§ 24. Quattro giorni

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Le luci intermittenti delle volanti invasero il parcheggio sottostante, riverberandosi attraverso i vetri della finestra. Rumore di passi in corsa, su per le scale e lungo il corridoio.

Vasily si riscosse, accese la luce e si alzò per controllare, allo specchio, che le mani di Vladimir non avessero lasciato segni sulla sua pelle. Nulla di distinguibile, solo un leggero arrossamento. Per precauzione si avvolse la sciarpa attorno al collo.

Qualcuno bussò con tocco deciso, distinto, alla porta della stanza.

— Vasily e Vladimir Bochnovič. Aprite, è la polizia. Sappiamo che siete lì dentro!

Lui tornò a sedersi di fronte a suo fratello e, carezzandogli il volto con entrambe le mani, con voce accorata bisbigliò poche ed essenziali raccomandazioni: — Qualunque cosa facciano o dicano, qualunque cosa succeda, anche se tenteranno di riportarti dentro, devi mantenere la calma. Non mostrarti nervoso, non commettere gesti inconsulti e non riferire mai a nessuno ciò che è successo adesso.

— Vasily, apri immediatamente o faccio sfondare la porta! — Ecco la voce del padre, più perentoria di quella dei poliziotti.

Lui la ignorò, concentrandosi nel captare lo sguardo di Vladimir, perché quelle parole erano fondamentali: — Di' sempre che sono stato io a convincerti a fuggire, tu non lo avresti mai fatto. È stata un'idea soltanto mia. Ci siamo comportati da veri fratelli ed è andato tutto nel migliore dei modi. Questo è quanto è successo. Promettimi che controllerai tutto quello che dici. Promettilo, Vlad!

L'altro annuì, confuso e spaventato, un attimo prima che l'ultimo di una serie di tonfi riversasse all'interno tre o quattro uomini, ai quali si offrì la visuale dei due gemelli abbracciati l'un l'altro.

Il padre corse da loro e li strinse insieme, con entrambe le braccia, per un tempo che parve infinito. Dopodiché, scostatosi un poco, schiaffeggiò prima Vasily e poi Vladimir con la medesima dose di forza.

* * *

La malinconia, forse, lo avrebbe accompagnato fino alla fine dei suoi giorni.

Il cordoglio, invece, sarebbe durato per molto tempo ancora.

Ma il terrore... quello vivido e alienante, scaturito dall'insicurezza dell'esito di quegli eventi che fungono da colonne portanti di un'intera esistenza... quel tipo di terrore, per fortuna, era durato solo quattro giorni.

Quattro giorni, come contati nelle dita di una mano. Al quinto, timidamente, i fiumi erano ricominciati a scorrere e la vita a fluire.

Quattro erano stati i giorni in cui gli psichiatri avevano ingiunto di trattenere Vladimir per concludere gli accertamenti sul suo stato di salute mentale; quattro i giorni in cui Cédric era restato in coma senza che i medici fossero riusciti a determinare una prognosi attendibile, se non affermando che, più tempo fosse passato, minori si sarebbero rivelate le possibilità di ripresa.

Al quinto giorno, Cédric aveva riacquistato conoscenza e Vladimir era stato dimesso dall'ospedale psichiatrico, con l'autorizzazione per tornare a casa.

Con grande sorpresa di Vasily, era stato proprio suo padre a insistere perché il ragazzo fosse sottoposto alle visite necessarie per dichiararlo in buona salute psichica. Durante quei giorni di accertamenti, le sue reazioni emotive, i discorsi e finanche la mimica erano stati giudicati genuinamente sinceri e le sue capacità empatiche del tutto nella norma. Era stata raccomandata una terapia farmacologica di mantenimento, da ridurre progressivamente fino a quando non fosse scemata la confusione che permaneva rispetto ai suoi momenti più oscuri, ma era indubbio che presto avrebbe riacquistato stabilità e pieno controllo della sua vita.

Le corde d'oroOnde histórias criam vida. Descubra agora