The hunting

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Non c'era scuola, quel giorno. Il prossimo esame era ancora lontano, e per una volta, Abel aveva deciso di fare qualcosa soltanto per sé stesso. Ancora nel letto ha alzato lo sguardo alla finestra che stava proprio sulla sua testa: le rondini danzavano nel vento, e lo sfondo di nuvole multicolore era così incantevole da sembrare dipinto. Uno dei suoi passatempi preferiti era, strano a dirsi, cucire con la mamma; il punto e croce lo rilassava e metro dopo metro, si stava dedicando a temi sempre più astratti. Se potessi mostrarti cosa questo paesaggio gli ha ispirato, sicuramente mi ringrazieresti; purtroppo però mi è precluso, quindi dovrai accontentarti della tua fervida immaginazione. Tornando ad Abel, quella mattina si è alzato presto, si è vestito con le prime cose che ha trovato e dopo i soliti cinque minuti di carezze al suo cagnolino, Petit, si è catapultato fuori di casa senza fare rumore.

Monsieur Deprelles aveva detto, tra le altre cose, che le sue crisi potevano essere date dal fatto che qualcosa lo disturbava, ad esempio un conto che aveva in sospeso, anche semplicemente con sé stesso. E ragionando, Abel si era convinto di averne capita la causa: forse non si riconosceva del tutto in ciò che era, nel suo corpo che d'improvviso era diventato quello di un uomo - ma soprattutto nel suo nome e in quegli aspetti che lo rendevano la sconosciuta persona che doveva essere per tutti. Nessuno sembrava mai aspettarsi le sue scelte, le sue parole, come se... Era come se fosse completamente diverso da quel che si era mostrato a chiunque - genitori, amici, insegnanti, letteralmente chiunque avesse a che fare con lui. E non riusciva a venire a capo della questione: chi sono?!

Per cercare di riappacificarsi con sé stesso e smetterla di combinare disastri, aveva riflettuto davvero a lungo, con grande partecipazione. E in più notti era riuscito ad escogitare un piano a suo parere efficacissimo, nonché di facile esecuzione: un tatuaggio.

Per la precisione, quello che stava andando a fare sulla pelle che grazie alla bella stagione e alla possibilità di girare spesso senza t-shirt, era perfettamente liscia ed ambrata e rendeva giustizia agli addominali che il tatuaggio avrebbe ulteriormente ornato.

Alle prime luci del giorno, quindi, il giovane ha iniziato a passeggiare in attesa dell'orario del suo appuntamento; era molto sereno, nonostante tutto ciò che era accaduto la sera precedente, perché sicuro che avrebbe posto fine a tali inconvenienti con questo doloroso gesto simbolico. I suoi occhi erano incollati a quelle nubi rosate, che mescolate dal vento, sembravano danzare per aumentare la sua letizia. Sì, stava per diventare una persona migliore, consapevole di sé e dotata di self-control, sempre più vicina alla capacità di partecipare ad un torneo di judo, la disciplina alla quale si sentiva così affezionato, ormai, da apparirgli come un obiettivo.

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Ma che diamine sta guardando?!

Cammuffato da mendicante, il cacciatore di bambole stava aspettando che il naso del ragazzo tornasse ad essere perpendicolare e non parallelo al suolo. Non capiva assolutamente che motivo dovesse esserci per non guardare davanti a sé, mentre camminava; okay, non c'era ancora nessuno in giro e quindi non aveva ostacoli imprevedibili da evitare. Ma sembrava quasi rimbambito a guardare in su in quel modo.
Seguendolo a distanza, l'ha visto abbassare la testa giusto due volte in tutta la lunghezza della via dal nome impronunciabile che stava attraversando. Poi, d'improvviso, è scomparso dietro una porta a vetri resa impenetrabile agli sguardi estranei da una serie di veneziane verdastre.

Imprecando, Balrog ha iniziato ad attraversare la strada a capo chino: sicuramente non gli conveniva stare là impalato, era meglio cercare di non attirare l'attenzione di nessuno. Dato il suo stato d'animo, però, non si è accorto di un'auto in veloce avvicinamento se non all'ultimo; e d'istinto si è gettato sul marciapiede, facendo immediatamente decadere la sua apparenza da vecchio clochard. E soprattutto, mandando in frantumi lo scanner.

Era fatto così, Balrog; un momento prima aveva in mano il mondo; e il momento dopo lo perdeva irrimediabilmente, per una serie di terribili concause contro le quali non gli sembrava possibile fare nulla. Tante volte, è vero, il motivo alla base delle sue sventure era lui stesso - ma è ovvio che non potesse ammetterlo nemmeno tra sé e sé. Se già da giovane non si fosse dedicato solamente ai piaceri, al denaro, al "non fare fatica", forse sarebbe stato qualcuno di rispettabile all'età di trent'anni suonati: ma chi si trova in questa situazione non lo ammetterà mai. E lui non è assolutamente un'eccezione.
L'unica cosa che gli interessa e che ha sempre ritenuta degna di impegno è il pugilato; è quello l'argomento su cui non ammette discussioni, quella la disciplina che sente sua, come se tutti i pugili del mondo siano diventati tali solo per imitarlo. Quello il mezzo che userà senza ammissione di alternative per raggiungere letteralmente ogni obiettivo.

Dopo aver gettato nella spazzatura il dispositivo frantumato dall'impatto con il suolo è tornato in albergo a denti stretti. Gli toccava leggere le istruzioni della macchina dei test per DNA e, soprattutto, ripetere le tecniche di Bison per ricavarlo senza fatica - dato che non avrebbe potuto fare come i poliziotti, che si limitano a chiederlo al diretto interessato, gli toccava necessariamente sottrarlo alla vittima e proprio non conveniva farsi vedere a farlo...
Forse.

Alcuni consigli erano davvero incredibili; ad esempio, nel manuale era illustrato un procedimento che consisteva nel fare allargare una pozza di liquido "speciale" sotto i piedi nudi dell'obiettivo. Essa avrebbe reagito al contatto, rimanendo segnata e non perdendo l'impronta nemmeno al contatto con altri corpi; bastava a quel punto prelevarne circa cinque millilitri, e metterli nell'analizzatore per sapere se sia il DNA di una bambola o meno.
Sì... Balrog avrebbe tentato questa discreta via per agire: gli sembrava di così facile realizzazione che stentava a credere di potere fallire.

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«Che bel lavoro!»

Abel ha rimirato il capolavoro che quel tatuatore era stato in grado di realizzare in poco più di un'ora appena sotto il suo ombelico. Si trattava delle quattro lettere del suo nome scritte in modo da essere leggibili capovolte - e quindi, soltanto da lui.

«Grazie mille!»

Quasi saltellando per la gioia se n'è uscito, diretto a casa per passarci il resto della mattinata. Soltanto nel pomeriggio aveva un altro piacevole impegno, l'allenamento da Monsieur Deprelles; avrebbe fatto come sempre, portando dapprima a spasso il vecchio Petit, e poi andando oltre Rue de la Grande Armée verso la palestra. Chissà come sarebbe stato allenarsi con questa serenità tutta nuova nell'animo!

was it all a Dream?Where stories live. Discover now