§ 22. Il padre e l'amante

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Per tutto il brevissimo tragitto dall'appartamento di Jeremy alla sede della Facoltà delle Arti dell'Università Karlova, Cédric aveva bombardato il cellulare di Vasily con una serie di chiamate a vuoto, tre sms e due messaggi molto infervorati nella segreteria telefonica.

Al piano dell'edificio in cui era situato il Dipartimento di Musicologia si stavano svolgendo gli esami di fine semestre e il caos regnava sovrano. Capannelli di studenti esagitati e stanchi infestavano scale e corridoi, sedevano sui gradini o sul pavimento, affondavano nei manuali per il ripasso dell'ultima ora e riascoltavano le tracce di musica classica mangiandosi le unghie, chiedendosi se avrebbero saputo riconoscere i titoli dei singoli brani al cospetto del docente.

I due, cautamente, si fecero strada attraverso quella marmaglia inquietante.

— È così anche alla Sorbonne, in questo secolo?

— È così dappertutto, Jeremy.

Poiché c'era troppa ressa per riuscire a leggere i nomi sulle targhette affisse accanto alle aule, Cédric si avvicinò a una comitiva e chiese, in inglese, dove si trovasse lo studio del professor Bochnovič. I quattro o cinque cervelli che udirono la domanda, tra tutti, riuscirono a comprendere e indicarono una porta aperta poco più avanti, di fronte alla quale un corteo di studenti attendeva in fila sudando freddo. Dopo che ebbe ringraziato e si fu allontanato, i ragazzi continuarono a confabulare tra loro in ceco, senza staccargli gli occhi di dosso.

All'interno dello studio, si stava svolgendo un esame proprio in quel momento.

— Non abbiamo tempo di attendere che finisca, — considerò Jeremy, a disagio.

Era evidente che, per etica e sodalità professionale, non avrebbe mai interrotto un momento simile... ma era troppo preoccupato per Vasily per badarci. Cédric si limitò a seguirlo mentre si introduceva, ospite non gradito, nell'ambiente ove sia l'esaminando che il docente ammutolirono, levando sguardi di rispettivo stupore e disprezzo verso gli intrusi.

Un attimo dopo, il professore dal volto magro e severo si levò in piedi e riversò su di loro una caterva di improperi gutturali di cui Cédric non comprese il significato, ma di cui riuscì perfettamente a intuire la funzione verbale.

— La prego, ci perdoni! — cercò di calmarlo Jeremy, parlando nell'unica lingua che conoscesse. — Ci perdoni per averla disturbata, ma abbiamo da dirle una cosa importante che riguarda suo figlio Vasily!

— Chi è lei? Come si permette di entrare qui a disturbare i miei esami e che cosa ha a che fare con mio figlio? — replicò in un francese corrente, la voce alla stregua di un ringhio e gli occhi che li scrutavano in cagnesco.

— Sono... sono uno degli insegnanti della sua scuola e... mi ascolti, lui non si trova lì in questo momento. Abbiamo ragione di credere che sia andato da suo fratello, e quindi che sia... — Jeremy si guardò intorno, il volto accaldato, temendo forse di aver parlato troppo o chiedendosi quanti, tra quei ragazzi, riuscissero a comprendere le sue parole.

Gustav contrasse il volto nervosamente, in una smorfia ironica. — Questo è assurdo! Come fa lei a sapere...? E comunque... — biascicò, cercando nella tasca della giacca il proprio cellulare, lasciato a suoneria muta, — comunque mi avrebbero avvertito dalla scuola. Ho lasciato disposizioni ben precise a riguardo. — Dopo che ebbe controllato il display, il suo volto impallidì in pochi istanti. Cédric provò sincera pena nei suoi confronti.

Mentre Bochnovič ascoltava il messaggio lasciato in segreteria dal rettore del Conservatorio, un silenzio pesante e spettrale regnava tutt'intorno, tra gli studenti affacciatisi con discrezione alla soglia dell'ufficio e il ragazzo che stava svolgendo l'esame, rimasto lì impietrito.

Le corde d'oroWhere stories live. Discover now