Countless scars

38 0 0
                                    

Il sole sorge con più fretta del solito, questa mattina. Forse anche lui non vede l'ora di sbirciare attraverso le tende, leggermente scostate, curioso di scoprire come Abel e Jacques si siano addormentati a chissà che ora, durante il regno della pallida collega.

I suoi raggi a causa dell'angolazione abbastanza peculiare della stanza illuminano dapprima le spalle vigorose, il collo e la testa del biondo immobili sul guanciale, e poi quella del connazionale che, accoccolato sul suo petto spoglio, si muove al ritmo lento del suo respiro. I suoi occhi blu sono socchiusi; ha già finito di riposare, ma non ha intenzione di allontanarsi da dove si trova. Per ora, forse soprattutto a causa dell'intontimento dovuto al sonno, non potrebbe desiderare di meglio che poter studiare le innumerevoli cicatrici presenti su ogni centimetro di pelle del pallido amante.
Ce ne sono di profonde, come quella sul davanti della spalla sinistra, o quella in basso a destra sul ventre.
E ve n'è una, poi, tutta strana; si trova sotto l'ombelico, e non sembra profonda come le altre. Pare molto estesa, e leggermente gonfia; inoltre non ha l'aspetto di un taglio o una scottatura, o qualsiasi cosa abbia provocato tutte le altre cicatrici. Assomiglia in qualche modo ad un tatuaggio che sia rimasto senza colore...
Estremamente incuriosito, il mercenario si stacca dalla più-che-comoda posizione per ispezionare da vicino il segno misterioso; e a causa della sensazione di fresco che l'addormentato improvvisamente si trova a provare, con un grosso sbadiglio torna allo stato cosciente.
«Hey, hey, sei sveglio?»
Battendo lentamente le palpebre, e chiedendosi come l'amico possa essere già così vispo, si limita ad annuire. E trovandosi le sue iridi blu notte proprio in faccia, sobbalza.
«Stai bene Jacques?»
«Oh, sì che sto bene. Abel.»
Dopo venti secondi, suppergiù, di silenzio tombale, la mano del biondo va a poggiarsi sulla sua fronte, pigiando sulle tempie.
Mantenendo così la destra si alza dal letto, in uno stato che accosto a quello che si prova nei sogni - agire senza volontà, vedersi fare qualcosa senza avere idea della motivazione che sta alla base della decisione di farlo.
Il dolore che ad uno stimolo simile si è scatenato, in una parte del suo animo a stretto contatto con la testa, dev'essere così acuto da sorpassare la soglia di avvertibilità.
Male... E gioia. Nello stesso tempo. Due sensazioni dalle immense dimensioni, così contrastanti eppure-- complementari.

Il suo nome è stato ritrovato, non è sicuro di voler sapere come. E che il merito appartenga a Jacques lo allieta. Eppure, l'avvenimento lo fa sentire talmente... Stranito, da non avere letteralmente idea di cosa fare o dire.
La sua coscienza si ritrova, di nuovo, ad appoggiare sul moncherino di ciò che era stata memoria; tale indescrivibile sofferenza è, tuttavia, quanto gli è rimasto da poter cercare.
«Abel... Sì... È questo il mio nome.»
Con gli occhi che improvvisamente gli si fanno lucidi, rivolge ogni attenzione all'amico. E lui, non potendo ignorare quanto ne abbia bisogno, si affretta ad alzarsi e stringerlo.
«È il caso di farlo sapere agli altri, non credi?»
Dopo qualche momento di silenzio, Abel s'asciuga gli occhi con il dorso della mano, ed annuisce. Jacques fa scivolare le dita della mano tra le ciocche bionde del suo ciuffo, sorridendo dolcemente: è tanto fiero di aver fatto una scoperta del genere, quanto lo è per la forza che il collega possiede. Già è consapevole che nessun altro vedrà i suoi occhi azzurri umidi per le lacrime, che soltanto lui ha il privilegio di poter sentire i loro petti premere l'uno contro l'altro, i loro cuori battere allo stesso ritmo, i loro respiri sintonizzarsi... E ciò non può che riempirlo di letizia.

**

Il viso dei colleghi non è stato meno radioso di quello di Jacques allo scoprire il nome dell'ultimo arrivato, ormai praticamente un fratello per tutti.
Era bastato farci l'abitudine, e il fatto di non conoscere il suo nome era diventato pura normalità: rimaneva comunque la gioia portata da una tale scoperta, data dall'immedesimazione in una situazione così particolare eppure così a loro vicina.
«È un bel nome!» Ha spontaneamente commentato Alvar, tra un boccone e l'altro della frittella che si era appena comprato. Questo ha fatto molto piacere al giovane.
«Ti si addice» gli ha fatto eco il russo, con un sorriso che ha trasmesso a tutti - tutti, tranne Eero.
«Come hai fatto a scoprirlo?»
Una domanda del genere, che arrivava inattesa, ha richiamato l'attenzione di tutti; e l'interessato, che non ne aveva davvero idea, ha potuto solo cercare di evitare qualsiasi riferimento all'atmosfera nella quale la scoperta era avvenuta.
«Merito di un sogno.»
Poco convinto, Eero ha mantenuto uno sguardo indagatore su di lui; è stata l'astuzia di Jacques a sviare la conversazione, oculatamente.
«Si tratta di un nome biblico. Abele è stato ucciso dal fratello, sbaglio? È più che riferibile al tuo caso, è come se l'antico "te" sia stato ucciso.»
«Secondo Alighieri, però, Abele è stato salvato dopo la morte. È stato portato via dall'inferno» ha commentato Ben, seguendo il discorso abbastanza erudito del francese e lanciando uno sguardo denso di emozione al destinatario del discorso. Egli ha soltanto sospirato.
«In effetti, questo è accaduto.» Non aveva più ricordi precisi del suo salvataggio. Gli sovvenivano solo caldo e fiamme, scottature, un luogo chiuso, una luce accecante...
L'immagine successiva era il cielo più bello del mondo, e il viso occhialuto di quel militare... Nash.
«Ciò che posso dire è un consiglio: cercate di finire almeno in purgatorio. Cercate di tenere presente quanto sostengo. Sulla Terra non esiste sofferenza pari a quella che si prova là sotto.»
«Ti stai immedesimando?» Alvar ha quasi avuto un attacco d'ilarità, di fronte a tanta serietà, e ha rischiato di mandare di traverso il boccone.
«Il tuo di nome, piuttosto, che significa?» La domanda che Ben ha rivolto al finlandese ha dato inizio ad un chiacchiericcio ben più leggero del precedente: le curiosità che nessuno aveva sono state largamente appagate, dopodiché il momento di preparare le valigie per partire è giunto spezzettando l'amichevole dibattito, che ha raggiunto tutti gli alberghi prossimi ad essere abbandonati.

«Che ne pensi del volo in America, ami
Era la prima volta che Jacques si azzardava a chiamarlo così, e per questo tra un gradino e l'altro gli ha tirato qualche occhiata notando un tocco di rosa spuntargli sulle guance, a implicita conferma che non aveva affatto esagerato.
«Sono lieto di non doverlo affrontare da solo.»
Questa frase è stata seguita da un silenzio che li ha accompagnati fino alla stanza più vicina - quella di Jacques, al terzo piano.
«Immagino che il mare... Ti manchi. Ci voleremo sopra per un bel po' di ore, potrai letteralmente rifarti gli occhi!»
Senza rendersene conto, all'udire la parola "mare" il biondino si è morso un labbro; una fitta al capo ha confermato il sospetto che col suo passato, quella parola aveva molto a che fare. Desiderando tuttavia evitare il fastidio di una bella emicrania, si è sforzato di cambiare argomento.
«Non mi ero ancora posto la questione geografica.» S'è grattato il mento con fare pensieroso. «So che siamo in Europa... Ma sinceramente non avevo ancora avuto modo di pensare che esistono anche America e Asia. E... L'Africa»
«E l'Oceania»
«E anche l'Oceania.»
Se il biondo avesse alzato lo sguardo, avrebbe incontrato quello compassionevole dell'amico.
«Man mano, tutto il mondo ti sarà "familiare". È il momento per te di creare i ricordi che non possiedi...»

... E in questa prospettiva, Abel ha proseguito i suoi giorni da soldato. Il fatto che il suo collega, insegnante, amico e - talvolta - amante fosse l'autore di un tale consiglio l'ha convinto sin dal principio del suo valore.
Ma penso che ci sia qualcosa di ancor più importante da raccontarti: dopo aver assistito alla prima missione, desidero infatti non tirarla per le lunghe e passare direttamente...
All'ultima. 

was it all a Dream?Where stories live. Discover now