Lack of fortune

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«Abel! Sei in ritardo! Perché non sei venuto questo pomeriggio?»

Il biondino aveva avuto mille motivi per i quali non andare a quel torneo, includendo il fatto che non riusciva ad apprezzare le competizioni. Avrebbe potuto anche dire la completa verità, e cioè che i suoi avevano avuto bisogno di lui per tutto il giorno, ed era per questo tra l'altro che si trovava ad essere in ritardo alla festa. Ma ha deciso di essere semplicemente sincero, per fare sì che Adrien, suo conoscente più che amico, non potesse ribattere.
«Non credo di padroneggiare ancora l'arte del judo. Non sono pronto a battermi, per ora; potrebbe essere questione di giorni, o di anni.»
Inaspettatamente, il festeggiato è scoppiato a ridere.
«Sfigato! Non ti dovrei nemmeno parlare, sei un perdente!»
«Adrien, sai che non è uno scherzo! Ogni disciplina richiede impegno e fede!»
Nuovamente, non ha ricevuto alcuna risposta soddisfacente. Anzi, il suo "amico" ha semplicemente gettato il bicchiere vuoto sul tavolo e s'è girato dall'altra parte, come per rifiutare le sue parole. Cosa che Abel non ha mai sopportato, e che l'ha portato a perdere il controllo, come capitava peraltro abbastanza spesso.
Senza volerlo ha afferrato la spalla di Adrien e una volta rivisto il suo volto, contratto in una smorfia di sberleffo, non ha potuto che afferrargli il colletto e sollevarlo di almeno dieci centimetri da terra.
A questo punto gli è arrivata in pieno viso una ventata del suo alito abominevole; era ubriaco, e ciò ha avuto il potere di farlo tornare in sé. Distruggere qualcuno che non è in grado di difendersi non rientrava sicuramente nel suo stile.

L'ha quindi lasciato subito andare, e ribollendo di rabbia, si è affrettato ad uscire all'aria aperta. Era tutto quanto poteva fare.

Lo sapevano tutti benissimo che era l'unico ad abitare fuori dal paese; certamente casa sua non distava un granché dal luogo in cui, in effetti, era giunto a piedi in tre quarti d'ora scarsi; ma non riusciva ad ignorare quel "sei in ritardo" detto da chi, tra l'altro, era stato avvisato. Non era colpa sua, se aveva dovuto raggiungere la festa letteralmente dieci minuti dopo il suo inizio. Quando i suoi avevano bisogno di aiuto, solo lui poteva darlo - e non intendeva mancare al suo dovere.
Era figlio unico, un figlio adorato peraltro perché giunto quando ogni speranza era ormai persa: suo padre, originario della Russia, era un soldato e all'età di quarantasette anni s'era finalmente congedato in occasione dell'insperata gravidanza. Sua madre invece era francese di nascita, e doveva ringraziare lei per l'immensa fortuna di poter frequentare solo quel gruppetto di... Idioti.

Certamente, se quella festa doveva rappresentare il piacere dopo tutto il dovere che aveva assolto a casa... Non era molto consolante, ecco.

Anzi, è stata una delusione completa!

Assolutamente sconfortato, Abel ha sentito il bisogno di fermarsi un attimo, appoggiando la schiena al muro ruvido al lato della strada che conduceva a casa. Accadeva sempre più spesso che non riuscisse a controllare le sue emozioni, ed era soprattutto per questo che aveva scelto di non prendere parte al torneo. Non intendeva fare del male per davvero agli avversari; praticava quella disciplina innanzitutto come sfogo, e poi come autodifesa. Era stato il signor Verplaeits, insegnante di pallavolo e suo vicino di casa, a indicargli la strada delle arti marziali: le sue forze erano eccessive per praticare solo la pallavolo e sentirsi sollevato. E poi l'insegnante di judo, monsieur Deprelles, era un conoscente e gli avrebbe quindi riservato un occhio di riguardo. Non aveva voluto imparare il judo come arma, ma senza volerlo lo stava proprio diventando perché abbinato alla sua forza quasi spaventosa, nascosta in un fisico propriamente definibile da asparago.

Ricordando come il maestro Deprelles, che ormai aveva i capelli grigi, aveva reagito al sentire la sua confessione al proposito - "Spero che ti passi, altrimenti non potrai mai combattere davvero. Non è lo spirito del judo. Potrei anche finire con il doverti espellere" - non è riuscito a controllarsi; è scoppiato in lacrime. E, reprimendole subito, ha cercato di sfogarsi correndo.

**

«Pardonnez-moi!»

Senza rendersi conto di cosa gli stesse accadendo, Balrog s'è trovato con il sedere sull'asfalto ad ascoltare quelle due parole urlate da un passante che, dopo una spettacolare capriola, aveva già ricominciato a correre. Senza nemmeno riflettere, il pugile si è alzato in piedi e l'ha rincorso, desideroso di fargliela pagare. Non contava assolutamente nulla che l'urto fosse stato accidentale: rimaneva un torto, e come tale andava pagato.
Il fuggitivo si è voltato a guardarlo non appena si è reso conto di essere inseguito.
«Laissez-moi seul!»
Quella voce bassa, proveniente dal più profondo del corpo troppo sottile per meritarsi corde vocali del genere... Quegli occhi così chiari da sembrare privi di iridi, quei capelli innaturalmente biondi alla luce del lampione stradale...

Riconoscendolo, finalmente, Balrog ha realizzato il vero colpo di fondoschiena che gli era capitato; e ha accelerato la sua andatura, trovandosi a pochi centimetri di distanza dal ragazzo in un battere d'occhio. Costui, però, ha svoltato improvvisamente recuperando qualche momento.
«Viens ici! Je ne veux pas te faire du mal» Capendo che non l'avrebbe più ripreso, Balrog ha cercato di cambiare tattica.
«Jamais!»
Alla risposta sbrigativa del pischello, è rimasto con un palmo di naso ed ha rallentato. Tanto, ormai, era pressoché perso. L'unica cosa che è riuscito a fare è stato sfidarlo, un'ultima volta: «Nous allons nous rencontrer!»
Abel si è fermato, finalmente, davanti a un portone.

«À bientôt alors» ha scandito, con uno sguardo di ghiaccio. E prima ancora che Balrog potesse raggiungerlo, è scivolato all'interno del palazzo.
«Senza dubbi... A presto!» ha ghignato il pugile, ancora incredulo del suo successo. Ecco dove abitava. Ecco dove si sarebbe trovato, quindi, la mattina seguente!

Questa volta, la spia intendeva agire in modo più discreto. Sarebbe bastato fargli un'innocente foto mentre camminava, certo di fronte ma nulla di più specifico, e le iridi avrebbero decretato il suo futuro. Sarebbe bastato attenderlo dietro un palo... Fare scattare l'obiettivo e guardare i risultati!

Gongolando, Balrog è tornato alla sua camera e, prima di andare a letto, ha incominciato a fare i bagagli. Questa volta, infatti, era sicuro di avere beccato la sua bambola; poteva quasi gustare il probabile aumento che avrebbe ricevuto per il poco tempo impiegato, e si sentiva un grande.

was it all a Dream?Where stories live. Discover now