1970, Londra #1

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Avevo passato tre anni di cui non voglio ricordarne neanche metà. Studiavo e cantavo. Il dovere e il piacere, certo. Ma affrontai tutto, non solo senza un fratello, ma neanche senza amici e soprattutto dei genitori che sembravano non sostenermi. Mi sembrava stare da sola al mondo. I begli anni della Germania erano ormai lontani. Non sapevo neanche come contattare Paola. Ci avevo provato, ma non aveva risposto nessuno né nella sua casa di Francoforte, né a Kiev. Si era trasferita, forse. Ma dov'era adesso? Aveva studiato abbastanza per l'esame delle medie? Avrebbe proseguito gli studi o lavorava nell'azienda di famiglia? La ricordavo ogni giorno guardando la nostra foto sul mio comodino. In Germania non ci andammo molto spesso: siamo andati per un anno e mezzo solo perché il nonno era malato e aveva bisogno di noi. Finché quattro mesi prima non era morto anche lui. E dal suo funerale in poi non siamo più andati. Avevo deciso che quando sarei stata autonoma, sarei andata ogni anno al cimitero dove c'era tutta la mia famiglia.

Avevo passato l'esame di terza media con non troppi problemi, avevo preso un voto abbastanza alto da rendere fieri i miei genitori. Ma io li vedevo lo stesso distanti, nonostante provassero a non essere così. Lo apprezzavo, ma molte volte sembravano non comprendermi. Ma c'era una ragione per questo: io avrei voluto continuare a studiare canto, andare in Inghilterra, frequentare il college e poi sognavo di fare carriera nella musica. I miei genitori si sono convinti solo perché ottenni una borsa di studio grazie alle mie doti canori e avevo superato il provino ad un'accademia inglese di canto. Ero orgogliosa di me stessa. Ora più che mai dovevo dimostrare di valere, soprattutto ai miei genitori che avevano già deciso per me che dopo il college sarei tornata a casa in Spagna e trovato un lavoro serio. Non come il canto.

Il primo giorno di scuola mi alzai all'alba per prepararmi al meglio. Ero in una casa famiglia dove i bambini erano tutti piccoli che andavano ancora all'asilo e la loro mamma si limitava a darmi un letto e del cibo. Presi poi l'abitudine di fare sempre così: con i soldi che mandavano mamma e papà compravo vestiti, scarpe e soprattutto trucchi che si addicevano ad una ragazzina di quattordici anni. Seguivo la moda, imparai dalle mie coetanee.

"Ciao" disse una ragazza mentre si avvicinava a me. Aveva dei lunghi capelli biondi e dei profondi occhi blu.

"Ciao" risposi io sorridendo.

"Mi chiamo Teresa" disse lei in tedesco, riconoscendo forse un po' di accento che mi era rimasto.

"Io sono Anna" risposi io tendendole la mano che lei strinse con forza.

"Sei anche tu del primo anno?" mi chiese sempre in tedesco. Magari lo conosceva meglio rispetto all'inglese.

"Sì, a quanto pare anche tu" supposi continuando a tenere dei libri sottobraccio poiché avevo uno zaino troppo piccolo per tutti.

"Già, sì. Senti, ma tu sei tedesca? Da come lo parli bene e dal tuo accento sembra così" chiese.

"Sì, per metà. Mio papà è tedesco e me lo ha insegnato fin da piccola. E inoltre ho vissuto lì per cinque anni, per fare le elementari. E tu invece?" feci notare la mia curiosità.

"Io ho entrambi i genitori di Monaco. Ho vissuto lì per poco, i miei si trasferirono qui a Londra che io avevo un anno e mezzo. Però come vedi lo so parlare, purtroppo so poco leggerlo e scriverlo. Magari mi puoi dare una mano, se vuoi" mi propose lei.

"Molto bella Monaco, ci sono stata in vacanza a nove anni. Comunque va bene se tu mi aiuti in inglese. Io lo conosco solo grazie alla scuola" dissi io sperando che lei possa darmi una mano.

"Certo. Magari ci vediamo dopo scuola, alle 15.30 in biblioteca. Così possiamo anche studiare altro insieme" mi ripropose salendo le scale della scuola. Io la seguì dentro la struttura. Vedendo i nostri orari avevamo quasi tutte lezioni insieme.

Once Upon a Time In England [Queen | Roger Taylor]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora