto interessante: "Se dovesse rimanere completamente vuota, che almeno gli venga recapitata la scatola."
Questo significa che essa stessa deve avere un valore preciso; e in un certo modo, Abel non vede l'ora di poter scoprire quale sia.

**

«Lo tenga lei. È il minimo. Come... Affitto.»
«Ma è un chilo d'oro!»
«Almeno lei saprà come usarlo, Verplaeits.» Per rassicurare il vecchio, Abel gli sorride; lui, però, nemmeno se ne accorge. «Ho l'età per costruire il mio patrimonio. E voglio farlo da solo. Lei invece dovrebbe godersi la vita, è questo che si fa durante la pensione!»
«Sei un ragazzo troppo gentile, Abel.»
«Le conseguenze di tale difetto ricadranno soltanto sulla mia persona. Non se ne crucci. Se non le dispiace, comunque, vorrei ora ritirarmi.»
Lancia un'occhiata al padrone di casa, che se ne sta appoggiato allo stipite della porta della sua camera con aria insofferente. E appena se ne va, lasciandolo solo con la scatola, la svuota e la ispeziona. È di legno pesante, forse addirittura di noce, e fatta eccezione per alcuni graffi all'esterno, sembra proprio nuova. Profuma di spezie perché probabilmente ne ha contenuta qualcuna e sembra adatta, letteralmente, a qualsiasi utilizzo. Comunque non dimostra un valore tale da spiegare la menzione nella lettera. 
Sempre più incuriosito, Abel la rovescia sentendo in tal modo un piccolo tonfo. Guarda e riguarda in ogni angolo, ma nulla sembra essere caduto; lancia allora un'occhiata divertita alla cassetta, capendo che il fondo dev'essere doppio - e tale si rivela, dopo qualche tentativo fallito di aprirlo. 
Là sotto è nascosto ciò che davvero interessava a Ben che gli arrivasse. Un plico di fogli scritti a macchina, e fittamente, con due fotografie allegate: la prima di una ragazza, a giudicare dall'aspetto asiatica, sul retro della quale è stato scritto a mano"Agente Chun-li"; e la seconda, che gli procura un forte dolore al capo, di un uomo che conosce. Charlie Nash.

Inutile dire che fino a tarda sera Abel non riesce a staccare gli occhi da quei documenti, ricerche svolte nel corso di chissà quanto sulla Shadaloo e su chiunque ha a che fare con essa. A Charlie, colui che lo aveva indirizzato presso Sumner, sono dedicate pochissime pagine a causa dell'amicizia che li legava e che rende superflue negli appunti del mercenario certe precisazioni. Chun-li, invece, è una persona con la quale Ben progettava di entrare in contatto: è l'ufficiale dell'Interpol che, probabilmente, sa sull'organizzazione criminale molto più di chiunque altro al mondo. Bhe, Bison escluso, chiaramente. 
«È questo, quindi, che Ben vuole che io faccia.»
Alzando gli occhi da tutti quei fogli che praticamente ha imparato a memoria, Abel si avvicina alla finestra e scruta il cielo puntellato di stelle poco luminose.

Per trovare sé stesso dovrà andare contro il mondo intero. Contro il consiglio di colui che l'ha salvato e che ora deve ricercare, contro il buonsenso: tramite Chun-li dovrà trovare e inseguire la Shadaloo, perché soltanto nei loro archivi può essere rimasta traccia del suo passato. Dovrà distruggere quei criminali, come essi hanno fatto con ciò che lui era. È tutto quanto può, e tutto quel che vuole fare, per spianarsi la strada ad un futuro che non pare dotato di abbastanza coraggio per accoglierlo.
L'ultima speranza, per assurdo, pare risiedere nel regno della disperazione: sotto Bison. E per una speranza vale vivere, tanto quanto vale morire.

Dopo essersi voltato, il giovane apre la porta; e il piccoletto che ha salvato dalla strada ne fa subito capolino. Ridacchiando, Abel lo prende in braccio e lo riempie di coccole: non potrà seguirlo, nel lungo viaggio che quei documenti suggeriscono d'intraprendere. E non gli ha ancora trovato un nome...
In effetti non è sicuro di dovergliene dare uno, perché anche lui ne è rimasto privo finché non ha ritrovato il suo, ed ha vissuto bene lo stesso.
Sì, quanto i due hanno in comune non è davvero poco.
«Se mai ritroverò chi sono stato, allora potrò darti un nome nuovo. Sì. E nel frattempo ti voglio comperare un bel collare!»
Il piccolino alza due occhioni verso di lui, e per questo Abel non può evitare di sorridere. Sembra davvero che quel cucciolo possa capirlo...

«Mi mancherai.»

E da queste due parole in avanti, è storia: alle ultime ricerche è seguito il colloquio con Chun-li, e a questo il lungo viaggio che ha fatto di lui uno Street Fighter. 



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«I'll be back as soon as I figure out what Shadaloo is all about. Take care of the little one while I'm away. I'll return once my journey is complete.»

was it all a Dream?Where stories live. Discover now