32 - Finiscimi

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Alex

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Alex

Trangugio una patatina fritta spolverizzata di sale, seduto di fronte al chiosco di Shake Shack. Il pergolato di foglie sul suo tetto spiovente aggiunge magia a questo posto, così come le lampadine che penzolano dai rami circostanti e che sicuramente in serata si accenderanno.

Mastico ancora a tutto spiano, l'olio idrogenato Made in USA mi finisce dritto nelle vene, ed io e il mio colesterolo cattivo nel frattempo ci guardiamo accuratamente intorno: strano che Madison Square Park sia così silenziosa, perché in genere non lo è mai.

New York è la città che non dorme, si dice. Ed è vero. Pulsa. Pulsa senza freno, a ritmi piuttosto incalzanti. È dotata di un'energia introvabile altrove. Il paesaggio, di certo, coadiuva questa caratteristica: i grattacieli si ergono verso il cielo come omaccioni di vetro e acciaio, riflettendo la luce del sole o quella artificiale dei neon a tutte le ore del giorno e della notte.

Le strade sono un flusso ininterrotto di persone, ognuna con una storia da raccontare. Qui però si fatica a parlare, perché il tempo è prezioso e ogni secondo conta. Schiena china, mentalità rigida: si è votati solo e unicamente al lavoro. E anche quando non si lavora si pensa al lavoro.

Il Flatiron che svetta a qualche metro di distanza da me, ad esempio, è sede di una holding attiva nel settore degli immobili, nelle finanze e nell'editoria, tuttavia mi fa sorridere ogni volta, perché per forma non ha nulla di così tanto serioso: assomiglia a un ferro da stiro.

Qui la vita è un'opportunità da cogliere al volo. Questi ci scopano con il "carpe diem". Le possibilità per vincere e farcela sono molteplici, ma la competizione è spietata. Me ne accorgo anche alla NYU, l'università che frequento ogni giorno. Gli studenti si incrociano senza guardarsi negli occhi, troppo impegnati a perseguire i propri obiettivi. C'è sempre qualcosa da fare, da apprendere, da vedere, da provare.

Appaio come un deficiente se dico che a questo modus operandi non mi sono ancora abituato?

Non credo, perché tutto dipende dal mio bagaglio di esperienze, dalla mia cultura e dal mio tessuto sociale: a Comendeen le cose le facciamo diversamente.

Lì le case a graticcio, con tetti di ardesia e finestre a ghigliottina, sembrano estrapolate da una qualsiasi fiaba scritta dal pincopallino di turno. Il verde dei prati si estende fino all'orizzonte, interrotto solo da qualche capretto curioso che pascola belando. Il tempo sembra scorrere più lentamente, come se il mondo avesse scelto il mio regno per fare delle soste su un'amaca immaginaria e sonnecchiare un po'.

La vita è scandita dai ritmi della natura, oltre che da un profondo e individuale senso di gratitudine. Le stagioni si susseguono e degradano con dolcezza, e ogni giorno è un incentivo in più per apprezzare lo splendore delle colline, dei laghi e delle foreste. Le persone, nei piccoli villaggi, si conoscono tutte e nei centri urbani i vicini di casa si salutano con un sorriso sincero.

Io sono regina  Where stories live. Discover now