21 - Pochi minuti di buio

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Eloise

Non capisco più chi sono, dove mi trovo, come mi muovo nello spazio. L'aria nei polmoni è emigrata altrove. Barbados. Polinesia. Chissà su quale spiaggia. Non torna. Aiuto.

In contrapposizione, le labbra sono arse come se stessi attraversando una landa di terra inasprita dal gelo artico, ed è questo il motivo per cui non mollo il bicchiere di champagne. Mi idrata, per quanto l'alcol possa farlo, chiaramente.

Un mese.
Un mese che non lo incontravo.
Ho aspettato così tanto questo evento che ora mi sembra tutto irreale.

Tutto, tranne lui.

La gente mi parla, ma non sempre ascolto.

L'oro che arricchisce il salone è folgorante, ma non mi suggestiona.

Non mi entusiasma neppure l'idea che il ballo stia per cominciare. Io, da grande amante di queste serate, mi ritrovo a concentrarmi sull'unica persona che sembra divertirsi meno delle altre. Che paradosso.

Re Benneth sta per prendere la parola, così mi posiziono vicino a Emma, dietro le duchessine di Horkins e i loro abiti scampanati uno uguale all'altro. I miei occhi si spostano verso destra. Voglio comprendere se Alex mi abbia seguito o meno. In effetti, intravedo una presenza imponente dietro di me, per cui ruoto di poco il capo. Purtroppo, un pulviscolo di delusione appanna il mio infervoramento: è il conte di Marbury, William. Un brav'uomo sulla cinquantina, per carità, ma che non assomiglia neppure un po' alla più fascinosa variante di putiferio di cui Alex si permea.

Strano che non ci sia. Era dietro di me poco fa. O sarà ancora nel punto dove con un gesto celere gli ho consegnato l'anello o... non so.

Mi volto totalmente e mi ergo sulle punte delle décolleté per superare le altezze dei nobili che offuscano la mia visuale. Ci sono. Ho trovato il nostro posto. Ma lui non è più lì.

Che se ne sia andato?
No, impossibile.
La festa di compleanno è appena iniziata e lui non è un assenteista a livelli così elevati.

«Pidocchia, che hai? Tuttork benork?» Emma mi tira una ciocca di capelli e io ritorno a guardare il centro della sala dove staziona il re.

Annuisco, ma mentre lo faccio ripercorro le sue parole storpiate e il mio naso produce un fragore nasale. È l'ennesima esternazione in lingua "Pork" che le sfugge dalla bocca. Comunica così da ore. L'ha inventata lei stessa e la sfoggia senza accorgersene perché a scuola, con le compagne di classe, la parla in abbondanza durante l'intervallo. Una sorta di abitudinork.

Ecco.
Finirò per parlarla pure io.
Ci scommetto un rene.

Anche lei ha perso il nostro Fabian, ma lui si colloca accanto al padre. È statuario nel suo smoking di ottima fattura, e di che mi stupisco?

Il principe ereditario è un concentrato di meraviglia sempiterno. In tuta, in divisa, non importa. Fisicamente posso sempre affermare che sia il mio tipo.

Tra qualche attimo mi inviterà a ballare sulle note di una musica che apprezzerò, così come mi ha detto, e finalmente avrò modo di parlargli un po' dato che non ci vediamo dal pomeriggio al Mc Donald's.

Non mi soffermo troppo a considerare il discorso introduttivo che il sovrano ci espone. A tratti gravito ancora in questa strana bolla che annichilisce i miei sensi.

Io sono regina  Where stories live. Discover now