To fight

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Si avvicina al cuore del caos, ovvero dove i colleghi stanno affrontando degli inquietanti tipi in divisa blu.
Alza, senza volerlo, lo sguardo al ventilatore che ora è sulla sua testa: il colore viola della carrozzeria gli attraversa occhi e nervi in pochi attimi, arrivando diritto al cuore e facendogli perdere un battito per la paura.
Scorgendo il logo sul fianco, poi... Letteralmente, si blocca.
«Ah-ah-ahh!»
La risata roca di Balrog, esplosa d'improvviso in un punto indefinito, lo fa sprofondare in uno stato d'agitazione ancor peggiore. La sua figura emerge dalla nebbia, battendo i guantoni e ghignando in direzione del giovane che ha gli occhi sbarrati e la fronte sudata.
«Con tutte le persone valide morte nei nostri laboratori, sei dovuto sopravvivere proprio tu! E allora auguri, auguri di buon compleanno!»
«Non ascoltarlo!»
La voce di Jacques lo raggiunge da sinistra, e lo sguardo di Abel vola alla sua ricerca istantaneamente. Eccolo a terra, una mano stretta attorno alla vecchia ferita sul braccio che una lama non ha esitato a riaprire. 
«Tanto non ci metterò molto. Né tu avrai altro tempo per parlare a sproposito, sciocco!»
«Sei uno di quei volti che ho davvero sperato di non rivedere più»  mormora Abel, un po' riscosso dalla sfida lanciata del membro della Shadaloo.

«Abel, scappa, è te che vogliono!»
Questa volta è stato Ben a parlare, ma tramite la sua voce, anche il ricordo di Charlie pare avere espresso la sua opinione. Per una frazione di secondo, il francese può vedere il ciuffo biondo e il riflesso degli occhiali quadrati... Stagliarsi sul fondo scuro della foresta russa.

"Essa è il male!"

Il suo "evitala", che era stato urlato con ogni forza, può forse essere considerato uno "stanne lontano"?!
Abel abbassa lo sguardo sulle sue mani, nascoste dai guanti soltanto per metà. No, ma certo che no.
Non si scappa dal male, dalle paure. Si deve combattere. Per cancellarle dalla faccia della terra.

Appena realizza tutto questo, un pugno sullo stomaco lo riporta al presente. Decisamente, non può tirarsi indietro o scappare: non è affatto persuaso di avere qualche potere contro i muscoli di Balrog, ma è meglio la morte che la fuga. E così, con l'espressione più grave del mondo stampata in viso, restituisce il pugno al pugile, accompagnandolo con calci caricati di tutta quanta la potenza che ha in corpo.
Ti risparmio la descrizione dell'ennesima lotta che sono in grado di rendere noiosa. I guantoni di Balrog sono talmente rapidi che le mie frasi non stanno loro dietro; e così per Abel, che sta ricevendo colpi in continuazione senza riuscire a contraccambiare. Solo ad un certo punto fa arrivare un piede diritto sulla fronte dell'avversario, e questo sembra dargli la carica necessaria per un... Beh, qualsiasi cosa sia, i suoi occhi per un attimo assumono le sembianze di uno specchio, essendo sul punto di trasformare la sclera in color atro.

Qualcosa però, per la prima volta in assoluto, riesce a bloccarlo.

«NO!»

Con un urlo che la scrittura non può rendere, Ben si alza in piedi: ha capito che l'obiettivo dell'imboscata è proprio verificare la forza del collega, ed è convinto che ogni cosa possa accadere, tranne che egli venga nuovamente preso da chi una volta lo aveva già quasi distrutto.
Per l'esposizione a cui si sottopone, ecco cosa accade. Un proiettile volante gli si pianta al centro del petto, e... Il tempo si ferma. Abel si blocca. I restanti cinque colleghi rimangono senza fiato, e nel momento in cui il corpo di Sumner tocca terra un destro di Balrog colpisce Abel mettendolo KO.

