SideFic - Giugno 2020. Fine delle scommesse

54 5 6
                                    

Luxipher e Godòt sedevano a un tavolo all'aperto del Cafè de Flore, rigorosamente a un metro di distanza, anche se di fatto non ne avevano bisogno. Le loro tazze di cafè au lait languivano da svariati minuti abbandonate sul ciglio del tavolo, ormai, con una patina grigiastra sulle superfici.

I due fissavano lo sguardo vacuo sulla strada antistante, meno affollata rispetto alle trascorse primavere.

— Che hai fatto?

— Io? Questa volta non c'entro proprio niente!

— Non farmi ridere.

— Giuro! Non avrei nemmeno saputo concepire uno scenario apocalittico come quelli dei loro film di serie zeta!

— Vuoi dire che non sei stato tu a metterla in mano al più stolto di loro o anche solo a inculcarne l'idea?

— Di farne cosa? Divulgarla? Conservarla? Permettere che esistesse sul pianeta?

Godot rifletté, desolato, su quell'inconcepibile climax di idiozia. — Intendi dire che sono stati loro a gettarsela addosso da soli?

Il biondo strinse le spalle, privo di stupore. — Conservarla significa accettare che possa diffondersi, un po' come quella volta in cui si sono sganciati la bomba in faccia.

— Dimmi che scherzi, Luxipher. Dimmi che ti annoiavi, che lo hai fatto perché cercavi un diversivo al tedium vitae!

— Come si fa ad annoiarsi, con queste tue creature?

Si pentì subito, Luxipher, di quella frecciatina così indelicata, perché non aveva mai scorto una tale delusione sul volto del suo compagno di scommesse.

— Provo pena per te, sinceramente. Ma non ti mentirò. Sai bene che non agisco da solo: sei sempre stato tu la mente, e io non altro che il braccio. Sei stato tu a concepire tutte le pesti; io ero soltanto quello che deponeva il primo topo nel granaio.

— Fammi il piacere! Eri sempre tu a divertirti più di tutti!

— Concesso.

— Persino quando hai perso!

— Sai benissimo che in quell'occasione l'ho scelto spontaneamente. Ho apprezzato la musica, e allora? Non era che un divertissement.

Godòt emise un lento, doloroso sospiro.

— Non capisco perché te la prendi tanto per loro e, soprattutto, perché ti stupisci. È successo molto di peggio. Hanno fatto, molto di peggio che questo.

— Ma continua a succedere.

— Adesso, te ne accorgi? Te lo dico da un'eternità! È un'eternità che ti dico: "Peggio verrà".

— Pensavo in buona fede che si dovesse concedere loro il beneficio del dubbio.

— Siamo forse spinti da doveri, noi?

— Non da doveri, ma dalla curiosità. Ero curioso di sapere se ce l'avrebbero fatta.

— E dunque?

— Li abbandoniamo.

— Giustamente.

Dopo una lunga pausa, fissando dritto davanti a sé la gente che passava, chi con la mascherina appesa in faccia e chi senza, Godòt si decise finalmente e amaramente ad arrendersi: — Lux...

— Cosa?

— Hai vinto.

Certo che ho vinto. Ma non mi sento esaltato come immaginavo.

Godòt lanciò verso di lui un obolo d'argento, simbolo delle loro scorrerie fin dalla notte dei tempi. L'altro avrebbe saputo afferrarlo in un unico movimento di mano, ma preferì lasciarlo cadere. Tintinnante sul pavimento. 

Le corde d'oroWhere stories live. Discover now