Mentre, convinti del poco valore del giovane dopo la penosa performance, i membri ancora vivi e coscienti della Shadaloo se ne vanno chissà dove, il biondo si trascina fino al corpo agonizzante del suo capo.
«Ben... Ben!»
«Figliolo-» Insieme ad un colpo di tosse, per quanto flebile, Sumner espelle un bel po' di sangue. «Verplaeits. A Marsiglia. Un mio vecchio amico... Ti terrà con sé.»
Sulla guancia del vecchio cade una grossa lacrima - scesa dagli stessi occhi che poco prima stavano diventando l'unico segno visibile di un caos tutto interiore.
Abel avrebbe migliaia di cose da dirgli. Da cose scontate e semplici, a concetti metafisici. 
Ma come accade sempre in questi casi, si trova con le labbra incollate e un nodo proprio all'altezza delle corde vocali.

Ben Sumner si è spento tra le sue braccia; e con lui, è finita la favola che Abel si era raccontato per cinque anni. Quella suggerita dalla fiducia, malriposta in un futuro che probabilmente non lo prevedeva. Quella interamente costruita su delle speranze, che a quanto pare non possono fare da base a ciò aveva cercato di costruirci sopra.
Non esiste futuro senza passato. E lui aveva sbagliato, illudendosi di poter costruire un avvenire-- di poter vivere-- senza conoscersi. 

Jacques ha perso il braccio, e ha rischiato veramente tanto per via delle infezioni contratte prima di decidersi a curarsi. Ah, ed è chiaro: ha dovuto lasciare la carriera.
Senza Ben, comunque, il gruppo stesso si è sgretolato. Ognuno è tornato al suo Paese, e il Signore sa che cosa stiano facendo al giorno d'oggi. Magari sono diventati allenatori, insegnanti. Magari soldati.
I due francesi hanno preso la stessa nave verso la Francia - incredibilmente, Abel ha un'idea più chiara di Jacques di dove dirigersi. Gli propone di andare insieme dal signor Verplaeits, e ciò che si sente rispondere è quanto di più secco abbia mai udito.
«No. Penso anzi che dovremmo smettere di frequentarci.»
Senza parole, il giovane lo guarda. L'incidente l'ha molto cambiato, ma il suo viso grazioso è sempre lo stesso, e dentro quei suoi occhi pare ancora giacere ogni cosa bella dell'universo.
«Perché... Dici questo?»
Jacques ammutolisce. Si alza, diretto alla vetrata per osservare l'immenso mare sul quale l'imbarcazione scivola lentamente. Il biondo lo raggiunge poco dopo, scuotendo la testa.
«N-non posso continuare... Senza di te.»
«Non è vero. E lo sai. Nulla al mondo è destinato ad essere per sempre. No? Nemmeno noi. Non puoi fermarti qui, né io. Nulla sarà come prima. E noi dobbiamo adeguarci al cambiamento.»*
Alle sue spalle, Abel lo fissa con le sopracciglia corrugate. Il suo cuore era già spezzato; ma soltanto in questo momento s'è definitivamente rotto. Ogni cosa è persa, ogni singola cosa costruita in cinque anni s'è disgregata e non può più tornare allo stato precedente. Come fosse stata tutta una finzione, un pensiero.
Le parole di Jacques sono più che sensate, ancora una volta. È un addio, definitivo, al passato più recente; quello che Abel conosce, e che tuttavia è perso ed irrecuperabile.

Si volta, senza dir nulla se ne va. La nave è così grande che non ha dubbi: perderà di vista il suo amico. Ex collega. Ed anche ex compagno.
Ora, come sperava di non dover mai realizzare, è completamente solo: volente o nolente, quanto deve fare è ricominciare da zero, come se quanto ha vissuto fin'ora fosse tutto un sogno, e da questo momento - il doloroso attimo in cui le coperte cadono a terra, il freddo si infiltra ovunque, e i piedi poggiano a terra - dovesse iniziare una nuova giornata. Cercando, chiaramente, di non dimenticare quanto ha potuto imparare durante il "sonno".

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*Per la serie "caccia la citazione":  questo sarebbe il mio hc per spiegare la frase che Abel rivolge, in SFIV, a Cammy alla fine dell'incontro Arcade. "Continue to live no matter how much you have lost. Living is its own victory." - "Continua a vivere senza tener conto di cos'hai perso. Vivere è una vittoria in sé stesso."

was it all a Dream?Where stories live. Discover now